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Elogi II,11: lode al bricchetto, con una modesta chiosa a Benjamin

Creato il 03 gennaio 2015 da Gigionaz

E' famoso quel passo di Walter Benjamin, negli appunti che scrisse su Baudelaire e la società urbana di fine '800 1), in cui, rispondendo ad un'osservazione di Valery sull'orrore per la 'civiltà tecnica', si legge: "Il comfort isola. Mentre assimila, d'altra parte, i suoi utenti al meccanismo. Con l'invenzione dei fiammiferi verso la fine del secolo, comincia una serie di innovazioni tecniche che hanno in comune il fatto di sostituire una serie complessa di operazioni con un gesto brusco. Questa evoluzione ha luogo in molti campi; ed è evidente, per esempio, nel telefono, dove al posto del moto continuo con cui bisognava girare la manovella dei primi apparecchi, subentra lo stacco del ricevitore". E continua poi, Benjamin, con altri esempi, come quello del cinema e della fotografia.

Elogi II,11: lode al bricchetto, con una modesta chiosa a Benjamin

Svedesi

   Mi ha sempre colpito, questo passo sul fiammifero, in primo luogo perchè capivo ma non accettavo che il grande pensatore avesse rivestito il fiammifero di valore tanto simbolicamente negativo, tinto di fosco, messo a simboleggiare il passaggio dell'uomo dallo stato di presenza nel mondo, di comunione col mondo a quello di solitudine provocata della immediatezza del gesto dell'accensione. Accusata, questa immediatezza, di mostrare il vuoto che aveva sostituito tutto il percorso di progetto, condivisione, utilizzo del tempo della vita per un'operazione di civiltà comune (accendere il fuoco sotto i fornelli, nel camino, sotto i piedi dell'eretico, sulla miccia del cannone).   Io accendevo le prime sigarette in compagnia degli amici con un fiammifero svedese che si strisciava solo sul suo tratto di carta nera, imbevuta di chi sa quale sostanza, che lo svedese non si accendeva mai a sfregarlo sul muro o su un sasso.Con questi bricchetti 2) si doveva essere abbastanza capaci nella technè sottostante.

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tra i diversi svedesi, i minerva sono quelli al centro in alto

   Intanto il fiammifero svedese veniva in due diversi formati, quello da cucina e quello da sigarette, chiamati appunto svedesi e minerva, di legno entrambi ma solido il primo, a sezione quadrata, e quasi flessibile il secondo, spesso soltanto un millimetro o poco più. Questo secondo era pronto a spezzarsi quando era acceso malamente, e a frantumarsi tra i denti e le dita nel gesto nervoso che si era soliti fare, noi impegnati rivoluzionari del '77, che davamo una boccata, facevamo un breve discorso sui destini del capitalismo, e sgranocchiavamo un minerva ormai spento. Sarà pur stata una oggettivizzazione della nostra sartriana morte nell'anima, un rito cinematografico hollywoodiano - che un po' James dean ci si sentiva tutti, al tempo - un gesto succedaneo per unghie ormai consumate... ma il minerva in bocca era un must.
Elogi II,11: lode al bricchetto, con una modesta chiosa a Benjamin
   C'era chi preferiva il primo e chi usava solo il secondo, probabilmente per ragioni endogene, cioè di natura caratteriale, o per le proprie letture e canzoni 3). C'erano ragioni contingenti, anche, così che usavi lo svedese al primo appuntamento d'amore 4), ed i minerva quando andavi alla manifestazione di preparazione alla rivoluzione 5).   C'erano poi i cerini.

Elogi II,11: lode al bricchetto, con una modesta chiosa a Benjamin

Cerini

Li usava mio padre. Erano i fiammiferi della normalità proletaria. Adulti. Semisconosciuti tra noi giovani. Anche oggi, se fate una ricerca su Google-immagini, sono difficili da trovare. Sarà che erano i fiammiferi della generazione precedente, ma con me non hanno mai avuto storia.Erano anche poco graditi perchè, intrisa com'era di cera la carta che costituiva il gambo, la fiamma lasciava nella sigaretta un odore e un sapore di grasso combusto che non piaceva, e ti costringeva ad attendere almeno un paio di secondi prima di avvicinarli alla punta della cicca. Due secondi durante i quali spesso la fiamma si spegneva per una qualche ragione che aveva il sopravvento 6).In ultimo, c'era il fiammifero da casa o di legno - da cucina.
Elogi II,11: lode al bricchetto, con una modesta chiosa a Benjamin

Questo fiammifero, il migliore, aveva diverse caratteristiche che lo facevano preferire ad ogni altro: era indubitabilmente proletario, ma sociale, perchè dietro ci vedevi la massaia che accendeva il fuoco sotto la pentola della magra minestra. Era economico ma sociale, perchè con un fiammifero ci accendevi anche 5 sigarette (cioè, sia inteso, una sigaretta a cinque amici seduti vicini). Era teatrale, perchè nessuna giovane ha mai resistito al gesto rapido della mano che accende il fiammifero sulla cerniera dei jeans, con un clock 7), che ti trasformava, issofacto, in James Dean.   Da questo elogio loico si intende escludere completamente l'accendino, il Bic in particolar modo. Perchè, come direbbe Benjamin, produce un benessere che isola: volete mettere il click dell'accendino al clock della nota sette? Perchè inquina e deturpa le spiagge di tutti i colori del mondo e finisce nei ventri di animali e pesci e uccelli.Perchè è, senza tema di smentita, brutto.

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un uccello marino ucciso dalla plastica mangiata, tra cui un bic maledetto

Però qui mi accorgo che corro il rischio di prendere la stessa topica presa da Benjamin, ad identificare il nuovo con l'oggettivizzazione del cambiamento e della morte, della degenerazione e del declivio modernista. E a negare che il nuovo. il veloce, il comodo, possa essere esso stesso generatore di storie e di miti.

L'altro giorno ero a Milano, in Piazza del Duomo. Le mie donne, che non si vedevano da tempo, se ne stavano impegnate nella fase due del rito di incontro: dopo essersi inchinate a mo' di uccelli marini, scuotendo i capelli e baciandosi a destra e sinistra, erano passate alla fase esplorativa, tutta interna ai negozi della Galleria e delle vie circostanti. Io, abbandonato, ero lì, seduto ai piedi di Vittorio Emanuele a cavallo, con la pipa spenta. 

Tiro fuori un fiammifero di legno e lo accendo. 
Vicino a me due giovani ragazze, saranno state dell'età della mia figlia amatissima, sui 20 anni. Mi chiedono di accendersi la sigaretta. Io, elegante, non volendo essere troppo intrusivo, vista l'età che ci divide, porgo loro il pacchetto di fiammiferi. La ragazza lo prende, lo rigira tra le mani, poi mi guarda con espressione tra vuota e di sfida, scuotendo la mano a conchetta. E allora? E allora riprendo la scatola, e con un banale scrssccc-vamp accendo un fiammifero e riparo al vuoto del suo comfort.


_________________________________1) oggi raccolti in Angelus novus, Feltrinelli, 1995, pg 1102) Dal francese briquéts, accendino3) andava molto di moda, ai tempi, La casa in collina di Pavese (svedesi), L'avvelenata di Guccini (minerva), Uomini e topi di Steimbeck (svedesi)4) in senso relativo e non assoluto, si potrà capire.5) non per falsità mimetica, lo si faceva, cioè non per simulare qualcosa d'altro rispetto a quello che eravamo davvero, ma per ragioni umilmente meccaniche: con la bella che aveva le chiavi del tuo cuore dovevi mostrare sicurezza ed era quindi indispensabile accendere la sigaretta (LE due sigarette) con un veloce, e breve, movimento del polso. Che non rubasse tempo prezioso ai silenzi e alle parole e, chissà, anche al bacio improvviso. Durante le manifestazioni, viceversa, il minerva permetteva una leninista noncuranza di professione: mentre urlavi sotto il passamontagna, con la cicca in bocca, bastava inserire la capocchia di zolfo tra i due risvolti d'attrito di cui era fornita la bustina e, tirando, provocare sicuramente l'accensione violenta, che resisteva dall'altezza del bacino sino a quella della bocca. Sotto il passamontagna. Come nel capitolo dedicato all'uso delle bottiglie Molotov, in un abbecedario per la guerriglia cittadina che non leggemmo mai. 

6) L'unica osa buona che avevano i cerini era la loro usabilità nelle battute di pesca sul fiume spazzato dalla tramontana. Immaginate: a mollo sino all'anca nell'acqua di febbraio, la canna sotto l'ascella destra, la mosca appuntata al secondo occhiello di metallo, la sigaretta in bocca, il volto spazzato dal vento gelido, il pacchetto di cerini tra il pollice e le altre dita della mano sinistra (che, se vedete bene, la mano sinistra è acconciata a tubo), il cerino tra pollice ed indice della destra. Si accende il cerino e si porta immediatamente a chiudere il tubo nella sua estremità inferiore. Per il breve tragitto, e per l'esuberanza della sua prima combustione, il cerino non si spegne, viene accolto nel tubo chiuso delle due mani unite, ora trasformate in conchetta, dove la sigaretta va subito a tuffarsi per accendersi con facilità.
Provate voi ad fumare una sigaretta sul fiume, con vento di burrasca, in qualunque altro modo.7) il fiammifero fa scrssccc-vamp, in varie tonalità e colori, quando per accenderlo viene sfregato sulla carta apposita (svedesi) o su un sasso (cerini o 'da cucina'), il rumore essendo la manifestazione sonora dell'attrito, seguita, la manifestazione, dalla vampata. Nel caso del 'da cucina' acceso sulla cerniera il clock-shhhfsss è generato dalla pressione che il fiammifero esercita ben forte sul dente della cerniera, pressione che viene seguita da uno spostamento micrometrico sul dente stesso (in direzione trasversale alla direzione di pressione) e che, inudibile, lascia lo spazio al clock della prima fiammata di tutta la testa di zolfo. Il shhhfsss successivo è, come tutti possono capire, il suono della fiamma in cui si trasforma l'energia potenziale racchiusa magicamente nella testa.

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