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A volte mi manca proprio il mio oste Brunin. Mi basta varcare la soglia per veder appoggiato sul bancone di ardesia un calice di Vermentino con il supporto sfizioso di una bruschetta spalmata di pesto. Basta un’occhiata. Va tutto in automatico. Che bello...
L’altro giorno ho avuto la sfiga di entrare in un bar ipertecnologico nel centro di una città. L’insegna (abilmente invecchiata da un gruppo di esperti in marketing), proponeva il locale come un bar vecchio stile. I quadri all’interno erano depigmentati dal tempo, le pareti erano scaccheggiate di antichissimi avi con gli occhi lucidi. In un angolo del soffitto pendeva una perfettissima ragnatela; ma questo penso sia dovuta più alla scarsa pulizia che all’effetto vintage. Ero un po’ imbarazzato non lo nego.
Ed è proprio quando sono pervaso da questo tipo di sentimento che sono più proclive alle cazzate.Infatti, puntuale, è arrivata. Eccola: ho chiesto al barista (un tipo abbronzato, con il gel e un orologio no-limits) un semplice caffè.
Mi guarda stranito, quasi incollerito. «Un caffè? Corto, lungo, macchiato caldo, macchiato freddo, un mocaccino, al ginseng. E soprattutto, in quale tazza?». Dico, sempre più a disagio – e quindi sempre più esposto alla gaffe - «Normale...». La cosa più stupida che si possa dire, lo so. Oggigiorno la normalità è bandita. Scazzatissimo mi fa un espresso e me lo appoggia sul bancone, evitando di incontrare il mio sguardo. Penso di fargli pena.
Mi rendo conto che la storia non è finita. Infatti: manca lo zucchero. Un’angoscia fossile mi sale da tutto il corpo fino ad arrivarmi alla gola. Ne esce un afflato che assomiglia ad un fragile preludio al pianto: «Mi scusi, lo zucchero?». «Lo zucchero? Ma come: di canna, dietetico, all’anice, al maraschino, fruttato? Oppure preferisce il glucosio, il miele alla castagna e quello all’acero?». Sudo freddo, trattengo i conati di vomito dalla troppa tensione. Ancora una gaffe: «Normale...». Il superabbronzato non mi sopporta di più. Mi appoggia davanti al muso una bustina di zucchero semolato, scrollando la testa. Finalmente sorbisco il normale caffè espresso, zuccherato normalmente.Esco senza salutare (avrei voglia anche di un digestivo, ma evito...), fotografando mentalmente barista, locale e via, per non ripetere lo sbaglio.
Salgo sulla macchina e imbocco l’autostrada. Dio, quanto mi manchi Brunin...
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