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Elogio della “ φιλο-σοφια “

Creato il 10 ottobre 2010 da Pinomario

La philo-sophia è notoriamente inutile. Come molte delle cose più cariche di senso della vita umana, del resto! Nel nostro mondo in cui tutto sembra giocarsi solo sull’immediato, sulprezzoe sul risultato; in questo nostro mondo in cuipare che anche ai bambini, ormai, si insegni, con le parole o con le azioni, prima di tutto a chiedersi: “a che serve”? e “quanto vale”?, la philo-sophia non si propone obiettivi immediati né può offrire indicazioni pratiche spendibili a breve scadenza.Il tipo di ragione” a cui essa aspira ed educa, la Ragione autentica e piena, è “invisibile per definizione, per grazia, e può diffondersi come luce, a patto che non si estenda con misura” , che non si accontenti di essere ragione “misurata e misurante”, come scrive Maria Zambrano in un ispirato libretto (Dell’Aurora, Marietti).Ma lo spazio del “pensiero meditante” esige la capacità di “perdere tempo” a riflettere sul nostro essere nel mondo e con gli altri.Perché senza una adeguata riflessione, il nostro agire finisce col perdere, non tanto il tempo, ma il suo senso, e le nostre attività, anche le più efficaci finiscono col ridursi a un prassismo fuorviante. È vero però che riflettere filosoficamente non è uno scimmiottare la scienza sperimentale o la matematica. La riflessione “filosofica” è sempre vita che si fa consapevole, è vita pensata. Come diceva Whitehead, il tipo di concetto di cui ha bisogno l’autentica riflessione filosofica"è sempre rivestito di emozione". La conoscenza “filosofica” di cui abbiamo bisogno postula e “richiede che la ragione si faccia poetica senza rinunciare a essere ragione, che accolga il sentire originario senza coazione, liberamente, naturalmente quasi” (Zambrano).Certo, le risposte filosofiche non risolvono i quesiti della realtà, piuttosto coltivano la domanda, mettono in risalto l’essenza di questo domandare e ci aiutano a non smettere di farlo, a domandare sempre meglio, a umanizzarci nella convivenza perpetua con il quesito. Perché è anche vero che solo “dopo che si è vissuto e discusso in comune, il significato [delle cose] si accende all'improvviso nell'anima, come la luce nasce da una scintilla e cresce poi da sé sola” (Platone). E allora la philo-sophia potrebbe condurre per mano oltre un pensiero rigido e inaridente. Verso qualcosa di cui abbiamo bisogno! Verso un pensare che sia “movimento discorsivo e deambulatorio, che sia un andare e venire del pensiero e della persona, al di qua e al di là della soglia, dall’interno all’esterno all’interno”. È una strada che si offre a noi umani adesso! Recuperando le radici della filosofia. Infatti, secondo le efficaci e affascinanti immagini di Francesca Rigotti, “la filosofia, nata sui mari della Grecia, tra le sponde dell’Asia Minore e delle penisola italica, e poi sulle terre e le isole del mar Ionio e del mare Egeo, sorse da un pensiero che, come le piccole e agili navi degli antichi greci, veleggiava da un orto all’altro; da un pensiero che faceva la spola, un pensiero deambulante che va avanti e indietro, come la navetta del telaio; un pensiero che, come il “filosofo”, passeggia avanti e indietro, in un andare e venire corporale simile al ritmo alternato del pensiero, al respiro che ripete, come pendolo sapiente, il movimento della spoletta tra i fili del telaio, dell’aratro sul campo, della scrittura sul foglio”.Certo, per questo bisognerebbe educarsi - ancora una questione di educazione! - a “vedere le cose altrimenti”, bisognerebbe “decolonizzare il nostro immaginario”, secondo l’espressione di Latouche, se vogliamo veramente cambiare qualcosa del nostro vivere oggi!Ma che alternativa abbiamo?Del resto che cos’è l’uomo se non l’animale che fa domande e che continuerà a farle al di là di ogni immaginabile risposta?So soltanto di non sapere nulla” diceva Socrate e forse intendeva dire: “non mi soddisfa nessuno dei saperi di cui sembrate tanto sicuri e beati. Se sapere consiste in questo, io non devo sapere nulla perché vedo tante obiezioni e instabilità nelle vostre certezze.Potete chiamare vero sapere un limitarsi a ripetere ciò che comunemente si pensa di sapere? E magari non si tratta d’altro che di un credere di sapere qualcosa su cui non abbiamo neppure riflettuto personalmente!Una vita priva di riflessione, vale a dire la vita di chi non pondera le risposte che vengono date alle domande fondamentali, né tenta di rispondervi da solo, non vale la pena di essere vissuta”. Questo probabilmente pensava Socrate.Ma è ancora possibile educarsi a questa philo-sophia all’inizio del XXI secolo quando tutti sembrano non desiderare altro che soluzioni immediate e prefabbricate alle domande così scomode che si tendono sull’abisso dell’inconoscibile e del mistero della vita? Poniamo la questione in un altro modo: c’è un’altra dimensione più tipicamente umana, più necessariamente umana, dell’inquietudine che da secoli ci spinge a filosofare?

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