O una qualche sorta di miracolo, che sempre avviene.
C'è solo bisogno di aspettare".
Robert Doisneau (1912-1994)
Abbiamo creato con ogni sforzo l'età della fretta. Si va sempre di corsa. Occorre fare più cose insieme, per "guadagnare tempo" (il mito del multitasking!), da spendere poi per avere ancora fretta, per sbrigarsi, andare sempre oltre. La frase che ho sempre odiato di più è "il tempo è denaro": ma come, la cosa più preziosa che abbiamo (in un certo senso è la nostra stessa vita) paragonata al "vile" denaro? Eppure, la frase rende appieno il senso della nostra alienazione. Il vero lusso, oggi, è avere a disposizione più tempo per fare tutto ciò che vogliamo (e non che dobbiamo) fare.
Come fotografi, poi, sappiamo bene cosa significhi il tempo: in genere ne utilizziamo piccole frazioni. Elliott Erwitt amava dire che per realizzare anche il suo servizio più complesso, non aveva impiegato più di 5 secondi (dentro 5 secondi ci sono però 625 scatti da 1/125 di secondo, che è il tempo di scatto medio per un fotografo di reportages). Ma quanto lavoro prima e dopo quel magico istante in cui si preme il pulsante di scatto! Si tratta in qualche modo di tornare a una fotografia più meditata, più personale, più intima, più partecipata. Sto completando in questi giorni la mia mostra "Timeless-Scapes" in cui l'elemento tempo è centrale, e non a caso molte delle foto sono realizzate con una fotocamera stenopeica (come quelle che illustrano questo post): questo genere di fotografia richiede da parte dell'operatore una grande cura e attenzione, non essendoci né mirino né monitor e in genere i tempi di scatto sono lunghissimi (mi è capitato di tenere aperto l'otturatore, chiamiamolo così, anche per un'ora!). Dunque esiste anche un "mentre" si scatta, un tempo sospeso durante il quale si vivono emozioni o si fanno cose, che diventano parte di quella foto.
Insomma, rallentare significa connettersi col mondo circostante (come accade a me, che sono un fotografo di paesaggio) o con le persone (se si opera nel campo del reportage o del ritratto, ad esempio), e riportare a casa non soltanto (si spera) qualche bella foto, ma anche belle esperienze, bei ricordi, soprattutto belle emozioni. E' la magia della fotografia "Slow". E "Slow Photo" è anche il movimento nato attorno a un manifesto, sottoscritto da alcuni grandissimi fotografi italiani, che proprio sulla lentezza intende far leva.
Come spiega bene Diego Mormorio in questa "slide" che posto di seguito, non c'è un intento elitario e snob, né la volontà di indicare al fotografo una strada preconfezionata: solo il desiderio di invitare chi fa fotografia a rallentare, a guardarsi intorno e a essere presente davvero nel momento della scatto. Per realizzare fotografie non solo più belle e significative, ma per vivere appieno il piacere e la gioia pura dell'essere un fotografo!
Vi consiglio dunque di iscrivervi su Facebook alla pagina di Slow Photo e di seguire le loro iniziative. Ma soprattutto di cercare di mettere in pratica i loro principi!