Elogio dello svacco.

Da Suster

Avere la possibilità di gestirmi il tempo in libertà e svacco fino alle 4 è una sensazione talmente insolita che a tratti ha dell'inquietante.
Del tipo: e ora che faccio? Ma non mi lascio fregare.
Sono abbastanza distrutta fisicamente e anche la prospettiva dello svacco non mi fa proprio schifo, anche se poi mi sono messa a svuotare i pensili della cucina... mah! La solita sindrome del nido.
E a proposito di nido: oggi glorioso rientro di Mimi, a scuola, con tanto di certificato medico alla mano, anche se è stata via solo per uno stupido raffreddore.
Appena entriamo troviamo dei tizi che con lunghe aste facevano misurazioni sul soffitto e annotavano parametri su un foglio, molto concentrati. Delle maestre nemmeno l'ombra.
Ci dicono: infiltrazioni d'acqua dal tetto e dai muri, e, ci dicono, a noi genitori, di aspettare che forse fanno evacuare la scuola, per rischio di crollo della struttura.
Ottimo direi.
Dopo mezz'ora ci mandano via tranquillizzandoci che le aule a rischio crollo non verranno utilizzate (tipo la stanza dove normalmente dormono i bimbi il refettorio e la palestra -termine prosaico per "sala di psicomotricità"-).
No, dico io, che sarà mai, anche se dovesse crollare il dormitorio, che vuoi che sia: basta spostare i bimbi e metterli insieme ai lattanti, no? E poi il geometra ha firmato che è tutto a posto, ti pare che si prende una responsabilità del genere se non fosse così?
Sarà ma una vaga inquietudine mi è rimasta.
Vedremo. Mimi viva o Mimi spiaccicata? Chissà.
Intanto consegno il certificato alla bidella:
"Guardi, non so... è questo?"
Frugo tra i foglietti spiegazzati nella mia agenda 2012.
Mi guarda come fossi scema (e in effetti...):
"Questa a me sembra un'impegnativa per una visita oculistica."
"Ah! Oh! Ha ragione ecco, allora dev'essere questo. Scusi sa... son o un po'... faccia lei." (Suggerimento: rincoglionita?)
Mi viene da chiedermi: Ma con Mimi ero così stanca?
Che implica riferimento alla mia prima gravidanza e sottintenderebbe risposta negativa.
No perché ultimamente, tra la panza che mi tira ovunque, le costole doloranti, Noemma che freme e si agita nottetempo, sono proprio ridotta a uno stadio semi-larvale. Roba che ho rinunciato a uscire di casa per tre giorni di fila, approfittando della grave indisposizione della pupa: lei accusava tremendissimo raffreddore con raccapriccianti fuoriuscite di muco verde, predisposizione alla lagna reiterata e insistente, recalcitranza mattutina ostinata a (nell'ordine): svegliarsi, alzarsi dal letto (malgrado le ripetute evocazioni di un'appetitosa colazione), farsi vestire, pettinare, infilare le scarpe, infilare giacca, uscire di casa, e che lo dico a fare, andare al nido.
Sono debole, lei mi frega come e quando vuole.
- Mamma dove andiamo oggi?
- E secondo te dove andiamo?
- Andiamo a 'Oma da nonna?
- No, Mimi, andiamo a scuola.
- No mamma, io non boglio anda'e a ccuola: voglio tta'e a casa con te!
Parte la serie di valide argomentazioni materne secondo cui a scuola ci si diverte molto più di quanto non si possa fare a casa in compagnia di una mamma comatosa, su quanto sia noioso passare intere giornate di pioggia chiusi in casa e via dicendo.
Lei non si lascia intortare:
- No, mamma, io non mi annoio MAI a cada. Mi annoiavo a ccuola, ie'i: piangevo! Pecchééé... volevo te!
Ditemi un po' voi come può una rimanere insensibile a tanto strazio.
Comunque dopo un blando tentativo di mandarla a scuola col muco verde, avvertendo che la sarei andata a prendere prima del sonnellino, tanto per mettermi la coscienza a posto, i recuperi traumatici di lei con gli occhi iniettati di sangue, i distruttivi addormentamenti pomeridiani ostacolati da gatti e improvvisi explois energetici di lei, mi son convinta che la meglio era tenerla a casa finché non le passava 'sto raffreddore, che almeno mi evitavo possibili bacchettate da maestre e genitori circa la circolazione di germi, e mi potevo adagiare entro il solco di orari più mollaccioni.
Il risultato è stato un disastroso spataccamento casalingo di entrambe, lei in pigiama fino a orari vergognosi, io spalmata sul materasso a ogni ora, a massaggiarmi la pancia dolorante.
Domanda: ma com'è che portarla al nido a me più che farmi riposare mi stressa?
Alzarmi al mattino passi, è svegliare e preparare lei che mi distrugge, inseguirla sotto al tavolo di cucina con un calzino mezzo infilato al piede e l'altro in bocca, tentare di districarle capelli impastati al miele e muesli, infilarle la maglietta mentre lei "disegna con la cannuccia" tenuta tra i denti in una sorta di drip-art lattea casalinga.
Lei la mattina ci ha i suoi rituali del risveglio: dai 15 ai 20 minuti a giocare nel letto infilando a turno i vari suoi pupazzi sotto le coperte e invitandomi ad assistere allo stupefacente spettacolo della vita:
- Mamma, guadda che panzone che ho io, con dentro Amleto! Tocca, mamma, il mio panzone! Vedi? Amleto deve anco'a nacce'e! Guadda, mamma, è nato Amleto!
- Mimi, vieni a fare colazione?
- No, mamma, c'ho i'ppanzone io! (Torna al punto 1).
Per riuscire a fare tutto in orario dovrei iniziare a svegliarla un'ora prima.
Da cui: per non soccombre quando, tra pochi mesi, ci sarà Noemma, urge organizzazione. Se con una vado in tilt, non oso pensare con due.
Ecco il quesito: ma come fanno gli altri genitori a portare i figli al nido in orario e poi ad essere a lavoro loro pure in orario?

E sì che non lavoro, non ho cani da portare a fare i bisogni al mattino, non devo guidare per 40 minuti in mezzo al traffico della Capitale, per dire: abito a 15 minuti di strada a piedi dal nido, volendo.
Eppure io di norma arrivo sul filo del rasoio dell'orario di entrata (e sì che il nido è aperto già dalle 7.30), la infilo nel pertugio del portone che si va chiudendo come Indiana Jones nel tempio maledetto, dopo aver derapato con la bicicletta sotto la pioggia scrosciate.
Ma anche quando riesco a portarla a un'ora decente (senza strafare, diciamo per le 9: orario rispettabilissimo) anticipando un po' sulle tabelle di marcia, non capisco come, sono sempre l'ultima genitrice a uscire dalla scuola, anche se non mi fermo mai a parlare con le maestre, non chiedo mai cosa c'è per pranzo, non chiacchero con le altre mamme, non (inserire varie ed eventuali attività di normale interazione sociale scolastica).
E' che siamo tarati: la puntualità, ne sono convinta, è un'eredità genetica. O ci nasci o te la scordi.
Guarda me, no: guarda Hasuna, e poi guarda Mimi. Condannata ad arrivare in ritardo a vita.
Ieri per esempio, pronte per il grande rientro dopo la "pausa raffreddore-svacco", mi ritrovo a infilarle le scarpe alle 9 suonate, mentre lei finisce di ingurgitare il suo latte e miele, cannuccia, drip-art; capelli non c'è tempo, pipì, nemmeno (la farà a scuola).
- Mamma facciamo il puzzle dei porcellini?
- No, Mimi, è tardi.
- Mamma, io voglio fa'e i puzzle dei porcellini!
- dai Mimi che è tardi!
- Mamma, io no ci voglio anda'e a ccuola... (Mh, questa mi suona nuova...)
Arriviamo davanti al portone che sento rintoccare le nove e mezza: chiuso.
Ce ne torniamo moge moge (io), trionfanti (lei) sotto una pioggerella beffarda e incipiente.
Avrei potuto suonare, implorare pietà. Ma suvvia, un minimo di dignità, rispetto, senso del pudore...
Quinto giorno di assenza, contando il dannato week end di mezzo: vuol dire un'ora di anticamera dal pediatra per il famoso certificato medico. Lui ne approfitta per visitarla e mi chiede se sto bene.
Io o Mimi? No, Mimi sta una favola, dice. Dice che io, se mai, non sembro proprio in formissima, dice che sono bianca e un po' gialla. Gli dico che sono incinta. Mi dice con leggero sarcasmo che l'aveva vagamente sospettato... Mi dice che dovrei riposarmi. Ah, ecco!
Ecco: ora mi sento ufficialmente autorizzata allo svacco. Me l'ha prescritto il pediatra di mia figlia.
Cioè, peggio di così è difficile: il frigo, porello, in uno stato da far pietà, reclama generi alimentari di prima necessità; i capelli saranno dieci giorni che non riesco ad andare oltre al proposito (onestissimo, per carità) di lavarmeli, la casa sembra un accampamento, perché chissà come mai quando si sparge la voce che aspetti un bambino un sacco di gente che deve svuotarsi la cantina pensa bene che forse ti potrà servire una paccata di Sapientino Scuola senza batterie e il gioco dell'oca di Ben Ten...
Mi arrampico su per le scale con le buste della spesa in una mano, nell'altra mano la mano di lei, che rompe perché vuol essere presa in braccio perché "tono ttanca di sali'e le scale" (Eh! immagina io!), e intanto penso: ah, ma domani vedrai se non ti ci porto, al nido!
Ecco perché non mi sento poi tanto in colpa per aver ceduto con tanta facilità alle rassicurazioni circa il pericolo di crollo del soffitto dell'asilo nido dove va mia figlia.
Abbiate pietà.
Mi si indurisce la panza la sera: dura come pietra. Non potete capire il fastidio.
Mai avute con Mimi contrazioni pre-termine, e la cosa mi preoccupa un poco. Non vorrei affrettare la venuta al mondo di Noemma, ecco.
Non sono pronta: non ce la potrei fare. Non ancora.
Ancora un po' di svacco, per piacere!
Pietà pietà!

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