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Eloi e Morlock (SB - Cap.8)

Creato il 14 gennaio 2011 da Mcnab75
Eloi e Morlock (SB - Cap.8)

January 14th, 2016
Osservare il panorama che offre la Milano post-pandemica è il passatempo preferito del dottor Menotti. Ammetto che dal settimo piano della Torre B la visuale è tanto affascinante quanto lugubre. E dire che nei piani più alti, dove abitano i padroni di questo grattacielo, si riesce a vedere molto più in là. Credo che nei giorni particolarmente sereni e senza nuvole si possa notare un veicolo in avvicinamento fin dalla periferia della cerchia urbana. Questo, e molti altri dettagli, fanno della Torre B il rifugio ideale per scampare agli infiniti pericoli della città morta.

 

Cesare Menotti e suo figlio sono solo due dei diciassette nuovi inquilini del grattacielo, me e Cristina compresi. Gli ultimi a presentarsi sono stati i due sposini arrivati ieri, di cui non ricordo il nome. È probabile che nei prossimi giorni arrivi qualcun altro, ma non ci metterei la mano sul fuoco. Forse a Milano ci sono meno sopravvissuti del previsto, oppure non hanno una radio funzionante per captare l'appello dei padroni di Torre B, che io e la mia amica reporter continuiamo a chiamare “l'élite”. C'è anche la possibilità, non remota a dire il vero, che alcuni survivalisti scampati alla pandemia e ai Gialli non si fidino di questi novelli Noè, che di punto in bianco sono comparsi dal nulla, ergendosi a buoni samaritani.

E, in effetti, sospetto che facciano bene a non fidarsi.

 

A quanto pare il grattacielo ospita attualmente 57 abitanti. Numero che comprende i 28 membri dell'élite, le 12 guardie private al loro servizio e noi, gli ultimi arrivati. Siamo ancora in quarantena, confinati al settimo piano, senza il permesso di unirci ai nostri salvatori, che vivono a metà palazzo, vale a dire tra l'undicesimo e il dodicesimo piano. Sono certo che ogni tentativo di trasgredire le loro rigide disposizioni verrebbe punito con durezza, questo a dispetto della cortesia di facciata con cui ci trattano. Due guardie armate stazionano al sesto piano e due all'ottavo, pronte a reagire a ogni segnale d'allarme. Senza contare tutte le altre, comprese quelle al pianterreno, nel caso qualcuno di noi tentasse di andarsene. Di notte la sorveglianza diminuisce ma le sentinelle bloccano tutte le porte con le serrature elettroniche. Siamo prigionieri? Nessuno lo sa. Anzi, nessuno si pone la domanda. Tutti i profughi che hanno trovato rifugio a Torre B hanno migliorato la loro vita. Qui c'è abbondanza di cibo, energia elettrica per diverse ore al giorno, acqua calda di tanto in tanto e perfino diverse aree relax, tra cui una sala proiezioni utilizzata come piccolo cinema, una fornitissima libreria e anche un'infermeria ben attrezzata.

Un domani, quando teoricamente ci verrà concesso il privilegio di unirci all'élite e di uscire dallo stato di quarantena, potremo avere dei mini-appartamenti singoli, recuperando perfino un po' di privacy e un'ulteriore parvenza di vita civile. Questo è ciò che ci ha promesso il Presidente nel suo discorso di accoglienza, mentre il vero padrone del grattacielo, il Signor M., se ne sta chiuso nella sua suite al dodicesimo piano.

 

Io e Cristina ci siamo presentati al grattacielo il giorno 9 gennaio, ossia il primo in cui l'élite ha iniziato a raccogliere sopravvissuti dall'esterno. Abbiamo preso il Transit che ha portato me, Luigi e Manuel da Cernobbio a Milano. Come sempre ci siamo spostati all'alba, quando il termometro segnava ancora -2°. A cento metri dalla torre una voce al megafono ci ha ordinato l'alt. Una volta fermi e immobili la stessa voce ci ha detto di scendere e di avanzare verso l'ingresso, con le mani ben visibili. Ci ha anche assicurato che, qualora fosse comparso qualche Giallo nei dintorni, ci avrebbero pensato loro a coprirci.

Per fortuna nessuno ci ha attaccati, così siamo arrivati senza problemi all'entrata principale del palazzo, dove un quartetto di guardie ci ha accolti con le armi in pugno. Tutto ciò che vedevo mi comunicava organizzazione e opulenza: dalla sostanziale buona cura della hall, che pareva pronta ad accogliere una riunione di affari, all'equipaggiamento dei soldati. Ciascuno di loro indossava un completo antisommossa, di quelli che negli anni scorsi erano stati adottati dalle forze dell'ordine per affrontare gli outbreak di Gialli. Anche le armi di cui erano armati erano di prim'ordine: fucili d'assalto, pistole semiautomatiche, mitragliette dotate di puntatori laser.

Un tizio che in seguito avrei imparato a conoscere come “sergente Scaloni” ci ha interrogato senza troppi preamboli, assistito da un ometto basso, di mezza età, dalla faccia da orango, che almeno cercava di mostrarsi gentile. Questi è il professor Lo Monaco, ex presidente della prestigiosa clinica privata ****, membro ufficiale dell'élite di Torre B, nonché uno dei due inquilini del grattacielo in possesso di adeguata preparazione medico-scientifica. L'altro è il professor Gianni Boile, il neurologo che interessa tanto anche agli inglesi.

Insomma, i due ci hanno fatto un sommario terzo grado, sotto la minaccia armata delle altre guardie. Cristina, temendo di essere riconosciuta, ha cambiato il suo cognome in Baresi, prendendolo a prestito da una vecchia leggenda del calcio milanese. Inoltre, prima di lasciare il resto del gruppo, si è tinta i capelli e li ha accorciati. Il travestimento basilare sembra aver funzionato, visto che finora nessuno le ha fatto domande strane.

Dopo averci interrogato, Lo Monaco ci ha comunicato che, per ammetterci alla torre, dovevamo consegnargli le nostre armi e ogni eventuale ricetrasmittente, almeno per il periodo di quarantena. La cosa più imbarazzante è stata però un'altra, ossia sottoporci a un'accurata visita medica in uno sgabuzzino della hall trasformato in estemporanea infermeria. Il nanerottolo ci ha ispezionato centimetro per centimetro, alla ricerca di eventuali morsi o di ferite sospette, mentre uno degli sbirri era lì, pronto a spararci in caso di guai. Devo ammettere che Cristina si è calata nella parte con una freddezza da Actor Studio, nonostante le dita di Lo Monaco indugiassero più del necessario sul suo corpo nudo.

Finito tutto questo iter umiliante siamo infine stati ammessi nel grattacielo, dove il responsabile della sicurezza, il capitano Enzo Casiraghi, ci ha presentati al Presidente e ad alcuni membri dell'élite. Così è iniziata la nostra avventura da infiltrati in questo grattacielo.

 

Non siamo i primi ad aver risposto all'appello radiofonico del Presidente. Un tizio di nome Valenziano ci aveva preceduti di un paio d'ore. A quanto pare era rifugiato in una delle palazzine amministrative del complesso di Porta Garibaldi, perciò ci ha messo davvero poco per raggiungere la torre. Poi sono arrivati tutti gli altri, tra il nove e il tredici gennaio, cioè ieri.

Non mi è dato sapere se altri profughi sono stati rifiutati, magari perché sospetti di essere contagiati dal prione di Lee-Chang, o perché non ritenuti idonei ad abitare il grattacielo. Quel che è certo è che il giorno dieci gennaio una banda di razziatori ha tentato di attaccare Torre B. Non ne so molto, ma il Presidente in persona ci ha fornito un breve resoconto. A quanto pare un terzetto di finti sopravvissuti si è presentato all'ingresso chiedendo asilo, salvo poi sparare alle guardie una volta giunti a raggio di tiro. Nel mentre i loro complici sono sbucati dall'estremità opposta della strada, guidando la motrice di un camion con cui intendevano sfondare definitivamente il posto di sorveglianza per prendere possesso del primo piano del grattacielo. Scaloni e i suoi si sono però rivelati ottimi professionisti, neutralizzando i tre predoni appiedati grazie a una superiore potenza di fuoco, mentre due loro colleghi, posizionati alle finestre del sesto piano, hanno distrutto il camion con un lanciarazzi LAW. Per quanto il Presidente cercasse di dimostrarsi affranto dal dover ricorrere alla violenza per difendere la sua comunità, nei suoi occhi ho letto compiacimento e anche un pizzico di megalomania.

 

Per me è molto strano trovarmi gomito a gomito con così tante persone “sane”, dopo i mesi passati da solo, nel mio vecchio rifugio in montagna. Credo che anche per molti degli altri superstiti sia la stessa cosa, visto che fatichiamo a rompere il ghiaccio e a fidarci l'uno dell'altro. O, men che meno, a fidarci dei padroni di casa, sebbene ci abbiano riservato un'ospitalità di prim'ordine.

Io e Cristina abbiamo legato col già citato dottor Menotti, un ex dietologo di 42 anni, sopravvissuto per mesi insieme al figlio Edoardo, che di anni ne ha dieci. I due si nascondevano nel loro appartamento, in uno dei palazzoni in zona Pagano, dove Menotti aveva immagazzinato tutte le sue scorte di integratori alimentari, ottimi per sopperire la scarsità di provviste. Questo aveva evitato loro di compiere pericolose esplorazioni in cerca di viveri.

Anche Valenziano, il primo “ospite” di Torre B, è un tipo tosto. Ex ferroviere, sembra il sosia brutto di Bud Spencer, ma ha un carattere pratico e razionale. Si nascondeva da otto mesi negli uffici amministrativi della vicina stazione, dopo aver saccheggiato il magazzino dell'annesso ipermercato, prima che ci pensassero altri. Potenzialmente è il nostro alleato numero uno, nel caso le cose dovessero precipitare come temiamo.

Gli altri li conosco meno. C'è una famiglia intera, gli Orsato: due sposini e una bimba di sette anni. Sono schivi, ma gentili, educati. Mi riesce difficile comprendere come se la possono essere cavata in questo postapocalittico. Antonio Scattarella è il più anziano del gruppo, coi sui 79 anni. Ex vigile del fuoco, malato di diabete, rappresenta un altro mistero della selezione naturale postpandemica. Tra gli altri sei quattro sono uomini e due donne. Due di loro sono americani. Lui, Gordon Doherty, lavorava come broker per la filiale milanese di una multinazionale di San Diego; a suo tempo decise di non rimpatriare, visto lo Yellow Panic che imperversava sulla West Coast. Sua moglie Linda conserva ancora l'ombra di quella che un tempo doveva essere una bellezza straordinaria.

 

Sui militari c'è poco da dire. Il capitano Enzo Casiraghi è un ex GIS, i reparti speciali dei Carabinieri. Pur essendo il fedele cane da guardia del padroni, mi dà l'idea di un uomo con un suo senso dell'onore. Il suo vice, ossia il sergente Scaloni, viene invece dai parà, ed è un tipo spiccio, duro, probabilmente violento. Non mi faccio ingannare dal suo fisico tarchiato e dalla stempiatura incipiente. Pare pronto ad attaccar briga e a premere il grilletto alla prima provocazione. Gli altri mercenari sono tanto anonimi quanto concreti e minacciosi, con tutta la ferraglia che si portano addosso. Due di loro sono gemelli di colore, francesi, se non ho capito male. C'è anche un tedesco, Harmke, atletico, giovane, biondissimo e piuttosto loquace, alla faccia degli stereotipi razziali. È l'unico tra le guardie che scambia volentieri qualche chiacchiera con noi. Sembra anche poco in sintonia coi suoi colleghi, come se fosse stanco di fare il cane da guardia ai ricconi che gli pagano lo stipendio. Potrebbe essere un possibile alleato per il futuro. Tra l'altro non è immune agli ammiccamenti di Cristina, non certo casuali.


Eloi e Morlock (SB - Cap.8)

(Il signor M. mi ricorda lui)

Poi c'è l'élite. Non abbiamo molto a che fare con loro ma, a turno, ci sono venuti a trovare tutti almeno una volta. Lo Monaco è una sorta di “ambasciatore” tra loro e noi. Il piccoletto è untuoso, diplomatico, subdolo nell'usare il suo potere. Ha messo gli occhi sia su Linda che su Cristina. La mia amica non si è fatta problemi a usarlo per ottenere il codice d'accesso alla rete wireless di Torre B, ma di questo vi parlerò dopo.

Il Presidente appare molto invecchiato rispetto a come lo ricordavo in foto. Concorderete con me nell'affermare che era un uomo affascinante, carismatico, al di là delle sue idee piuttosto radicali sul cattolicesimo associativo. Ora è dimagrito, ingrigito e ha gli occhi rossi e stanchi, tipici di chi si condede un cicchetto di troppo. Ciò nonostante cerca sempre di dimostrarsi gentile e bonario. Magari crede davvero di essere una sorta di Messia o qualcosa del genere, ma sta di fatto che non comanda nemmeno a casa propria.

Il Signor M., lui sì che regge la baracca. Nonostante la fine del mondo conserva l'aspetto impeccabile di un manager d'alta finanza. Avrà sì e no cinquant'anni, caratterizzati da un viso anonimo, né bello né brutto, semplicemente simile a quello di mille altre persone che nel vecchio mondo lavoravano nel suo settore. Se riuscite, immaginatelo come Dick Jones, il vicepresidente stronzo dell'OCP in Robocop.

M. è qui con la moglie, la signora Judit, una svedesona più giovane e più bella di lui, ma dall'atteggiamento altrettanto algido e distaccato. I coniugi M. ci sono venuti a trovare un paio di volte, sempre in modo così pomposo che sembrava di avere visita da parte dei sovrani d'Inghilterra.

Gli altri membri dell'élite sono ancora più sfuggenti e distaccati. Ci hanno dato il benvenuto a turno, presentandosi sempre con un paio di guardie a fare da scorta. L'impressione che ne ho ricavato è quella di turisti in gita allo zoo, o qualcosa del genere. A quanto pare ci sono due famiglie complete (la prima con due figli maggiorenni, la seconda con una figlia di undici anni), mentre gli altri sono tutti single, o di promiscui rapporti, dettati dalla convivenza a Torre B.

Abbiamo incontrato anche Gianni Boile, il “nostro” neurologo. Non ha davvero l'aspetto di chi può salvare il mondo. È un ometto magrolino, pallido, dalle profonde occhiaie. Ha mostrato un interesse puramente scientifico nei nostri confronti, anche se i suoi pensieri sembrano persi chissà dove. Insieme a Lo Monaco ci ha chiesto di sottoporci a degli esami del sangue e a dei test neurologici di sua concezione. Oltretutto ha continuato a chiederci feedback sui Gialli che abbiamo visto in città durante i nostri mesi da survivalisti, come se stesse cercando di catalogare quei mostri secondo dei parametri a noi sconosciuti.

 

Come vi ho già scritto a noi in quarantena è proibito possedere ricetrasmittenti o telefoni cellulari. Tuttavia non ci sono regole restrittive per quel che riguarda i computer portatili. L'intera torre è cablata con una potente rete wireless protetta. In realtà l'élite non teme in modo particolare un nostro accesso al Web. Nella loro tracotanza questi ricconi credono che la Rete sia oramai un “luogo” vuoto e senza alcuna pericolosità. Suppongo che non conoscano né il mio blog né quello della mia amica. Proprio per questo Cristina è riuscita a strappare a Lo Monaco la keylog per collegarsi alla wireless del complesso. Quale trucco diabolico ha utilizzato? L'ha lasciato spiare mentre lei si spogliava. Quel povero ometto è un semplice guardone. Alla fin dei conti a Cristina è andata anche bene.

Da ieri riusciamo quindi a navigare in Rete col mio portatile. La prima cosa che abbiamo fatto è stata rassicurare Max, Santini e Luigi sul nostro stato di salute. Per essere sicuri ci scambiamo mail con diverse parole in codice, ma davvero non credo ci sia il rischio di essere intercettati da qualcuno dell'élite. Infatti eccomi qui ad aggiornare anche il blog, per far sì che di questa nostra avventura rimanga infine qualcosa.

I nostri soci sono preoccupati per noi, anche se erano perfettamente consapevoli del guaio in cui ci stavamo ficcando mentre accoglievamo l'invito radiofonico del Presidente di raggiungere Torre B. Io, invece, sono quasi contento di non dover più stare là con loro, ad assistere al peggioramento di Manuel e al crollo psicologico di Luigi. Non sono mai stato bravo a gestire la sofferenza degli altri, tanto che quasi preferisco finire io nei guai che non assistere passivamente a quelli dei miei amici.

 

Purtroppo le indagini sul presunto rapporto tra i commando del SAS che arriveranno qui a Milano fra una settimana e i tizi dell'élite sono ancora in alto mare. Siamo tagliati fuori dai piani alti e di conseguenza non possiamo spiare né il Presidente né il Signor M.

Io e Cristina siamo alloggiati in un monolocale arredato in modo spartano, ma confortevole. Abbiamo acqua corrente ed elettricità per quattro o cinque ore al giorno. Siamo liberi di gironzolare per tutto il settimo piano, che dà l'idea di essere stato allestito in fretta e furia per accogliere noi “esterni”. Il mio rapporto con Cristina è strano. Lei si comporta con una certa freddezza, credo derivata dall'aver perso metà dei suoi compagni nei mesi precedenti. Tragedie a cui è conseguito un certo rifiuto degli affetti e del calore umano. Ciò nonostante mi fido di lei. Non mi vergogno a dire che è più in gamba di me in quasi tutti i frangenti. Nelle lunghe ore in cui non possiamo fare altro che cazzeggiare ci lasciamo andare a mille discorsi sui mesi trascorsi in modalità “survivalisti”, dopo il crollo totale di... beh, di tutto. Però, se vi aspettavate la storia romantica tra i due eroi, mi sa proprio che devo deludervi.

 

Comunque sia, qualcosa di strano c'è per davvero, nella comunità di Torre B. Almeno un paio di volte mi è parso di sentire delle conversazioni piuttosto vivaci nei piani superiori. Di notte, quando tutto tace, i muri parlano. Suppongo che ci siano delle divergenze d'opinione per quel che riguarda noi altri, i poveracci che hanno attirato nel loro castello incantato. Non certo per caso, o per sbaglio.

Tutte le storie che Cristina mi ha raccontato sul Protocollo Pelican, una direttiva top secret del già segreto Progetto Rondine, mi fanno venire i brividi. Non posso ancora dirvi di cosa si tratta ma, lo intuirete, non è nulla di buono per noi. Se i sospetti della mia compagna di sventura dovessero trovare conferma, beh, ci sarà davvero da preoccuparsi. Comunque non dovrò aspettare molto per avere una risposta a questi interrogativi, visto che i commando inglesi dovrebbero arrivare tra quattro giorni. Anche se nessuno dell'élite ci ha accennato nulla di tutto ciò.

Ovviamente ci dobbiamo dare una mossa, altrimenti la nostra presenza qui è davvero inutile. Visto che gli altri ospiti appena arrivati al grattacielo non sembrano sospettare nulla, ci toccherà tentare un approccio con qualche membro dell'élite disposto ad aprirsi un po'. Cristina sa di potersi lavorare Lo Monaco, su cui ha un ascendente non da poco. Il piccoletto non vede l'ora di assistere a qualche nuova performance della mia amica che, a sua volta, non ha problemi a usare il suo fascino per conquistare la confidenza dell'ex primario. Siamo in un'epoca che va oltre i giudizi morali, oltre l'etica, perciò non sarò certo io a scandalizzarmi per la strategia di Cristina. Piuttosto, per quel che mi riguarda, sto tentando di stringere amicizia con Harmke. Il contractor tedesco dà l'idea di essere un chiacchierone e, a differenza dei suoi colleghi, tratta alcuni di noi con reale cordialità, e non con fredda gentilezza.

 

Mentre vi scrivo questo post sono seduto su una comoda poltrona, vicino alla finestra che si affaccia sul lato nord del grattacielo. Ho scelto di piazzarmi in una delle due aree di svago a nostra disposizione. Il figlio di Cesare Menotti e il vecchio Scattarella sono seduti davanti alla TV. Stanno guardando un vecchio film in DVD, Una poltrona per due. Le risate di Eddie Murphy mi riportano alla mente troppi ricordi, di anni volati via con tutta la spensieratezza che a quei tempi davo per scontata.

Insieme a noi c'è anche Gordon, l'americano, intento a leggere una vecchia edizione di Cimitero vivente. Ogni tanto mi guarda, incuriosito. Gli ho detto che sto aggiornando il mio diario ma ovviamente non può immaginare che sono collegato al wireless riservato all'élite. Qui la vita è tranquilla, quasi agiata. Se i buoni propositi del Presidente e del Signor M. fossero veri, beh, questo grattacielo sarebbe un bel posto da cui ricominciare.

Ma non voglio farmi illusioni. Tutto è troppo bello per essere vero. Mi sembra una versione moderna della storia dei Morlock e degli Eloi. Lascio immaginare a voi quale ruolo aspetta a noi, i nuovi arrivati.

Da questa finestra la vista spazia fino a piazzale Lagosta e a viale Zara. Immagino che dai piani alti si veda quasi tutto Milano. Ogni tanto mi capita di osservare alcune figure che corrono tra gli edifici abbandonati. A volte sono gruppetti minuscoli, più raramente si tratta di branchi numerosi. Parlo di Gialli, si capisce. Eppure non si avvicinano quasi mai a più di un centinaio di metri da Torre B. Ieri ne ho accennato ad Harmke, che mi ha esposto la sua bizzarra teoria: i contagiati hanno imparato a tenersi alla larga da un posto per loro inespugnabile e pericoloso. Le guardie possono ammazzarne a centinaia limitandosi a fare del cecchinaggio dalle finestre.

Dunque i Gialli possono apprendere, provare paura? Mi ricorda il peggior incubo proposto da George Romero negli ultimi film della sua saga zombesca. Eppure non è un'ipotesi poi così improbabile. Da un certo punto di vista questa eventualità dovrebbe rassicurarmi e rendere ancora più sensata la scelta di infilarsi in questo grattacielo, accettando l'offerta del Presidente.

 

Allora perché mi sento così in trappola?


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