Il 9 febbraio scorso è trascorso il terzo anniversario dalla morte di Eluana Englaro, una ricorrenza passata quasi inosservata e sotto l'assoluto silenzio di gran parte dei media intenti a raccontare le abbondanti nevicate abbattutesi sull'Italia. Lo stesso silenzio che l'ha accompagnata fino all'ultimo istante di vita (di vita?) dentro una stanza di ospedale, mentre intorno a lei infuriavano le bacchettone e volgari diatribe sul suo destino. La politica, in particolare, si è distinta per aver fatto scempio della sua dignità e del suo già martoriato corpo, trasformatosi in involontario feticcio di visioni contrapposte nell'antico scontro ideologico sull'eutanasia e sulla libertà di cura.
Eppure, se Eluana è stata e continua ad essere davvero un simbolo è innanzitutto grazie alla coraggiosa battaglia legale di suo padre Beppino, che si è opposto a quanti, in nome di fuoriose ingerenze oscurantiste, volevano costringerlo a tenere sua figlia inchiodata ad un letto contravvenendo proprio alle volontà da lei messe per iscritto all'inizio del suo calvario. Perchè Eluana non avrebbe di certo voluto trascorrere 17 anni in stato vegetativo, ma Beppino non poteva appellarsi a nessuna legge per convincere i medici a staccare la spina. E così a colmare quel vuoto ci ha dovuto pensare la magistratura, con una decisione tanto contestata quanto sofferta assunta in una lotta contro il tempo per impedire l'ennesima barbara intromissione del Parlamento.
Già, il Parlamento. Cosa ha fatto, a tre anni dalla morte sconvolgente di Eluana, quel luogo avvolto da una solennità fasulla, continuamente manipolata, dove gli esponenti cattolici non sbattono ciglia che il Vaticano non voglia e dove gli esponenti laici (tranne rarissime eccezioni) rinnegano di continuo i propri civili comandamenti per non perdere le simpatie degli elettori credenti? E' vero, siamo forse ad un passo dall'approvazione di una legge sul cosiddetto biotestamento per disciplinare le disposizioni anticipate ma se mai l'iter arriverà a conclusione sarà pur sempre un compromesso al ribasso, un'ipocrita soluzione che fa prevalere vecchi dogmatismi e una visione illiberale dello Stato sull'effettivo diritto dei cittadini di avere libertà di cura e di decidere autonomamente della propria esistenza. Per questo, come annuncia lo stesso Beppino ricordando Eluana, bisognerà continuare a lottare.
Il disegno di legge Calabrò (dal nome del Senatore proponente), che ha già subito diversi interventi restrittivi nella successiva discusione alla Camera, appare infatti incostituzionale laddove non estende la possibilità di decidere del proprio destino, allo stato ipotizzata solo per i soggetti capaci di intendere e di volere, anche alle persone in stato vegetativo per questo impossibilitate, se non appunto attraverso dichiarazioni preventive, a compiere qualsiasi scelta. In sostanza, il testo impedisce ai cittadini di scrivere nero su bianco, esattamente come fece Eluana, che non vorranno essere alimentati e idratati artificialmente in caso di perdita permanente di coscienza. Ma se la Costituzione riconosce a tutti il godimento dei diritti fondamentali, il Parlamento può limitare la possibilità di esercitare quello della libertà di cura decidendo quale categoria di cittadini può accedervi e quale no?
Sempre ammesso che il provvedimento vedrà mai la luce, è logico attendersi numerosi ricorsi pure in virtù della sentenza della Corte di Cassazione che ha invece espressamente sancito che l'autodeterminazione terapeutica, in quanto diritto personale inviolabile, non può incontrare limiti. Molti cittadini, del resto, proprio dopo aver assistito ai penosi contorni della vicenda di Eluana, non sono affatto intenzionati a farsi imporre una restrizione delle proprie libertà civili in nome di precetti morali o religiosi. Nel caso della salute, poi, l'etica non può c'entrare nulla ma deve intervenire appunto ed in via esclusiva la volontà personale. Che si tratti di un'ovvia circostanza lo dimostra il fatto che continuano ad aumentare le persone che si rivolgono agli uffici comunali dove sono istituiti i relativi registri, per dichiarare e certificare le proprie disposizioni anticipate di trattamento.
Dunque, il clima culturale del nostro Paese, pur trattandosi di una società ancora arretrata e governata da una politica priva di coraggio e raramente in sintonia col sentimento più profondo della gente, come spesso accade (basta citare le battaglie per l'aborto e per il divorzio) è andato radicalmente rovesciandosi negli anni più recenti. Per tale ragione è doveroso pretendere che il Parlamento, se proprio vuole intervenire sulla materia, agisca senza cedere a ingerenze esterne e soprattutto nel più totale rispetto della Costituzione. Altrimenti, non è infondato ritenere che, anche in questo caso, l'iniziativa dal basso della società civile si farà sempre più pressante e decisiva.
Di seguito, la sintesi dei punti salienti e più controversi del testo di legge già approvato dal Senato e ancora all'esame della Camera:
Divieto di eutanasia o di aiuto al suicidio - La vita umana è tutelata quale diritto inviolabile e indisponibile anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata. Il medico, cui spetta comunque l'ultima decisione sul trattamento, è obbligato a informare il paziente sul divieto di eutanasia.
Consenso informato - Ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informato esplicito e dopo corrette informazioni dei medici. Il documento di consenso informato, sottoscritto dal paziente, diventa parte integrante della cartella clinica.
Stop idratazione e alimentazione solo per malati terminali - Alimentazione e idratazione artificiali non possono mai essere oggetto di Dichiarazioni anticipate di trattamento, ed è vietato sospenderle tranne quando diventino inefficaci nella fase terminale della vita.
In Dichiarazioni solo orientamenti e non volontà - Nelle Dichiarazioni anticipate di trattamento si potranno esprimere semplici orientamenti e non vere e proprie volontà, e solo sui trattamenti che si intende attivare ma non su quelli che si vuole sospendere o a cui ci si rifiuta di essere sottoposti. Rimane in ogni caso previsto che si possa rinunciare alle cure che appaiono sproporzionate o sperimentali, vale a dire nei casi di accanimento terapeutico.
Ristretta la platea dei fruitori - Rispetto alla versione del Senato, un emendamento presentato alla Camera prevede che le Dichiarazioni anticipate in origine estese anche ai soggetti permanentemente non in grado di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze, tornano ad avere esclusiva efficacia quando invece c'è accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale. In altri termini, solo per gli stati vegetativi.
Videoricostruzioni vietate - I videotestamenti e le ricostruzioni filmate di intenti fatte a posteriori non hanno alcun valore legale. Il biotestamento si può fare solo in forma scritta o dattiloscritta con firma autografa del soggetto interessato.
Nomina fiduciario - Nel testamento biologico si può nominare un fiduciario. In assenza, i compiti assegnati a quest'ultimo passano ai familiari del paziente secondo l'ordine previsto dal codice civile per le successioni dei beni materiali: prima i genitori, poi i figli e i successivi gradi di parentela.
Niente più collegio speciale per controversie - Salta la previsione di un apposito collegio medico, designato dall'Asl, per dirimere le controversie fra medico e fiduciario. In questo modo, il medico curante torna ad avere più potere decisionale e gli orientamenti del malato saranno da lui valutati in scienza e coscienza, in applicazione del principio dell'inviolabilità della vita umana. Nessuna commissione avente parere divergente potrà più stopparne l'iniziativa.
Infine, uno schema tipo di testamento biologico predisposto dalla "Fondazione Veronesi per il progresso delle scienze". Nella speranza che si possa giungere presto al miglior impianto normativo possibile e che, a tal fine, la libertà di coscienza dei cittadini prevalga come è giusto su quella dei parlamentari e di chi ne ispira dall'esterno l'azione legislativa.