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Elvis e la Rivoluzione del Rock and Roll

Creato il 17 febbraio 2016 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Tutte le rivoluzioni hanno un inizio. Quella che qui brevemente vi raccontiamo parte da Memphis e, più precisamente, dagli studi della Sun Records di Sam Phillips. Il 5 luglio 1954 un giovanotto dalla bellissima voce, tale Elvis Aaron Presley, al termine di una seduta di registrazione fin lì pressoché fallimentare, comincia a cantare un brano del musicista blues Arthur "Big Boy" Crudup, That's All Right. Scotty Moore e Bill Black (rispettivamente il chitarrista ed il bassista che lo accompagnano) gli vanno dietro. Phillips resta finalmente colpito. Quel ragazzo, che sino ad allora (Elvis era entrato per la prima volta negli uffici della Sun nel 1953) si era dato ad un repertorio melodico-sentimentale, mostra ora il suo lato selvaggio ma, allo stesso tempo, ancora innocente. Il successo è immediato.

Sul palco, The King si muove senza posa e con il suo allusivo movimento del bacino dà il via ad una vera rivoluzione del costume e della mentalità. I moralisti inorridiscono e la censura non tarda a colpire: pensate, ad esempio, alle ridicole, almeno agli occhi di noi uomini del XXI secolo, disposizioni date ai cameraman, durante la prima esibizione di Elvis all' Ed Sullivan Show (siamo nell'ottobre del 1956), di non inquadrarlo dalla vita in giù.

In quel lontano luglio del 1954 nasce dunque il rock and roll. Va detto però che, se già il termine era stato precedentemente coniato dal dj Alan Freed, anche musicalmente non ci troviamo di fronte a qualcosa di totalmente nuovo. Come ebbe a dire, nel 1956, lo stesso Presley: "La gente di colore è andata avanti a cantare e suonare la musica che faccio io ora per più anni di quanti io stesso sappia. La suonavano in questo modo nelle loro case e nei loro ritrovi e nessuno ci badava finché io non l'ho portata alla luce, prendendola a loro".

Elvis diventa il simbolo in cui una generazione di ragazzi può riconoscersi e fa da apripista agli altri interpreti di un genere che, comunque, si esaurisce già alla fine degli anni '50. La stessa carriera di Presley può essere considerata musicalmente imprescindibile (diciamo il periodo alla Sun ed i primi due anni alla RCA che, per strapparlo a Phillips, paga ben 40.000 dollari) soltanto fino alla sua partenza per il servizio militare (1958).

Se Elvis può essere definito un bianco capace di cantare come un afroamericano, l'opposto succede con Chuck Berry. Sin da giovanissimo (è nato nel 1926) lo appassiona la chitarra, ma soltanto all'inizio degli anni '50, dopo aver conosciuto il riformatorio come risultato di una tentata rapina e provato a fare mille mestieri (tra questi il parrucchiere), comincia ad esibirsi, ottenendo da subito buoni riscontri. Nel 1955 si sposta a Chicago. Qui incontra il bluesman Muddy Waters che, colpito dal suo talento, lo presenta a Leonard Chess, proprietario dell'omonima casa discografica, aprendogli così le porte dello show business.

È Berry a fissare alcune caratteristiche del genere: chitarra sempre in primo piano, testi che affrontano temi adolescenziali. Notevole la presenza scenica dell'artista il quale inventa un particolare modo di muoversi, detto duck walk (passo di papera), che fa letteralmente impazzire i fan. Sono suoi classici come Roll Over Beethoven, Carol, School Days, Little Queenie e Johnny B. Goode (per intenderci, il pezzo che Marty McFly esegue al ballo scolastico in Ritorno al futuro).

Altro grande è Jerry Lee Lewis (classe 1935). La sua passione per il piano si manifesta già in tenera età, una passione tanto forte che, unita ad un talento subito evidente (il piccolo riesce a suonare ad orecchio qualunque canzone gli capiti di sentire), spinge il padre ad ipotecare la casa per acquistarne uno. Dopo tanta gavetta, è Sam Phillips a credere in lui ed a valorizzarne il talento. The Killer (questo il soprannome che Jerry Lee ha fin dai tempi della scuola) è pianista selvaggio ed anticonvenzionale che martella i tasti del suo strumento con furore mai visto prima ed è, probabilmente, quello che meglio interpreta lo spirito rivoluzionario del rock and roll (pensate a brani come Great Balls of Fire e Whole Lotta Shakin' Going On). Anche la sua vita privata contribuisce ad alimentarne la leggenda: dopo due matrimoni falliti, sposa alla fine del 1957 la cugina tredicenne. Travolto dallo scandalo, vede la sua carriera distrutta.

Sempre alla Sun Records si lega il mito del "Million Dollar Quartet". Il 5 dicembre 1956 il Memphis Press-Scimitar pubblica una foto che ritrae insieme Jerry Lee Lewis, Elvis Presley, Carl Perkins e Johnny Cash ed un trafiletto che sostiene che i quattro hanno dato vita ad una session informale. L'evento resta avvolto nel mistero sino a quando, nel 1981, una parte del materiale registrato in quell'occasione vede finalmente la luce.

Da non dimenticare, infine, lo sfortunato Buddy Holly. Profondo innovatore, sperimenta nuove tecniche di incisione e dà forma a quello che può essere considerato l'assetto tipico di un gruppo rock (chitarra solista, chitarra ritmica, basso e batteria).

Il 3 febbraio del 1959 il ventiduenne Holly muore, insieme a Ritchie Valens e J. P. Richardson, in un incidente aereo. Soltanto qualche anno più tardi si comprese che, come recita il testo della celebre American Pie di Don McLean, quello fu il giorno in cui la musica morì. La stagione del sovversivo rock and roll può, infatti, dirsi conclusa. Gli anni '60 sono ormai alle porte ed il mondo della musica giovanile, grazie a Beatles e Rolling Stones (ma non solo), si prepara a vivere l'ennesima grande rivoluzione.

Elvis e la Rivoluzione del Rock and Roll

Si può raccontare qualcuno con poche, semplici parole? Difficile ma non impossibile. Nato tanto tempo fa in una galassia lontana lontana ed abbandonato in tenera età davanti ad un televisore che trasmetteva soltanto classici della vecchia Hollywood, si definisce il frutto proibito di quelle che, in quest'epoca decadente, potrebbero definirsi passioni pericolose. Il cinema, la musica, le buone letture sono per lui un rifugio, un sostegno, una ragione di vita, una speranza. Ancora convinto, nonostante tutto, che un vero uomo debba essere un giusto mix tra Cary Grant ed Humphrey Bogart, spera un giorno di incontrare l'amore cantato dai poeti. Adora la scrittura ed ha la convinzione che portare avanti il magazine Dietro le Quinte possa essere un modo stimolante e gratificante di praticare la professione di giornalista.


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