2154. Dopo una serie di avvenimenti che, sul finire del XXI secolo, hanno sconvolto il pianeta Terra, Los Angeles è divenuta un’immensa e malsana baraccopoli, dove la popolazione, per lo più composta da minoranze etniche, sopravvive alla meno peggio. Anche i medicinali, per non parlare di speciali macchine guaritrici, sono appannaggio delle classi più agiate, i cui componenti sono riusciti a ricreare le identiche condizioni di vita di un tempo su una stazione spaziale orbitante, Elysium.
Sulla Terra vi è chi, servendosi di vetuste navicelle, cariche di essere umani disperati, organizza “viaggi della speranza” verso il descritto paradiso, ma il Segretario di Stato, Jessica Delacourt (Jodie Foster), schierata contro la linea morbida del Presidente in carica, non esita ad ordinarne l’abbattimento o mettere in atto l’espulsione immediata di quanti fortuitamente riescano ad atterrare. Fra coloro che sperano un giorno di poter raggiungere Elysium vi è l’operaio Max (Matt Damon), ex ladro d’auto in libertà vigilata, cui il destino, dopo un incidente sul lavoro dalle conseguenze mortali, riserverà l’onere di mutare l’ordine delle cose …
Matt Damon
Diretto e sceneggiato da Neil Blomkamp, al suo secondo film dopo il celebrato District 9 (2009), Elysium ne conferma certo l’indubbia qualità di pregevole artista visivo, capace di conciliare l’abilità nel comporre le immagini con la proposizione di rilevanti tematiche sociologiche, estremamente attuali: degrado ambientale, la povertà imposta da quanti detengono il potere sociale ed economico, i fenomeni migratori con il conseguente respingimento non sempre dettato dalla razionalità, tutti temi trattati in chiave allegorica, ovvero s’intende parlare della realtà odierna mettendone in scena una visione distopica. Però se almeno per la prima mezz’ora circa la narrazione affascina, offrendo un colpo al cuore con la raggelante visione di due mondi contrapposti, quel che è rimasto della Terra e la sua ricostruzione com’era un tempo, in un “non luogo” laggiù nello spazio, poi si smarrisce nei rivoli dell’ immediato adeguamento alla logica hollywoodiana più classica e rassicurante.Jodie Foster
Ecco quindi riproposta la figura dell’eroe suo malgrado, reietto della società dall’animo puro, costretto in un percorso messianico volto alla salvezza di tutti e alla personale redenzione, con tanto di storia d’amore volta a sfidare il tempo (Frey/Alice Braga, conosciuta da Max bambino, in orfanatrofio) e sublimata nel sacrificio di sé. Immancabile poi tutta una serie di botte da orbi che portano Elysium verso la dimensione del solito action movie roboante e fracassone, per quanto le varie sequenze al riguardo siano ben girate, anche se inutilmente sottolineate dall’insistente tema sonoro di Ryan Amon. Oltre al suddetto impianto visivo, non si può fare a meno di notare una regia abbastanza solida, che tiene a bada, con una certa fatica, tra inutili allungamenti e un certo abuso del rallenty, la troppa carne al fuoco delineata in fase di scrittura, le buone interpretazioni offerte da Damon (anche se non propriamente una carica d’empatia) e Foster, ben calata nei risoluti panni del Segretario di Stato, mentre, pur a tratti eccessiva, appare divertente la caratterizzazione offerta da Sharlto Copley del villain Kruger.Sharlto Copley
Alla fine, almeno a livello di personale percezione, resta un curioso senso di straniamento, come se Blomkamp si fosse trovato su un particolare campo di battaglia, fra due eserciti “l’un contro l’altro armati”: nel cuore (forse) Metropolis (Fritz Lang, ’26) e in testa l’opportunismo pratico offerto dalla ragione (leggi cospicuo budget), che lo ha portato ad obbedire a tutta una serie di stilemi propri di passate produzioni (come Robocop, Paul Verhoeven, ’87).Certo, è intrattenimento “di serie A”, rende bene, ma alla distanza potrebbe non essere sufficiente a garantirsi un biglietto per i Campi Elisi della cinematografia, giusto per concludere restando in tema.