Emanuela Orlandi: il caso resta aperto

Creato il 28 marzo 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale

di Marina Angelo
Non sono passate solo ore dalla sua scomparsa, sono passati giorni, mesi, anni. In mezzo a questo vuoto incolmabile anche dal più pesante e profondo silenzio, molte le voci più o meno narrabili di gente che ha cercato di dare una versione: la sua. Eppure non basta. Non basta essere ex agente segreto, non basta organizzare una spedizione in Turchia. Non basta, no. Soprattutto ai suoi familiari ormai stanchi di essere annebbiati da molto fumo, ma non certo stanchi di sapere, di credere, di sperare. E un’altra speranza per loro si è aperta oggi. 
Una speranza su cui aggrapparsi. Una speranza che non sa di Chiesa, ammuffita sul suo silenzio e pronta a lottare per proteggersi dalla verità. 
Arriva all’orecchio di Pietro, il fratello di Emanuela, la voce «Tu, la persona che fece salire in macchina tua sorella Emanuela la conosci bene». Queste le ultime parole che Pietro Orlandi il fratello della ragazza, cittadina vaticana, scomparsa in circostante mai chiarite, il 22 giugno 1983 ha tenuto segrete fino ad oggi. 
E Pietro oggi aggiunge che la persona che lo ha avvicinato non ha voluto aggiungere altri particolari, ma ha pronunciato un'altra frase che lo ha colpito: «Chiedi a Sabrina Minardi, che su quella macchina c'era – e poi- La persona che fece salire in macchina Emanuela la conosci bene. » «Ho cercato di saper qualcos'altro - prosegue Pietro - ma lui ha risposto: “Ho detto anche troppo”. Ho continuato a camminare a fianco a lui, a fargli domande. A questo ha aggiunto: “Chiedi a Sabrina Minardi, che su quella macchina c'era”. Poi ha allargato le braccia per dire che non poteva aggiungere altro, e se n'è andato». 
Una storia che porta sempre e comunque ai soliti comuni denominatori: la banda della Magliana. Sabrina Minardi non può essere raggiunta ma, Notte Criminale, ha intervistato Raffaella Notariale la quale, oltre ad essere una nostra collaboratrice, ha scritto un libro con la Minardi. 
Libro verità rispetto ai racconti che la donna del boss della Magliana Enrico De Pedis, detto «Renatino», morto nel 1990 ha fatto nel 2008 fece delle rivelazioni sul caso Orlandi (oltre che tra le pagine del libro «Segreto Criminale». La vera storia della Banda della Magliana, collegando il rapimento e la banda della Magliana e affermando che Emanuela sarebbe stata uccisa. 
Una confessione la sua mai presa effettivamente in considerazione: perché? 
Che la confessione di Sabrina Minardi non sia stata effettivamente presa in considerazione è vero a metà. I magistrati della Procura di Roma che lavorano all'inchiesta sulla sparizione di Emanuela Orlandi hanno interrogato la Minardi, per la prima volta, nel 2008. 
A tutt'oggi le sue parole costituiscono le fondamente di quest'inchiesta complicatissima. I magistrati, dunque, le credono eccome. Del resto, come si è saputo de relato, hanno avuto conferme e trovato riscontri. E' un'inchiesta intricatissima perché la vicenda è costellata di depistaggi e a distanza di trent'anni dai fatti diventa complicato reperire testimoni e prove tangibili. 
Eppure, nonostante tutto, sono riusciti a iscrivere delle persone nel registro degli indagati. Nessun magistrato era riuscito a fare tanto nelle precedenti inchieste. Piuttosto, a non prendere "effettivamente in considerazione" la Minardi è stata una parte della stampa che l'ha definita prostituta e tossicodipendente e, per questo, poco credibile. Ma, come ho già avuto modo di dire, le prostitute e i tossicodipendenti hanno occhi e orecchie. E, all'occorrenza, sanno anche parlare. 
Quale differenza intercorre tra l’essere tossicodipendente con un bagaglio di informazioni rilevanti ed essere un tossico o ex tossico collaboratore di giustizia con un altrettanto bagaglio informativo? 
Credo si possa parlare di una questione di sicurezza personale. Chiunque cominci a fare rivelazioni di un certo peso, se ritenuto credibile, se apprezzato, si dovrebbe sentire incentivato a continuare. 
Cosa sa Sabrina Minardi che non piace o non viene valutato e perché? 
Non credo che ci sia qualcosa che non venga valutato, ma che non piace forse sì. Il problema della Minardi è la memoria, altalenante, causata dalla sua debolezza psico-fisica dopo anni di eccessi. Non è una persona in salute ed è difficile farne una testimone d’eccezione: un qualunque avvocato la attaccherebbe puntando proprio sul suo passato e sul fatto che non sempre sa essere precisa. 
E’ debole, insomma, ed è per questo che – credo – la sua testimonianza sia servita per dare un impulso forte alle indagini, ma che da sola non basti. E’ necessario trovare altri nomi, ma anche questo è un terreno minato. Si parla del coinvolgimento della Banda della Magliana nell’affaire Orlandi, ma in realtà la Minardi fa i nomi dei componenti del cosiddetto gruppo del Testaccio, cioè la frangia più pericolosa e potente della holding criminale. Ebbene, sono praticamente tutti morti o irriducibili, purtroppo. 
La Minardi si dice abbia dato delle risposte controverse, succedeva anche mentre scrivevate il libro insieme? 
Non esattamente. Quando era in difficoltà cambiava atteggiamento, tono di voce… era chiaro che volesse eludere la domanda. Allora abbiamo fatto un patto: le ho chiesto di non rispondermi mai con una cosa qualsiasi, tanto per chiudere l’argomento. Le ho dovuto ricordare che la mia era un’intervista, non un interrogatorio, e che lei era libera di dirmi ciò che voleva, ma che non doveva in alcun modo dire una bugia perché non avrebbe avuto senso e sarebbe stata controproducente. 
Sì è sentita al sicuro, credo, e così si è lasciata andare arrivando a confessare episodi inquietanti, a dir poco. Di risposte controverse, nel corso della stesura del libro, non mi pare di averne avute: quando non ricordava qualcosa me l’ha detto chiaramente e l’ho riportato fedelmente. 
Chi è oggi e cosa fa Sabrina Minardi? 
E’ una donna malata, non può fare molto perché è molto provata sia fisicamente che psicologicamente. Una volta le ho chiesto che cosa facesse tutto il giorno, mi ha risposto: “Coltivo la mia depressione”. 
Oltre ad Emanuela Orlandi, chi sono le vittime? 
I familiari di Emanuela. Subiscono da troppi anni e hanno dovuto ingoiare depistaggi, cattiverie gratuite, strumentalizzazioni, idiozie. Ancora oggi c’è chi li usa, ma anche chi punta il dito contro di loro. Pazzesco. I magistrati indagano anche sull’episodio della bambina rom uccisa, sempre secondo la Minardi, nella pineta di Ostia. Poi c’è la vicenda del piccolo Domenico Nicitra e di suo zio Francesco… 
Ma l’elenco è lungo. 
Quando si parla di Banda della Magliana le vittime sono molteplici: tutti morti ammazzati i componenti, ma quanti ne hanno uccisi prima…
Secondo lei, quanta responsabilità hanno la banda della Magliana, la Chiesa e lo Stato sull’affaire Orlandi? 
Ne hanno la responsabilità. Ce l’hanno tutta. La Chiesa non può non sapere, i Servizi Segreti italiani non possono non sapere, i componenti del Testaccio non possono non sapere. Quelli della cosiddetta Banda della Magliana sanno per sentito dire, ma gli altri, i sopravvissuti alla faida, probabilmente fanno solo finta di ignorare. 
A prescindere dai numerosi perché che si celano intorno alla sepoltura di un boss della BdM – legalmente non ancora ritenuto tale prima della sua morta- all’interno di una Basilica riaprire quella tomba, potrebbe aiutare a risolvere il mistero? 
Non credo. Dubito che in quella tomba ci sia altro rispetto ai resti di Enrico De Pedis. Lui è stato ucciso nel 1990, Emanuela è sparita nel 1983, saremmo tutti felici di vederla viva, ma sappiamo bene che questa è un’ipotesi remota, per usare un eufemismo. 
Ebbene, dubito che chicchessia si sarebbe preso la briga di andare a riesumare i resti di quella povera ragazzina e deporli nella bara di “Renatino”, nella basilica di Sant’Apollinare. Non avrebbe senso. 
In ogni caso, se pure ciò fosse accaduto, con tutto quanto è avvenuto mediaticamente dalla scoperta delle carte inedite e delle fotografie della tomba che mostrai in anteprima in un filmato a “Chi l’ha visto?”, quelle “prove” sarebbero state fatte sparire facilmente, complici i lavori di ristrutturazione che hanno recentemente interessato la basilica stessa. Ora come ora, l’apertura di quella tomba e il suo eventuale spostamento servirebbero a quanti s’indignano per il fatto che Enrico De Pedis sia stato seppellito lì, ma non credo possano servire a risolvere il mistero di Emanuela Orlandi. Purtroppo. 
Cosa le ha detto la Minardi fuori dalle righe del suo libro in merito alla scomparsa di Emanuela? 
Fuori dalle righe mi ha detto un eloquente: "Non ricordo".
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