Benvenuta su WSF Emanuela
Eccomi qua.
Come e quando nasce la tua passione per la scrittura?
Si tratta di un amore innato. Io amo scrivere da quando, quattrenne, mia mamma mi insegnò l’alfabeto. Non appena compresi che grazie alla conoscenza di quei simboli e per mezzo di una penna avrei potuto costruire tutte le parole del mondo, scattò in me un senso di felicità quasi troppo grande per stare dentro al mio cuoricino. Quella gioia raddoppiò quando mi resi conto che sommando le letterine, e poi le sillabe, riuscivo a leggere parole già scritte: magia! Potevo leggere e scrivere tutte le storie del mondo.
In che modo l’Emanuela scrittrice descriverebbe l’Emanuela donna e viceversa?
Esiste una sola Emanuela. Una sola Emanuela che racchiude tutti i difetti di chi scrive con furia e accanimento, di chi studia perché quello che fa le sembra sempre insufficiente, di chi antepone la disciplina ferrea della scrittura a tutto. Nei periodi di stesura sono come alienata, lo sono davvero. Fatico a parlare con le persone, fatico ad ascoltare quello che hanno da dirmi, tendo a chiudermi in una bolla creativa che mi consuma e mi sostenta insieme e perdo quasi completamente di vista tutto il resto. Chi mi ama lo sa. Trascuro tutti, non perché lo voglia, solo non riesco ad affrancare la mente dalla storia che sto raccontando, è più forte di me. E gli sventurati che mi conoscono poco e pensano “ah vabbè, quando finisce sarà di nuovo lei” scoprono a loro spese che nei periodi in cui disgraziatamente non scrivo divento un mostro. Sono ingestibile, insopportabile. Quindi capisci, non se ne esce.
“Il principale strumento per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare anche le persone che le usano.” Philip K. Dick. Che cos’è per te la scrittura?
Eh. Non è forse quello che fanno i media tutti i giorni, da anni? Non è forse quello che fanno i politici? Distorcere la realtà, mutare lo stato delle cose, intortare l’utente ignaro – e non avvezzo alla riflessione – invogliandolo all’acquisto compulsivo, condizionandone le opinioni, semplicemente avvalendosi del potere oscuro della manipolazione del linguaggio. La pubblicità ne è un esempio lampante. Credo che Dick intendesse questo.
Fortunatamente tale potere, insito nella parola, è racchiuso nei buoni libri e nelle parole degli intellettuali che da sempre fanno da controparte alla distruzione della cultura e invitano alla riflessione, allo studio, allo sviluppo di un pensiero individuale il più possibile libero da condizionamenti. Se parliamo di letteratura, la scrittura è il lato buono di tale potere: è magia. La scrittura è l’incantesimo capace di fare credere al lettore che un asino sta veramente attraversando la luna piena, capisci. La scrittura è il meraviglioso imbroglio che ti fa estraniare dalla realtà e volare e viaggiare stando semplicemente sdraiato nella tua stanza, come disse qualcuno.
Quanto di te e del tuo passato rivive nei tuoi lavori?
Un po’. In genere mi si scopre nei dettagli. Non sono solita raccontare storie che mi riguardano ma è facile trovare nei miei romanzi suggestioni che ho vissuto di persona. Questo credo sia normale.
Come vedi cambiato il filone Steampunk da K. W. Jeter a oggi?
Mah, come tutte le derive si è evoluto, allargato, sbrillentato come un vecchio maglione che ti ostini a non buttare perché è comodissimo e caldo. Lo stesso Jeter ha il merito di averlo risvegliato ereditandolo dai grandi del passato: Wells, Verne, e averne ampliato il senso con le esperienze narrative seventy e eighty che stava vivendo. Sono nate così opere come La notte dei Morlock (proprio ispirata a La macchina del tempo di Wells) e Le macchine Infernali che personalmente adoro.
Oggi continuo a preferire sia come lettrice che come autrice lo steampunk a sfondo vittoriano (con l’eterna diatriba scienza contro etica) al quale spesso associo il degrado sociale e storie di riscatto femminile. Le derivette nuove che non mi piacciono sono le favole steam e le romanticate che io chiamo steampink.
Grazie a Speechless Books vede la luce “la bambina senza cuore”. Come nasce Lola e la sua avventura a Whisperwood?
La storia di Lola nasce in aereo nel 2010, durante un viaggio di ritorno da Londra. Il percorso da quel momento fino al fenomeno virale che dal 2013 a oggi ci ha fatto collezionare circa 215mila download è stato tutto in discesa e non finisce qui. Lola è stata il mio ingresso nel mondo della narrativa e ancora oggi escono segnalazioni e recensioni. Sono approdata a Speechless grazie al fiuto di Alessandra Zengo, che mi ha pescata nel 2012 in un contest di Fazi, che non vinsi per un soffio, o qualcosa di molto simile a uno spiffero. Da quel momento non ci siamo più fermate. E non escludo progetti futuri dedicati a Lola…
Perché hai scelto Londra come città in cui ambientare le tue storie?
No, le mie storie sono ambientate in un sacco di posti! Londra, Parigi, Milano, Rouen. Una persino in Calabria. Oltre alle città immaginarie ovviamente.
Potresti descrivere tuo processo creativo?
Mi viene un’idea. Non so come accada. Vedo un’immagine, sento una canzone, assisto a una scena in strada o in qualche luogo e BAM, resto folgorata da un dettaglio che nella testa mi esplode e diventa una storia così, subito. Immediato. Ma io non riesco a vederla. So che c’è, è lì tutta intera, la sento, dall’inizio alla fine. Lì comincia la fase di trasposizione. Prendo un quaderno e comincio a scrivere, a prendere appunti partendo dall’unico dettaglio che conosco e piano piano la tiro fuori. Tutta la fase creativa può durare settimane. Mi astraggo e resto come sospesa fino a che non ho tutta la storia fuori sotto forma di appunti deliranti. Quindi la riassumo, la metto insieme, la ridivido in capitoli, parti, o altro e infine la scrivo.
Ophelia e le officine del tempo, la saga di La sindrome di Cappuccetto Rosso: Red Psychedelia, Chrysalide. A quale opera ti senti più legata e quale pensi ti rappresenti di più?
Tutte, le amo tutte. Lola perché Lola. Ophelia perché ci ho vinto il Torneo GeMS e poi è il mio primo romanzo steampunk. Dantalian perché ci ho vinto il Chrysalide, una delle più potenti emozioni della mia vita. Red Psychedelia perché me l’ha pubblicata Delos Digital e l’approccio con una storia raccontata a episodi mi ha aperto un mondo. Le amo tutte, anche quelle inedite. Anche quelle che devo ancora scrivere.
Nella fase creativa ti senti più Flautista di Hamelin o Alice che rompe lo specchio?
Senza dubbio il Flautista di Hamelin. Ho questa visione incantata della scrittura, quasi ipnotica. Mi diverto a inventare storie che catturano chi legge, che immergono nella meraviglia chi decide di abbandonarvisi. E sono sempre stata profondamente affascinata dall’archetipo profondo e macabro del Pifferaio, più che da quello onirico e formativo rappresentato da Alice.
Le Favole classiche da Andersen ai Fratelli Grimm propongono storie spesso crudeli ma allo stesso tempo profondamente reali, per tematiche e ambienti. Quanto questi personaggi influenzano la tua narrazione e quali sono i messaggi che desideri veicolare?
Io amo le fiabe e le favole classiche. Le studio, mi vado a cercare le versioni più antiche – psicologiche e crudeli, come nel caso proprio di Cappuccetto Rosso – e sono certa che in parte ripropongo nei miei lavori influenze e suggestioni d’ispirazione fiabesca, anche senza volerlo. Faccio parte di una generazione di bambini cresciuti con la lettura e con i giochi semplici: per forza di cose ho fatto miei i segreti insegnamenti delle fiabe. Tutto quello che da piccola mi appariva criptico e incomprensibile, misterioso, velato, oggi diventa veicolo e messaggio, ponte di parole per dire ciò che deve restare celato, diventa cioè la ricerca del meraviglioso. Insomma, haivoglia! Per quanto riguarda il tipo di messaggio che amo diffondere, non saprei: quello che noto uscire più spesso dai miei scritti è la fiducia incrollabile nell’insperato, il viaggio iniziatico, simbolico della ricerca di sé, l’attesa attiva di un segnale magico. Tutte cose che vivo ancora io stessa, nonostante non sia più una bambina.
Cosa ti ha spinto a rielaborare e decontestualizzare la fiaba di Cappuccetto Rosso?
È stata la lettura di un saggio sulla natura perversa di alcuni rapporti d’amore. Attrazioni malate che hanno origine da disturbi più o meno visibili della sfera emotiva o della personalità. In questo saggio veniva analizzato lo schema dei ruoli, impersonati dai protagonisti della fiaba con un lungo approfondimento su chi fosse la vittima: Cappuccetto Rosso, la bambina che vaga nel bosco con il suo cesto di nodi irrisolti, l’innocente ingannata e braccata, o il Lupo, struttura potente fuori ma fragilissima dentro, sensibile al richiamo della purezza che cela voragini?
Come potrai immaginare sono rimasta profondamente colpita e attratta da una tale interpretazione che capitolava con la severa possibilità di una co-dipendenza tra le due figure, entrambe problematiche, e la relativa caduta in un rapporto labirintico fatto di equilibri squilibrati.
Nel cercare altre fonti in rete mi sono imbattuta in una citazione in cui lo stesso Perrault nel 1697 descrive il Lupo come fonte d’inganno e ne sottolinea la natura perversa – malata – in un modo tutt’altro che innocente. La riporto qui:
«Da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il Lupo ottiene la sua cena. Dico Lupo, perché non tutti i lupi sono della stessa sorta; ce n’è un tipo dall’apparenza encomiabile, che non è rumoroso, né odioso, né arrabbiato, ma mite, servizievole e gentile, che segue le giovani ragazze per strada e fino a casa loro. Guai! a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra tali creature, le più pericolose!»
(Le Petit Chaperon Rouge, Charles Perrault, 1697)
Così nasce Red Psychedelia, serie di cinque episodi in cui i disturbi della personalità che generano attrazioni malate sono causati dall’abuso di una sostanza psicotropa potentissima: la Special Red.
In quali mondi ci accompagnerai nel prossimo futuro?
Cyberpunk, borgate romane, dieselpunk: ce ne sarà per tutti i gusti.
Grazie Emanuela
Grazie a te per lo spazio che mi dedichi e a presto!
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Christian Humouda