(il titolo è mio, il testo è dell’amico Mattia Bordignon che ringrazio per il contributo: e colgo l’occasione per invitare tutti quelli che seguono il blog – anche occasionalmente, anche con idee diverse dalle mie – a inviarmi analisi o segnalazioni di eventi)
Venerdì è uscito sul quotidiano israeliano Haaretz un articolo di Emanuele Ottolenghi intitolato “Speaking of apologies… Turkey practices state-sanctioned genocide denial and prosecutes those who dare challenge it“. Ottolenghi prende in mano la questione dell’incidente della Freedom Flottilla, e nello specifico cerca di smontare il diritto di Erdoğan di chiedere le scuse allo stato d’Israele.
Sostanzialmente l’autore ritiene che avendo la Turchia i suoi scheletri nell’armadio, Erdoğan non dovebbe permettersi di esigere nessuna scusa, visto che prima di tutto dovrebbe chiederle lui le scuse ai giornalisti in galera, agli armeni per il cosiddetto genocidio armeno (“cosiddetto” perché ho personalmente dei dubbi riguardo alla definizione di “genocidio”), ai curdi per la loro situazione, a Cipro per l’invasione.
A me pare lampante che qui si stiano mescolando due piani molto diversi. L’iniziativa della Freedom Flottilla non fu frutto di un’iniziativa dello stato turco, mentre è chiaro che nell’assalto delle forze militari israeliane, per definizione, lo stato d’Israele è direttamente coinvolto. Solo fermandoci a questa considerazione, sembra forse bizzarro che il primo ministro si risenta per lo sproporzionato uso della forza contro dei civili?
Secondo me no. Ma siccome mi pare che dall’altra parte si ragioni per partito preso, ecco che si adottano strategie e voli pindarici che a mio parere non fanno certo onore alla carriera di Ottolenghi. Sia chiaro, penso che le problematiche della Turchia sopra citate siano di vitale importanza per il miglioramento della democrazia, ma proprio non riesco a capire cosa “ci azzecchino” in questo caso.