EMBRYO, Message from Era Ora (LP, Sound of Cobra)
Contatti: soundofcobra.com
In apertura a questa seconda uscita di Hot Wheels ritroviamo la Sound Of Cobra, etichetta italo-tedesca fondata e gestita da Riccardo Biondetti (aka Ricky Thunder, batterista di In Zaire, promoter e tanto altro) che, dopo la co-produzione con NO=FI Recordings del bellissimo split con Ensemble Economique ed Heroin in Tahiti, manda in stampa l’ennesimo dodici pollici che si aggiunge al suo già blasonato catalogo (Dead Skeletons, La Piramide Di Sangue, gli stessi In Zaire…). In tempi di riabilitazioni kraut, psichedelia più o meno occulta ed etnicismi a varie latitudini, il colpo messo a segno dalla Sound Of Cobra sembra di quelli ben assestati. Embryo, infatti, è uno dei gruppi/collettivo più longevi fra quelli venuti fuori dal calderone kraut tedesco a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta. Attivo dal 1969, con base a Monaco di Baviera, il gruppo capitanato dal batterista e percussionista Christian Burchard è riuscito a declinare le tipiche sonorità kraut/cosmiche attraverso massicce dosi di jazz, fusion, divagazioni progressive ed elementi “world” sempre ben integrati e mai ruffiani. Lei sei tracce contenute in questo lp – registrate live nel 1976, a Udine – sono peraltro l’unica testimonianza sonora della collaborazione dei tedeschi con una delle leggende del free italiano: il sassofonista Massimo Urbani. La più che buona qualità delle registrazioni restituisce in maniera fedele un documento che si candida fin da subito a diventare un piccolo classico per gli amanti del genere: svisate di piano Rhodes in bella evidenza, trame chitarristiche di chiara derivazione prog-fusion, ritmiche articolate che tramano lunghe sfuriate funk-bop (a proposito, niente motorik o roba simile). A metà circa del lato A, l’entrata del sax contralto di Urbani. Il tutto assume un’allure coltrane-iana che dopo pochi minuti precipita on the corner. Sul lato B ancora magus-funk lisergico che procede per scambi strumentali in continua collisione.
Da segnalare la curatissima edizione in 500 copie, di cui 300 nere e le rimanenti in vinile splattered nero/blu/porpora.
TopPAOLO SPACCAMONTI / STEFANO PILIA, Frammenti / Stand Behind The Man Behind The Wire (split LP / download card, Brigadisco & Escape From Today)
ABOVE THE TREE feat. M. Grossi, Live At Brigadisco’s Cave 4, (CS, Brigadisco Records)
BLOOD ‘77, Anaemic (CS, Brigadisco Records & Lamette Records)
Contatti: brigadisco.it, lamette.it, escapefromtoday.org
Oltre a portare avanti dal 2008, con sempre maggiore impegno e serietà, una fra le etichette più attive del sottobosco italiano, i ragazzi di Brigadisco Records hanno creato in quel di Itri (LT) un vero e proprio quartier generale che, oltre a essere la sede semi-ufficiale della label, funge da studio di registrazione e luogo d’incontro per concerti e set dal vivo che spesso si traducono in curatissime uscite di catalogo. Insomma, un esempio di come gestire nel più illuminato dei modi un’etichetta e le collaterali attività che la completano, mantenendone inalterata la fisionomia diy, anzi. La cura che Brigadisco dedica alle proprie uscite assume poi connotati quasi commoventi. Si tratta infatti di oggetti che, come spesso capita per molti dei materiali passati per questa rubrica, vanno toccati, osservati, annusati se necessario, oltre che ascoltati. È il caso dello split 12”, co-prodotto con la Escape From Today, che vede fianco a fianco due pesi massimi della chitarra “altra”: Paolo Spaccamonti e Stefano Pilia. Se siete lettori abituali di The New Noise, presumo che ulteriori e dettagliate presentazioni siano superflue.
Sul primo lato il chitarrista torinese si gioca lo spazio a sua disposizione, proponendo tre brani che si differenziano non poco quanto a stile e strumentazioni utilizzate: un breve numero per più chitarre dal vago sentore post-slintiano che si dissolve dopo una manciata di secondi (“Non Lacrimare”), a seguire rock-wave strumentale con batteria fissa in 4/4, basso al seguito e chitarra sul filo del twang (“Fuga”), in chiusura una raffinatissima cover della violoncellista canadese Julia Kent (“Carapace”), resa magistralmente attraverso l’uso mai eccessivo dell’E-bow che contrappunta le chitarre in loop.
Pilia, invece, propone sei bozzetti strumentali per sola chitarra, acustica ed elettrica, che si mantengono in linea con quanto già prodotto in solo durante gli anni passati: fingerpicking bucolico, saturazioni blues scomposte, intermezzi ambient e sonorità lo-fi fondamentali per definire l’identità sonora dei brani. Un lavoro estremamente intimo, che sembra trovare nel vinile la sua perfetta collocazione fonografica. Nota di merito va alla bellissima copertina apribile realizzata dall’illustratore e fumettista Rocco Lombardi, collaboratore di vecchia data e “marchio di fabbrica” dell’artwork Brigadisco. L’edizione è di 300 copie: 70 in vinile nero a 180 grammi, le rimanenti 230 in vinile trasparente. Affrettatevi.
Rimanendo in tema di chitarrismo avant, la cassetta – in circolazione da circa un anno in edizione super limitata a 55 copie – del marchigiano Marco Bernacchia in arte Above The Tree, accompagnato per l’occasione dal conterraneo Michele Grossi, ci restituisce l’istantanea di un suo live del 2011 presso la Brigadisco’s Cave. A coprire il lato A è un’unica lunga traccia che alterna vuoti e pieni senza mai esporsi troppo: un flusso di coscienza che procede sfocato fra avant-folk, inserti vocali moaning, loop sfasati e acidità assortite. Sul lato B il tutto sembra assumere contorni più definiti. Trapelano ipnotiche trame di chitarra e voce, e i brani, pur nella loro precarietà di contesto, sembrano guadagnare forma. Da segnalare, anche in questo caso, l’eleganza e la cura di artwork e packaging.
Fresca fresca di stampa, si va ad aggiungere alla cinquantina scarsa di uscite Brigadisco la cassetta dei Blood ‘77. No, niente punk inglese di epoca thatcheriana, spille da balia o CBGB’s. Almeno su questo nastro. I Blood ’77 – gruppo punk-rock di Formia attivo dal 2003 – rimettono le mani su sette brani del loro repertorio per risputarli fuori in versione ‘chitarra acustica-voce-poco altro’, aggiungendo anche le due cover “As Tears Go By” dei Rolling Stones e “She Thinks Too Much Of Me” dei Dogs D’Amour.
Sembra che questa dimensione combat-folk faccia venire fuori l’aspetto più melodico ed emozionale dei pezzi, mantenendo comunque vigore e impatto degni di una band hardcore-punk che continua a pestare sugli strumenti senza accorgersi che hanno staccato la corrente da circa mezz’ora. Tape color verde ‘slime’, edizione limitata a 77 copie numerate e, come scrivevamo, corredata dal magnifico artwork di Rocco Lombardi, il quale peraltro co-produce con la sua Lamette Records. Incuriosito e affascinato dai suoi lavori (a proposito, date un’occhiata al suo blog) ho pensato di inviare a Rocco una manciata di domande, alle quali ha risposto come segue.
Ciao Rocco, ci diresti qualcosa a proposito del tua attività di illustratore e fumettista? Come e quando hai iniziato, ispirazioni, compagni di viaggio…
Rocco Lombardi: Dopo la conclusione delle scuole superiori decisi di non voler più diventare un ingegnere, il disegno che coltivavo da quando ero bimbo prese il sopravvento, ero un writer e decisi di frequentare una scuola di fumetto e scoprii che voleva dire diventare professionisti. Sulla via del fumetto mi folgorò Andrea Pazienza nel periodo in cui Dylan Dog dominava le edicole ma sopravvivevano ancora le riviste dell’allora denominato fumetto d’autore.
Come nasce la collaborazione con l’underground musicale?
Posso dire di essere cresciuto nell’underground, ho suonato e urlato per svariati anni con band punk-hc, tutte defunte lasciando a testimonianza delle demo tape di cui al tempo curai artwork, duplicazione, distribuzione. La pratica dell’autoproduzione del punk italiano degli anni ‘80 ha lasciato in me semi fecondi.
Hai realizzato copertine per Fuzz Orchestra, In Zaire, Above The Tree, Drekka, Lush Rimbaud, Blood ’77 e altri titoli pubblicati dalla Brigadisco. I tuoi lavori grafici sembrano essere diventati un vero e proprio marchio di fabbrica dell’etichetta di Itri. Come sei arrivato a instaurare un rapporto così duraturo, e proficuo dal punto di vista artistico, con queste realtà?
Con i ragazzi della Brigadisco siamo amici da tanti anni. Loro, un po’ più giovanotti di me, frequentavano i posti che avevamo occupato a Formia negli anni Novanta, hanno poi messo insieme un bel giro di attività nel loro paese al punto di fondare uno studio di registrazione e un’etichetta. Mi hanno chiesto di disegnare per loro in un momento particolare, cominciavo a cambiare stile e a maturare dei contenuti ben precisi. È nato così il tasso che c’è sulla cover dello split Above The Tree e Musica Da Cucina. Una collaborazione feconda per entrambi!
Ho qui in mano la bellissima copertina apribile del 12″ split fra Stefano Pilia e Paolo Spaccamonti. Non esiterei a definirlo un piccolo capolavoro. Come nasce l’illustrazione in copertina? Quali tecniche di disegno e stampa hai utilizzato?
È uno dei pochi lavori in cui ho avuto un’idea all’istante. L’immagine si è formata sulle note dei due chitarristi, è il fondersi degli elementi fondamentali, la loro musica è stata davvero evocativa. La mia tecnica nel disegnare consiste nel graffiare dei supporti neri e tirare fuori il bianco, la stampa delle copertine invece è stata fatta in serigrafia dai ragazzi di Sericraft di Torino.
Sempre a proposito del legame illustrazioni-musica, ci parleresti dei due volumi ‘Guida illustrata al frastuono più atroce’ pubblicati dalla tua Lamette?
I due volumi di cui parli sono stati messi assieme con Simone Lucciola, con cui abbiamo fondato Lamette Comics ormai dieci anni fa. Si tratta di due antologie in cui un totale di 66 disegnatori italiani hanno dato la loro versione a fumetti di band underground e qualcuna mainstream. Un’idea all’apparenza molto semplice, ma senza precedenti troppo significativi. Le due antologie hanno concretizzato il cerchio dei tanti amici e collaboratori che negli anni abbiamo accumulato grazie al progetto di Lamette Comics.
Concludo con la classica ed efficace domanda di rito. Quali progetti, musicali e non, all’orizzonte?
Niente musica all’orizzonte se non quella ascoltata. Nel frattempo sto lavorando a un libro che spero vedrà la luce entro la fine del prossimo anno e promuovo quello che è uscito di fresco, “Alberico”. Un altro obiettivo è riuscire a lavorare con vecchie tecniche di stampa e riproduzione. Con Marina Girardi, invece, stiamo portando avanti il nostro progetto di Nomadisegni, un’esperienza che racchiude i nostri viaggi, disegni e laboratori nell’Italia minore dei paesi, delle montagne e della resistenza al degrado.
TopGO!ZILLA, I’m Bleeding/You got the eye (7”, Surfin’ki Records)
Contatti: surfinkirecords.bigcartel.com
Dopo averli visti suonare in apertura ai Thee Oh Sees (era luglio, Radar Festival di Padova), mi dirigo dritto al banchetto dove tiro fuori gli ultimi 5 euro che giacevano sotto forma di monete nella mia tasca destra e, contento come un bimbo, mi porto a casa questo 7” pollici dei fiorentini Go!Zilla. Attivo solo da un paio d’anni ma perennemente in tour, questo duo chitarra-voce/batteria mette su vinile a 45 rpm due pepite di garage-punk psichedelico affogate in un mare d’eco. Ottimo tiro e suoni filologicamente ben lavorati. Per amanti tanto di ‘Nuggets’, ‘Pebbles’ e protopunkismi vari, quanto di Black Lips e Crocodiles. In uscita a breve il loro primo lp su Black Candy Records, distribuito da Rough Trade e Warner Chappel.
TopTen Years After
FASE QUATTRO, Undeground (7”, MaXmo Production & Slok)
Rimaniamo nella Toscana garage-psichedelica, a Livorno per la precisione, e facciamo un salto temporale all’indietro di circa quindici anni. 1997: la mai troppo lodata rivista Bassa Fedeltà (questo l’ho beccato sul Tubo con somma goduria) curata da Claudio Sorge, Luca Frazzi e Federico Guglielmi è in edicola da qualche mese (ci rimarrà purtroppo solo un paio d’anni, con tredici numeri pubblicati), sta assumendo i connotati di bibbia nazionale per i seguaci di sonorità garage, surf, punk, beat, psichedeliche e di bollettino di riferimento per le uscite discografiche del periodo. Il 7” dei Fase Quattro – omaggio a “Phase IV“, unico film scritto e diretto dal designer Saul Bass – esce proprio in quell’anno per due piccole etichette del veronese: la MaXmo Production e la Slok, ma la buona sorte me lo fa incontrare sugli scaffali di Musicomania, spacciatore di vinile in pieno centro storico a Palermo nella primavera ’98. Contiene tre brani: sul lato A “Underground” (canzone partecipante al concorso “Un Disco per l’Europa”), quattro minuti di scalcinato garage-rock psichedelico suonato da un quartetto di cavernicoli e cantato dai medesimi per metà in italiano e per l’altra metà in inglese; sul lato B due perle di rara bellezza, “Necrofilo Shake” e “Johnny Be Bad”. Shake, beat, punk e garage mischiati insieme a fare da base per testi del genere: … mi chiedo come hai fatto a vivere così, nessuno crederà di te quello che so. Obitorio e cimitero, il tuo posto è sempre lì. Noi adesso vediamo, noi adesso vediamo, noi adesso vediamo: il necrofilo che c’è in te! Tu guardi, ma non vedi il cadavere sotto te, e giaci con un corpo morto già da giorno tre, e non c’è niente che ti piace, nessuno è più contento di te. Noi adesso vediamo, noi adesso vediamo, noi adesso vediamo: il necrofilo che c’è in te!
I due lati del 7” sono incisi per essere letti a velocità differenti: 45 rpm il lato A, 33 il lato B. Bellissima anche la copertina, che omaggia il fumetto porno-horror italiano dei ’70 e ’80 (Jacula, Zora La Vampira, Sukia…). Per il sottoscritto, il singolo garage-punk praticamente perfetto.
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