Lo
scorso 25 ottobre il PD ha organizzato un convegno sul lavoro con
esponenti locali e nazionali. L'incontro si è svolto a Gissi, in Val
Sinello, una delle zone abruzzesi più depresse dal punto di vista
industriale e occupazionale. Basti pensare che nel giro di circa due
anni hanno chiuso la Golde Lady che ha lasciato a casa quasi 400
lavoratrici e lavoratori, il gruppo Val Sinello (che occupava un
centinaio di lavoratori), il gruppo canali minaccia il licenziamento
di quasi cento dipendenti. Quando si partecipa ai presidi delle
lavoratrici e dei lavoratori in lotta, come abbiamo fatto noi del
Prc, si respira disperazione e determinazione allo stesso tempo. E
per capire quelle sofferenze non basta organizzare un convegno,
bisogna passare del tempo con le lavoratrici ed i lavoratori,
condividere il freddo di una serata ventosa o un caffè portato in un
termos.
Quando
si sta da quella parte della barricata, quella occupata dai
lavoratori in lotta, capisci che parole come quelle registrate dagli
organi di informazione al convegno, servono a poco, se non a fare una
passerella. Pratica già di per sé fastidiosa, che diventa odiosa
quando viene fatta a pochi mesi dalle elezioni regionali.
Nello stesso tempo,
però, il PD, dal locale al nazionale, in quel convegno ha mostrato
la sua incapacità a rispondere adeguatamente alla crisi economica,
che alla domanda di occupazione e risponde parlando di petrolio e
monnezza. E se ti opponi a questa logica, guardando a esperienze
virtuose che hanno smesso di fare l'apologia del "zozzo è
bello", la tua opposizione viene con disprezzo e ironia
etichettata come Nimby.
Fortunatamente
molta parte della cittadinanza è più lungimirante di chi pensa che
il futuro possa essere nello sfruttamento petrolifero, come gli
esponenti del PD che sembrano essere stati catapultati nel 2013
direttamente dalla prima rivoluzione industriale.
Un
paio di anni fa, in un articolo pubblicato su Liberazione, scrivevo
questo.
“Ciò di cui non si tiene conto è che i dati estratti dal Piano energetico della regione Abruzzo (datato 2009) dicono che «l’entrata in produzione dell’impianto» turbogas da 800 Mw di Gissi (Ch), a poche decine di chilometri dalla riserva di Punta Aderci, ha consentito «di passare da una condizione deficitaria di circa il 30% del fabbisogno energetico nella Regione Abruzzo ad una produzione superiore di circa il 30% al fabbisogno regionale.» Quello che manca è invece l’efficienza energetica. Sempre stando al piano energetico regionale, si nota che in Abruzzo, per produrre un’unità di ricchezza, si utilizza una quantità di energia superiore alla media nazionale. Il che vuol dire che c’è uno spreco di energia che non giustifica la rincorsa ai consumi energetici con autorizzazioni regionali a nuovi impianti di produzione di energia. Insomma, il rapporto regionale fotografa un Abruzzo che dovrebbe sprecare meno energia. Obiettivo che di certo non si raggiunge aumentando il numero delle centrali termoelettriche sul territorio. Lavorare al risparmio energetico, invece, significherebbe anche rispondere alla competizione dei mercati, riducendo i costi aziendali per unità di prodotto senza puntare come al solito alla riduzione del costo del lavoro. Potrebbe significare, partendo da studi sui minori consumi energetici, tentare di migliorare la posizione aziendale nel mercato di riferimento, senza per forza percorrere la spirale recessiva che si alimenta della riduzione del personale e minore potere di acquisto per i lavoratori.”
E' evidentemente che punti di vista diversi determinano prospettive diverse ed incompatibili. E la prospettiva di chi continua a sostenere che "bruciare è bello" e che "sfruttare risorse è meglio", ha lo stesso punto di vista di chi con le risorse di un territorio si arricchisce, lasciando dietro inquinamento e impoverimento, cioè la prospettiva che toccherebbe alla nostra regione seguendo la strada indicata dal PD. Esperienze come Viggiano in Basilicata dovrebbero insegnare. Ma per imparare la lezione di Viggiano occorre abbandonare l'ideologia dello sfruttamento dalla quale il PD non vuole liberarsi.





