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Emergenza povertà, emergenza suicidi, emergenza crimnalità

Creato il 23 agosto 2012 da Veritaedemocrazia
Scrive Gianluca Ferrara sul Manifesto:Ogni giorno vengono pubblicati migliaia di libri (solo in Italia quasi 200), stampate milioni di pagine di giornali, trasmesse alla radio e alla Tv infinite quantità d'informazioni, sul web navigano una marea di notizie che approdano veloci sullo schermo dei nostri Pc. Eppure, temo, che il nostro tempo sia quello in cui mai nella storia dell'uomo si sia giunti ad un così pianificato livello di disinformazione. Manca una reale consapevolezza e soprattutto il senso della realtà: sembra che ognuno sia diventato il protagonista del The Truman Show ove una regia occulta programma ogni bisogno e ogni pensiero.”
Gli argomenti e le opinioni che hanno diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico, monopolizzandolo, sono di fatto solo quelli funzionali alla narrazione della crisi più graditi al sistema. Dovremmo prendere per buone le previsioni di Monti e Passera di una prossima uscita dalla crisi nonostante tutti i dati macroeconomici dicano il contrario? Previsioni non a caso espresse davanti alla platea di quell'opaca organizzazione clericale che è Comunione e Liberazione il cui blasfemo abbraccio con il potere è esecrato anche da componenti dello stesso mondo cattolico (Famiglia Cristiana).
Dovremmo considerare le ultime ottimistiche valutazioni sull'Italia di alcune agenzie di rating (Moody's e Fitch, peraltro non condivise da Standard & Poor's) qualcosa di diverso di un interessato endorsement dell'establishment finanziario internazionale a favore di Mario Monti (non a caso già a libro paga proprio di Moody's oltre che di Goldman Sachs) o peggio ancora di un avvertimento mafioso alla politica italiana? Che poi così ottimistiche, almeno come presentateci dal mainstream, non sono visto che per il 2013, indicato quale anno di uscita dalla crisi, prevedono un PIL a crescita zero o che si ridurrà dello 0,5 per cento e che comunque sono accompagnate dall'intimazione ad abbandonare le politiche di austerità.
I problemi veri, i fondamentali che esprimono il reale stato di salute del Paese – la percentuale di italiani che vivono al di sotto della soglia di povertà o ai margini di essa, il tasso di disoccupazione, il saldo negativo tra nuove imprese e vecchie che chiudono, i casi di suicidio per la crisi – restano in primo piano il minor tempo possibile per essere poi coperti dal chiacchiericcio, dal gossip, dai temi che devono essere imposti all'attenzione generale quali priorità da affrontare e quali soluzioni improcrastinabili e senza alternative: le intercettazioni e le privatizzazioni solo per fare due esempi. E così, dopo che la piaga dei suicidi per la crisi è stata da tempo silenziata dall'informazione, una notizia gravissima, il consistente aumento di reati nel 2011, in controtendenza rispetto al calo degli anni precedenti, proprio a causa della recessione economica e dei tagli alle risorse delle forze di polizia, trova poco spazio e resta al più una giornata nelle homepage dei giornali on line. In un bellissimo e toccante articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano viene raccontata la storia di una coppia di cittadini romani che per la miseria è costretta a vivere in una roulotte. Non so, non si può sapere perché non sono diffusi dati al riguardo, quante persone si trovino nelle loro condizioni o in situazioni addirittura peggiori. Ma la percezione che credo possa avere la maggioranza di noi è quella di un disagio diffuso e di una crisi senza precedenti per l'Italia del dopoguerra. Se ogni qualvolta – per un incidente, per un fatto criminoso, per una calamità naturale, per un incidente, per un incendio - c'è una vita in pericolo ciascun cittadino ha il dovere di intervenire o almeno di chiedere aiuto ed esistono strutture ed organizzazioni pubbliche (il pronto soccorso degli ospedali, le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, la protezione civile) predisposte alla bisogna, misure e strumenti adeguati non dovrebbero essere previsti per affrontare l'emergenza povertà, per prevenire i gesti disperati (si tratti di numeri fisiologici o di un fenomeno in drammatica espansione) di chi ormai, avendo perso il lavoro o avendo visto fallire la propria impresa, non vede più alcuna prospettiva di risalita? Si può attendere per affrontare queste situazioni la chimera dello sviluppo e della crescita come se ad un infartuato si potesse dire di attendere la costruzione dell'ospedale? Tralasciando l'altrettanto tragico tema delle condizioni di detenzione nelle carceri che spinge un'intollerabile numero di esseri umani a togliersi la vita e concentrandosi in questo post solo sulla povertà, non è il momento di garantire un reddito minimo ed un'abitazione decorosa a tutti, almeno a coloro che sono più a rischio (non me ne vogliano i più giovani ma penso ai quarantenni, ai cinquantenni, ai sessantenni e a coloro che hanno carichi di famiglia)? Non si potrebbe pensare, facendo finta di prendere per buone le argomentazioni di chi è ossessionato dalle compatibilità del bilancio pubblico e non vede ad esse alternative, all'erogazione di un reddito almeno in parte di natura non monetaria utilizzando al riguardo (per produrre beni, per offrire soluzioni abitative) quei beni pubblici di cui si prefigura la vendita solo per offrire opportunità di arricchimento ai soliti speculatori? Non si potrebbero riassorbire nel reddito di cittadinanza le pensioni di invalidità contro cui si è scatenata, altro argomento grandemente in voga presso il mainstream, quella autentica ed odiosa caccia alle streghe che è la ricerca dei falsi invalidi (e per capire ciò di cui stiamo parlando si confrontino i 3000 euro annui circa di costo per lo Stato di una pensione di invalidità con i 900.000 euro spesi in due anni per la scorta di Calderoli e gli 80.000 euro spesi solo per riservare le stanze in albergo, durante i mesi estivi, per gli addetti alla sicurezza di Fini nella località dove questi si reca in vacanza)? E' questa l'etica cattolica ed il senso di solidarietà di una classe dirigente che brandisce la bandiera ideologica della vita solo quando non è in gioco la giustizia sociale ma unicamente si tratta di opprimere, come nel caso dell'aborto e delle scelte sul fine vita, il diritto all'autodeterminazione dei cittadini?

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