Emidio Greco e Giovanni Berardi
Oggi il regista Emidio Greco è sugli schermi con il suo ultimo film Notizie degli scavi (2011), tratto dal racconto dello scrittore Franco Lucentini, apparso in libreria già dal 1964. Dice Emidio Greco: “ho pensato subito a questo racconto come ad un possibile mio film, sin dal suo primo apparire nelle librerie, appunto il 1964, l’anno in cui decisi di venire a Roma per fare il cinema. Allora, ma penso anche oggi, c’era una condizione per accedere ai corsi del centro sperimentale di cinematografia, quella di presentare una propria sceneggiatura. In quei giorni c’era questo bel racconto di Lucentini che mi aveva letteralmente preso e quindi decisi di iniziare proprio da qui, trascrivendo in termini cinematografici questo racconto”.
Greco ricorda che il regista Nanni Loy, all’epoca direttore del corso di regia al centro, considerò moltissimo la sceneggiatura e si adoperò, anche con affanno, affinché questa diventasse subito un film”. Dice Greco: “io stesso, nel corso del tempo, ho poi tentato più volte di portare sullo schermo questo racconto, ma alle prime perplessità, personali o oggettive, ho sempre lasciato perdere. Evidentemente ancora non era matura la chiave di lettura cinematografica del progetto, o quanto meno, ancora non ero così sicuro e sensibilmente motivato”. La convinzione e le coordinate giuste, ricorda Greco, sono arrivate solo verso la fine dell’anno 2009, tanto che esattamente nel 2010 il film è entrato in piena lavorazione, un impegno che è durato fino ad estate inoltrata. Il progetto è stato felice, pensiamo, perchè Notizie degli scavi è stato immediatamente invitato da Marco Muller, direttore della mostra d’arte cinematografica, per una visione a Venezia fuori dal concorso.
Dice Greco: “figurarsi la contentezza per questo invito, Venezia resta per ogni regista un passaggio straordinario”. Ed allora i tempi di lavorazione del film per Emidio Greco divennero proprio frenetici, fece proprio i cosiddetti salti mortali per terminare l’opera nei tempi prescritti ed essere pronto per Venezia. “Il montaggio del film, infatti, fu tutta una corsa” ricorda Greco “perché le riprese del film terminarono proprio a fine luglio, e la copia per Venezia doveva essere pronta nella prima decade di agosto, fu quello, ricordo ancora, un agosto di fuoco, proprio in tutti i sensi”. Lo squillo improvviso del cellulare del regista, a questo punto, costringe la conversazione ad una pausa. Riprende Greco, per niente distratto: “nell’ambiente sapevano benissimo dei miei ritmi veloci nel montare un film in moviola, così la commissione della mostra non si fece alcun problema nel propormi immediatamente la cosa”.
Notizie degli scavi è un film dalla poetica straordinaria, dalla freschezza temporale sempre esemplare nonostante il suo anno di nascita sia il 1964, e a noi, in qualche maniera, è tornato alla memoria il fascino, la geometria, la sensibilità di un altro straordinario film, La prima notte di quiete, girato da Valerio Zurlini nel 1972, con un Alain Delon davvero pazzesco nella sua bravura. Notizie degli scavi, oltre al fascino delle immagini che è proprio nel cinema di Greco, è anche un grande film di interpreti, proprio come quello di Zurlini, infatti nel film si rivelano appieno e ben comprese le doti magnifiche di Giuseppe Battiston, un attore davvero straordinario, ed anche di Ambra Angiolini, l’altra protagonista, passata con disinvoltura ed intensità dal varietà televisivo giovanilistico al cinema d’autore di Ferzan Ozpeteck prima e di Greco dopo. Ma è proprio nel carattere del cinema di Emidio Greco, ormai, questa predisposizione speciale al coinvolgimento assoluto di grandi e convincenti attori. Sin dal suo primissimo lavoro, che era L’invenzione di Morel (1973), girato con Giulio Brogi e Anna Karina, passando per il secondo Ehrengard, che per effetto della crisi imperante nel cinema riuscì a girare solo otto anni dopo, nel 1982, con Jean Pierre Cassel, Lucia Bosè, Alessandro Haber, Lea Padovani; quindi Un caso di incoscienza (1984), che annoverava un casting addirittura internazionale formato da Erland Josephson, Brigitte Fossey, Rudger Vogler, John Steiner, William Berger insieme a Claudio Cassinelli, Margareth Mazzantini, Daniela Poggi, Graziano Giusti, Roberto Bisacco, Giuliana Calandra, Rada Rassimov, Caterina Boratto, Piero Nuti, Veronica Lazar, per poi proseguire con Una storia semplice (1991), con Gian Maria Volontè, Ennio Fantastichini, Massimo Ghini, Omero Antonutti, Massimo Dapporto; Milonga (1999), con Giancarlo Giannini, Carlo Cecchi, Urbano Barberini; Il consiglio d’Egitto (2002), con Silvio Orlando, Renato Carpentieri, Leopoldo Trieste, Antonio Catania; L’uomo privato (2007), interpretato da Tommaso Ragno ed Ennio Coltorti (due attori di assoluta e rigorosa formazione teatrale), Myriam Catania, Catherine Spaak, Mariangela D’Abbraccio, Vanessa Gravina.
In pratica questi otto titoli formano la filmografia completa di Emidio Greco, peraltro quest’anno insignita del nastro d’argento alla carriera. Emidio Greco resta un autore, alla luce dei suoi otto film, non molto prolifico ed assolutamente appartato nel panorama industriale del cinema italiano, così come lo sono stati, nel loro tempo, anche i registi Giuseppe De Santis e Gillo Pontecorvo. Dice Emidio Greco: “io sono cresciuto proprio dentro un industria del cinema assolutamente coinvolta dalla grande crisi che stava colpendo il settore. Già verso la fine degli anni sessanta questa crisi coinvolgeva e minava fortemente tutte le nuove proposte. E nonostante questa difficoltà oggettiva, curiosamente, nella prima metà degli anni settanta quelli della mia generazione riescono ugualmente a debuttare. I nostri debutti, devo dire, avvengono grazie all’intervento della distribuzione di Stato della Ital Noleggio Cinematografico – Istituto Luce. Senza l’intervento dello Stato tutti questi debutti difficilmente potevano concretizzarsi. Oltre al mio, penso al debutto di Maurizio Ponzi, Peter Del Monte, Luigi Faccini, Carlo Di Carlo, Mario Brenta, Maria Virginia Onorato, Mario Chiari, Ennio Lorenzini, Carlo Di Carlo, Toni Di Gregorio, Gianni Da Campo, Raffaele Maiello, Ivan Angeli, Aldo Florio, Gian Vittorio Baldi, Gianni Toti, Luigi Turolla, Marco Leto, Elio Bartolini”. Ricorda Greco che con il suo primo film, L’invenzione di Morel, riuscì persino ad andare al festival di Cannes, e nel 1974 si parlò di lui come del debutto più importante dell’anno. A Cannes la gente del cinema ignorava addirittura la sua esistenza; il produttore Lombardo non si capacitava assolutamente di come un nome così sconosciuto poteva trovarsi ad un festival di rilevanza internazionale come è quello sulla Croisette. Dice Greco: “e devo dire che avevano completamente ragione per questo. Noi giovani autori, sostenuti dalla Italnoleggio, eravamo assolutamente fuori dal cosiddetto ambiente cinematografico. E questa peculiarità di estraneità al sistema, nonostante tutto, da una parte ci ha favorito, perchè abbiamo vissuto professionalmente e per qualche anno, lo dico tra virgolette però, come dei privilegiati. Ma questo privilegio, presto lo abbiamo pagato con il fatto di essere, per molto tempo, considerati come degli autori nati sotto una campana di vetro ed anche di comunicazione emotiva difficile, se non proprio assente”.
Noi ricordiamo anche, che molti di questi registi debuttanti elencati, in realtà, poi non riusciranno nemmeno a mettere su il loro secondo film; alcuni chiusero la carriera immediatamente, altri non andarono, assolutamente, oltre il terzo o quarto film. Ed erano tutte personalità d’autore molto interessanti, propositivi per il contesto cinematografico italiano, tanto da autorizzare critici stimati a denominare il periodo, proprio per la logistica poetica di queste produzioni, come quello della “cinematografia ombra italiana”.
Come ci ha ricordato Emidio Greco quelli erano gli anni in cui il cinema italiano, come un po’ tutta la cinematografia del mondo d’altronde, era caratterizzato dalla preminenza di una poetica, che era la poetica della metafora. Una peculiarità forte e stimolante del cinema di Emidio Greco, anzi proprio un assoluto marchio d’autore, rimane la sua predisposizione a trattare la letteratura nel contesto cinematografico. Non a caso ben sei degli otto titoli che compongono la sua onesta filmografia sono opere letterarie.
Dice Emidio Greco: “in certi libri riesco a trovare temi, ma anche solo tracce, indirizzi, che mi sono proprio congeniali. Anzi, molto spesso in fase di lettura, trovo alcuni testi fortemente presentati e predisposti proprio per la loro riscrittura, che avverto quasi naturale, cinematografica. Sono catturato in realtà dalla struttura narrativa di un romanzo, piuttosto che dal suo linguaggio più facilmente e tecnicamente letterario. E poi c’è come un intuito, un segnale, un motivo, una linea che mi indirizza su un libro piuttosto che su quell’altro. Trovo, molte volte, proprio in un romanzo la possibilità concreta di raccontare un buon film”.
Per l’immediato futuro Emidio Greco non si pronuncia. Conferma che la situazione dell’industria culturale italiana resta sempre difficilissima. Il regista non lo dice, ma il suo sguardo come rassegnato pare celare, e svelare al contempo, una affermazione: ormai è proprio la nazione ad essere ostaggio di una cultura oggettiva sempre più mediaset ispirata, una politica culturale sottovalutata e mortificata al minimo grado e gestita in maniera sempre peggiore. Qualcuno ha detto: “quando un cinema, un teatro o una libreria chiudono i battenti, può succedere facilmente che un ragazzo salga su un cavalcavia con una pietra in mano e la scaraventi addosso ad un auto in transito”.
Giovanni Berardi