Emilio divora il tempo, solo che di tempo non ce n’è mai a sufficienza, per tutto quello che gli frulla per la testa e per le mani. Incredibile consumarsi di frenesia senza alzarsi mai dalla sedia. Eppure è così, più che scrivere corre dietro la sua penna. Come un maratoneta che non può voltarsi indietro, deve preoccuparsi solo della strada che ha davanti.
Galeotto della scrittura, Emilio. Forse nemmeno lui sa quante storie sono nate dal suo lavoro e dalla sua fantasia. Da sempre su questo ci si litiga, si discute senza aver messo mai un punto fermo, tra tutti gli pseudonimi che Emilio ha adoperato e tutti gli avvoltoi che invece si sono appropriati del suo nome.
Chi dice 82 romanzi e chi più di 100. E anche se ci teniamo stretti, in 27 anni di attività fanno circa tre romanzi all’anno. Più i circa 130 racconti e novelle, più gli articoli per i vari giornali.
Scrive e scrive, Emilio. Inchiodato per intere giornate a vergare fogli su fogli dalla mattina alla sera. La sera e quindi anche la notte, fin quando è possibile non cedere al sonno. Tengo gli occhi aperti a forza di caffè. Se lo beve a litri, il caffè.
La penna chiusa tra l’indice e il medio come un pugnale, gli occhi affaticati e arrossati. Una sigaretta accesa dopo l’altra, la cicca spenta in una vaschetta d’acqua. La luce di una lampada a petrolio a illuminare la scrivania, i fogli con gli appunti, i mucchi di atlanti e diari di viaggio.
Scrive di getto, Emilio, scrive rapidissimo, scrive senza rileggere perché non ha tempo. Allo stesso modo non ha tempo da perdere nemmeno per la corrispondenza: telegrammi, invierebbe, non lettere, se solo se li potesse permettere.
Gli editori non aspettano, ci sono scadenze da rispettare. I fogli si accumulano, uno sopra l’altro. Quasi un miracolo, quella calligrafia ordinata e senza correzioni e cancellature.
Giorno dopo giorno, un tran tran da impiegato nel sottoscala del ministero. Poche cose a interromperlo. Una passeggiatina in collina, un bicchierino al banco, in via del tutto eccezionale uno spettacolo teatrale.
Annoterà il figlio Omar:
Non ricordo un giorno senza aver visto mio padre scrivere, la mattina presto, prima di pranzo, il pomeriggio dalle 5 alle 8 e 30, seduto davanti al suo malfermo tavolino, riempiendo pagine con la sua calligrafia minuta
La vita del capitano di lungo corso mancato.
(da Paolo Ciampi, I due viaggiatori, Mauro Pagliai editore)