Elio Vittorini, con Il Politecnico, pubblicò nel settembre del 1947 il primo poemetto di Emilio Tadini: La passione secondo Matteo.
Una Commissione formata da Eugenio Montale, Carlo Muscetta e Sergio Solmi gli attribuì – ex aequo con une raccolta di liriche di Antonio Rinaldi – il premio di poesia Renato Serra.
Qui pubblichiamo il poemetto, invitandovi a visitare A QUESTO LINK il sito dell’Archivio Opere di Emilio Tadini, curato da Francesco Tadini e Melina Scalise. L’archivio sta per mettere a disposizione, con un’opera di non breve digitalizzazione, non solo l’elenco delle opere archiviate, ma anche un notevole numero di inediti: dipinti, disegni, tecniche miste, testi. Siamo convinti che potrà essere d’aiuto non solo agli studiosi d’arte contemporanea, ma anche a chi abbia la curiosità di “entrare nello studio” e nel lavoro quotidiano di un grande artista: nel metodo e nel “disordine creativo” che, congiunti, ne fanno la forza e, a lungo andare, la consistenza.
A dividere questa breve introduzione dal testo della Passione secondo Matteo di Emilio Tadini abbiamo scelto un ritratto che gli fece un grande amico, oltre che notevole fotografo, Ugo Mulas:
La passione secondo Matteo, di Emilio Tadini
Dov’è adesso Cristo dov’è a rompere
il cuore dei ricchi gli esitanti
ed imbiancati sepolcri, ad abbracciare la gente
piena di attesa e di speranza i poveri
dai grandi occhi? Forse sulla riva di un lago forse
corre sulla montagna si disseta
in fretta ai pozzi bianchi inseguito e cercato
come un rivoluzionario
scava paesi e intere regioni
con le parole che lascia le parole
di vetro e d’oro le parole logiche.
Ma il calendario è già tutto passato
nelle mani dell’angelo e i morti
cominciano a tremare nelle tombe:
su tutta la Palestina cade la Pasqua e la demenza.
Gesù cammina verso Gerusalemme
e il presente dolore
verso le spade contate e la sicura amarrezza
verso le fredde colonne
della paura immobile che s’avvicina
come un miraggio desertico come un branco d’oasi
dentro la sera. I suoi piedi sono leggeri e profumati
come quelli di un cervo spaventato
(dovevate lasciare che il profumo si versasse
senza parlare, egli è ancora con voi
per poco, e poi non sarà, più con voi
(dovevate tacere quando si rompeva l’alabastro
senza pensare nemmeno ai poveri non dovevate
dire niente perché il profumo
era per la sua sepoltura).
Gesù ormai è in mezzo alle case
e Giuda ha già parlato all’orecchio del sacerdote,
è giunta la sera che Cristo conosce
mentre gli undici compagni guardano senza sapere
non hanno capito le sue parole e sono pieni
di peccato e di ignoranza sono attenti
come undici bambini ma non hanno capito
le sue parole. Perché si sente nell’aria della notte
il passo di tutti coloro che vengono a Gerusalemme
perché dalle case lontane nella campagna
vengono uomini donne e bambini con i loro
cani con gli alberi secchi e il pane?
Non vengono soltanto per la Pasqua questa sera
è così dura e differente è così pronta
per quello che deve accadere, senza vento
è sorta la luna questa notte
è così strana.
Perché non gridano i cani? Sulle finestre
non c’è nessun rumore e la cella è quasi finita,
egli dice le sue parole tremanti
e gli undici compagni si stupiscono e si agitano
come bambini senza sapere niente,
le sue parole sono proprio come lacrime
sono malinconiche e piene di rimpianto
per la notte così silenziosa per la luna
e la campagna per i compagni ignoranti e spaventati
come undici alberi nel buio.
Poi egli rompe il pane e lo dà ai suoi turbati
commensali, pane e sangue rotolano dolcemente
sul pavimento e sui muri della sala
carne e vino si mescolano al silenzio.
Essi prendono e mangiano la sua carne prendono
e bevono il suo sangue, tutta la consolazione
è consumata, ora bisogna che egli esca.
Ora è solo.
Quegli ulivi aspettano da anni
la luna è così leggera
che smorza il rumore dei passi
il cielo è curvo e ansioso dietro ogni pianta
qui c’è solo silenzio ed attesa
sull’erba si può stendersi e dormire
perché la notte è così dolce che passa come un fiume
ma senza rumore. Cristo è solo
a lottare contro la roccia
la carne sta diventando un regno
enorme di un colore iridescente
tra gli ulivi corrono bestie accese
silenziose come i tetti pieni di luna e di dormienti,
su ogni ramo c’è un rosso uccello che si contorce
ed egli soffre come un uomo che ha fame e sete
come un uomo pieno di ferite e di vento
come un uomo solo.
Ma lascia che gli undici compagni
dormano stanchi come se fosse una notte da dormire
lascia che tengano chiusi g1i occhi
e i volti abbandonati sull’erba.
Non li sveglia la notte è silenziosa la luna
è bianca la lotta è consumata.
La sua anima è triste fino alla morte.
Dalla parte della città arrivano voci
e gatti inferociti arrivano persone
con la faccia piena di sangue
trascinandosi dietro catene e mostri senza gambe.
Gesù l’aveva detto che era l’ora
e mentre adesso gli undici si stirano nel fresco della notte
arrivano dalla parte di Gerusalemme fuoco e grida
arriva gente protesa e frettolosa,
vengono con le spade e con le corde di ferro
a incendiare le foglie più basse degli ulivi.
Due labbra tremanti e indispensabili
scatenano l’inferno
un inferno soffocato e posato sull’erba
come un globo di rosso cotone acceso
un inferno con rumore di ferro e di passi
un instabile inferno. Chi è stato a tagliare l’orecchio
del servo? (Non dovevate muovervi soltanto guardare
non dovevate dire neppure una parola
perché bisogna che tutto si compia
bisogna che tutto il tempo e il dolore
passino esattamente
bisogna che il sole muoia sfrigolando dove comincia il male
che il mare sorga con i canti dell’aurora).
Come scappano gli incendi sull’orizzonte
sono tanto lontani che non si vedono più
questa notte è taciturna,
il vento lucida Gerusalemme e il Golgota.
Nella casa ci sono i sacerdoti
enormemente contenti ma gravi
e inquieti come gialle bruciature
sulla carne di un uomo, fuori nel cortile
c’è ancora la luna e il silenzio ci sono
fulmini trattenuti a stento dalla mano
dei bambini e soldati tutti bianchi.
Dopo, Cristo verrà sulle nuvole del cielo,
lo ha detto lui dentro la casa
i sacerdoti saltano come topi impazziti
finalmente gli dànno pugni e schiaffi
sputano sulla sua faccia, la luna si copre,
e Pietro ha detto di no tre volte
canta il gallo nella primissima mattina
il gallo canta come un vetro nell’acqua
c’è un gallo fuori metallico e implacabile
un gallo appollaiato non si sa dove
ma lo si sente cantare dovunque
è la tromba di un giudizio questo gallo
terribile come il sangue congelato
è un gallo freddo come l’argento
come quest’alba.
Pietro adesso si ricorda
ed esce fuori e piange amaramente.
C’è ancora il sole? Nella mattina c’è un uomo
impiccato, i contadini hanno posato la vanga
e guardano il cielo per cercare il temporale,
i carrettieri legano i cavalli davanti alle finestre:
soltanto pochi uomini stanno in mezzo a un campo
a lavorare, seppelliscono monete e mosche
nel campo del vasaio seppelliscono le mani di Giuda.
Gesù è davanti a Pilato .
Pilato è vestito come uno stupido vigliacco
ha sulla fronte i giochi dei bambini più solitari
le sue mani sono molli e nascoste,
intorno a lui stanno sacerdoti e soldati
distesi ai suoi piedi sonnecchiano i ricchi mercanti
e tutti guardano Cristo
Cristo è taciturno come il mare
la genie sceglie Barabba.
Pilato vuole che tutto sia finito, si lava le mani,
ma nel catino non c’è niente si lava le mani come un pazzo
nell’aria, i soldati prendono le lance,
(L’avete detto, il suo sangue affogherà i vostri figli
non ci sono abbastanza alberi per impiccarvi tutti
ma il tempo è lungo quanti taglieranno
la pietra dei vostri sepolcri).
Com’è rosso il suo mantello.
E tutto accade
come doveva accadere, g]i. buttano sulla schiena
vasi di dolore, rompono le sue ciglia
con le fruste, ridono come se fosse un sogno
con la medesima assenza.
Condannato Gesù è ora di andare,
adesso la strada è piena di sole e di polvere
e proprio adesso bisogna andare
bisogna andare con trombe e tamburi
che battono le ore al posto delle campane,
i cani vengono dietro scalpitando come lupi
i sacerdoti si accarezzano l’un l’altro le mani
e chiudono tutte le porte con gesto premuroso,
il sole affluisce da ogni strada .
lo porta la gente con sé ed i paesi
restano dentro al buio, la croce è sulle sue spalle
e l’uomo che aiuta a portarla è stato costretto.
Gesù soffre proprio come un uomo.
e sente nelle orecchie un rumore come di ondate,
quante volte è caduto, sulla faccia ha polvere e giardini,
tutta Gerusalemme si muove lentamente
tutti vanno sul Golgota
per vedere l’esecuzione.
Soltanto pochi sanno di quale sentenza.
Cristo è inchiodato sul legno di tutto il mondo
con la buona compagnia dei due ladri
compagnia buona c piena di silenzio
compagnia di uomini picchiati e gementi.
Sacerdoti e mercanti ballano sotto la croce
ma il sole si copre e il cielo diventa di rame affumicato
i vestiti di Cristo sono ai piedi della croce
come imploranti fiori, il soldato
prende la spada e comincia a stracciarli.
Le labbra di Cristo bruciano come il carbone
e dal basso gli buttano aceto e sassi.
forse questa è la fine Cristo urla come una bestia stanca,
i minuti passano come incubi schiacciati
in fuga verso la luce forse è la fine
Cristo urla come un uomo rovinato
è la fine il cielo diventa acceso e forsennato
non è ne giorno ne notte e non si vede più niente
questa è proprio la fine il mondo arriva
sull’orlo dell’ultimo giorno Cristo urlando
sale nel cielo. Tutto il cielo è nero col ladrone
salgono lampeggiando peccatori e martiri
cantano come voli di uccelli,
il tabernacolo e i gradini del tempio traballano
tutti battono la faccia sui sassi e sugli zoccoli dei cavalli
- undici uomini corrono con le loro parole
su tutte le strade -
il velo del tempio si spacca come una colomba
leggerissima e i vecchi isterici urlano
sulle soglie dei tribunali e dei mercati
la terra si rompe come una pietra dura:
questo è un temporale silenzioso un temporale
senza fulmini ed acqua senza tuoni
un temporale offeso e ferito sulla campagna
sul Golgota che sembra una collina d’alluminio.
Tutta l’acqua brucia in una sola fiammata come alcol
i colpevoli soffocano le loro mani nella sabbia
e corrono sui fianchi della collina
come ipocriti insetti atterriti che traboccano da un calice.
Solo sulla faccia del centurione
si scioglie la paura ed egli è salvo e leggero,
i sacerdoti tremano e insieme sono felici
prendono con sottili sorrisi le montagne
e le mettono contro il sepolcro,
mettono alla porta del sepolcro i soldati
e sigillano la tomba come i soldi di Giuda.
Non vogliono più inganni né uomini azzurri
che incomincino a camminare dalla parte del sole
non vogliono che nulla si muova
sopra il cielo incendiato. Tutto si consuma ma dove sono
gli undici che hanno capito?
(Adesso avete capito
correte con la fronte illuminata
sulla strada del vostro trionfo getteranno sassi e non fiori
siete undici canne che si alzarono).
Il sepolcro ha veramente sigilli
e soldati che guardano la porta?
Si sono mosse tutte le vene della terra
e lontano uomini e donne hanno tremato
per la luce bianca che è apparsa alle finestre
come un deserto fremente di santi.
Tutto sembra compiuto
ma tutto ora deve essere fatto
parola e gesto vita
e conoscenza.
Gesù fermo nel cielo
dorme e piange sulle mani degli angeli.