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Emirati e Iran: le tre isole della discordia

Creato il 03 gennaio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Emirati e Iran: le tre isole della discordia

Le relazioni tra Emirati Arabi Uniti (UAE) e Iran risalgono all’antichità e oggi, nonostante la storia di controversia tra i due Paesi che stiamo per raccontare, continuano intensamente in economia trainate dal settore terziario, principalmente commercio e servizi bancari. Il clima muta quando UAE ed Iran tornano a discutere sul destino di tre isole sulle quali, da quarant’anni a questa parte, è in corso una sorta di guerra fredda. Si tratta delle isole di Tanab al-Sugra, Tanab al-Kubra (rispettivamente la piccole e la grande Tanab) e l’isola Abu Musa. Estese su 26 km3, le tre isole si trovano in un punto strategico per Emirati e Iran e rientrano anche nell’interesse di influenze esterne.

Anche in questa vicenda la geografia dimostra quanto sia decisiva per determinare le sorti di un Paese, rendendogli opportunità piuttosto che limitazioni. Le tre isole si trovano all’estremo dello Stretto di Hormuz, del quale già si è descritta l’importanza mondiale in quanto principale percorso per il trasporto del greggio via mare. Oggi parte integrante dei territori di Emirati ed ‘Oman, queste isole furono governate dagli arabi del regno di Hormuz almeno dal 1330 fino al 1600 quando ne prese possesso la dinastia Al-Qawasmi, dalla quale provengono gli attuali reggenti dei due Emirati di Ra’s al-Khaima e Sharjah. A riconoscere quel dominio furono gli inglesi che, con il primo atto ufficiale di legge internazionale, rimisero nelle mani della stessa famiglia pure la sovranità sul porto di Bandar Linghe, sulla costa iraniana. Poi il destino delle isole fu il seguente: Abu Musa fu al centro di un Memorandum d’Intesa tra Iran e Sharjah per l’esercizio di una sovranità congiunta. Il patto fu violato dall’Iran in più occasioni e gli Emirati sospettavano che l’isola potesse esserepresa dall’Iran con la forza, come era stato per le due isole Tanab, sottratte all’Emirato di Ra’s al-Khaima.

Un territorio così denso di interazioni tra etnie e tradizioni – spesso gli abitanti originari delle isole furono costretti a ripiegare altrove dietro le varie ondate di invasioni iraniane – rende difficile stabilire a chi vada riconosciuta la liceità delle proprie rivendicazioni. Questo vale tanto più se si pensa che la sovranità araba su Bendar Linghe (sulla costa iraniana) derivasse da una concessione fatta dagli inglesi.
D’altra parte restano deboli le rivendicazioni iraniane sulle tre isole. Era il 1920 quando l’Iran propose di acquistare le due isole Tanab oppure, in alternativa, di prenderle in affitto per un termine di 50 anni.

Mentre gli Emirati rivendicano la sovranità su queste isole e oggi chiedono all’Iran di raggiungere un accordo bilaterale oppure di accettare l’arbitrato della Corte di Giustizia dell’Aia, l’Iran difende la propria sovranità territoriale su di esse affermando che “sebbene esista la prova del lungo controllo da parte degli arabi sulle tre isole, il loro governo fu esercitato dal territorio iraniano di Bandar Linghe”. Quasi a dire che, governando da quella posizione, gli arabi agirono come soggetti iraniani e che di conseguenza le isole siano da considerarsi iraniane. E’ dal 1992 che gli Emirati si rivolgono alle Nazioni Unite per far cessare ciò che definiscono “l’occupazione iraniana delle isole”. Gli EAU hanno scelto il foro del diritto internazionale giacché esso dispone che “uso e possesso protratti e ininterrotti di un territorio costituiscono il criterio per determinare a chi spetti la sovranità sullo stesso”, e che “nessuna presenza potrà essere riconosciuta se esercitata con la forza militare o per mezzo di un’invasione”. Tanab al-Sugra, Tanab al-Kubra e Abu Musa, infatti, caddero sotto occupazione a tre giorni dal ritiro britannico dal Golfo, dalla quale data gli Emirati si sarebbero costituiti in forma statale federale.

Era il novembre del 1971 quando l’Iran occupò questi territori, installandovi progressivamente una presenza amministrativa e militare, oltre ad accaparrarsi l’utilizzo delle acque. Da allora l’Iran non ha smesso di riaffermare la sua presenza sulle isole, non le considera oggetto negoziale e, fino alle recentissime dichiarazioni pubbliche, denuncia la responsabilità britannica per non aver mantenuto una delicata promessa; “l’Iran avrebbe ottenuto la sovranità sulle isole se avesse smesso di chiedere quella sull’isola del Bahrain”. Questo presunto passo resta scarsamente documentato, ricevendo all’epoca un mero rinvio da parte dell’ONU.

Con il Golfo come sfondo di un confronto armato internazionale, il dibattito sulle isole Tanab e Abu Musa, si trasforma in una discussione tesa tra Emirati e Iran. A settembre scorso il ministro degli Esteri emiratino, Shaykh ‘Abdullah bin Zayed, aveva cercato di rinforzare il sostegno esterno alla propria causa. Affianco a quello di Unione Europea e Stati Uniti, gli EAU possono fare affidamento anche su quello della Lega Araba che non ha mai gradito ciò che percepisce come “pretese accentratrici e destabilizzanti iraniane nella regione”.

Poco prima di quest’appuntamento internazionale, il presidente iraniano Ahmadinajad era stato in visita proprio sull’isola Abu Musa, provocando la reazione emiratina con il richiamo dell’ambasciatore da Teheran. Il gesto è stato definito “una flagrante violazione” della sovranità degli Emirati sull’isola. Occidente e regione mediorientale leggono l’atto iraniano come una dimostrazione di forza e un ammonimento contro eventuali sanzioni per il proprio programma nucleare, motivazione adottata da Occidente e Israele per raccogliere consenso intorno a un eventuale attacco decisivo.

Secondo la posizione dell’Iran, la questione delle isole è stata fin troppo esposta dagli Emirati nel foro internazionale, eppure le relazioni tra i due Paesi non sono mai giunte a uno scontro aperto. Il volume d’affari nella bilancia commerciale è astronomico e puntualmente trovano smentita le notizie di un’ipotetica sospensione delle relazioni diplomatiche. Resta improbabile un accordo per uno sfruttamento congiunto delle tre isole, giacché i due Paesi rientrano in sfere geopolitiche differenti; gli Emirati servono gli interessi occidentali nell’area, mentre l’Iran, considerata una realtà radicale, conduce una politica di reazione alla minaccia di un attacco del quale prenderebbero parte – direttamente o meno – anche gli Emirati.

Il mese scorso, l’Iran ha inaugurato la sua quinta base navale nel Golfo, nel porto di Bandar Lengeh.
Così si è espresso il comandante Muhammad ‘Ali Jafari rivolgendosi alla TV di Stato Irib: “La sicurezza delle isole iraniane nel Golfo è parte della strategia navale della Guardia Rivoluzionaria Iraniana”. L’espressione è stata ripetuta dal Gen. ‘Ali Fadavi, nel corso della cerimonia presso la base che ospiterà basi missilistiche e navali.

Il destino di queste isole resta incerto. Le manovre delle parti coinvolte in questa “guerra fredda” mostrano come non vi sia l’intenzione di trovare una soluzione alla questione della sovranità delle tre isole che nulla ospitano se non sabbia e sterpaglie. Quale potrebbe essere allora il pregio di esercitarne la sovranità se non esclusivamente quella di farne basi di lancio e di controllo in possibili scenari di guerra, tra i più dibattuti attualmente?


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