Non accennano a spegnersi le polemiche sul Web a proposito della partecipazione, come nostra “rappresentante”, all’European Song Contest del 10 maggio, dell’ex-amiciana Emma Marrone, nello specifico “sotto tiro” è al momento la sua discutibile “esportabilità” in un contesto internazionale. Per i più curiosi, è d’obbligo una capatina su You Tube, dove sono disponibili sia una video-parodia amatoriale alquanto “casereccia” del discorso che la sedicente “rocker” ha cercato di abbozzare in lingua inglese davanti alle telecamere della tv, a Copenhagen, sia la registrazione della stessa conferenza-stampa originale (migliaia di visualizzazioni), di breve durata, in cui un’intervistatrice le chiede, in un inglese “fluent” parlato speditamente, ma, complessivamente, piuttosto comprensibile, impressioni e stati d’animo alla vigilia della finalissima da disputare, cogliendo la ragazza abbastanza alla sprovvista e svelandone l’imbarazzante impreparazione linguistica, infatti non appare in grado di scucire nemmeno le solite due frasette di rito simili a quelle mandate a mente pappagallescamente dai nostri cineasti in occasione dei trionfi alla “notte degli Oscar” oltreoceano, da lei si odono solo monosillabi inintelligibili o singole parole terra-terra pronunciate stentatamente, inframmezzate da lunghe pause, in una continua e affannosa ricerca di una terminologia appropriata coordinabile e traducibile in un pensiero dotato di senso logico, niente da fare, il vocabolario in suo possesso si rivela sconfortante, persino al di sotto di un già molto limitativo (per chi deve esprimersi in ambienti anglofoni) “basic English”, quello, per intenderci, del tipico “the dog is under the table” o “the school is opposite the station”, costretta a correre ai ripari, Emma prosegue in italiano, chiedendo a un ragazzo del suo “staff” di farle da interprete, ha un marcato accento americano, ma sa il fatto suo, tutto fila liscio, senonchè, poco prima del congedo, le salta il ticchio, forse per potersi vantare col famoso “questa la so”, di pronunciare la sua tanto sospirata frase in inglese e se ne esce con un “I’m fucking tired” (trad.: sono fo*tutamente stanca), in un abominevole “slang” o meglio gergaccio “truzzo” da far scappare, d’uso corrente, si suppone, per lo più in quartieri come Whitechapel, Southwark e gran parte dell’East End di Londra (notoriamente è consiglia-bile non avventurarvisi), astanti ammutoliti?forse, certo la conduttrice non perde altro tempo e salutando con frettolosa cordialità passa ad altro.
Sembra che alla tv australiana qualche commentatore abbia fatto dell’ironia spicciola sulle “Mutande pazze” (dorate) esibite dalla Marrone durante la sua tanto discussa “performance” coreografica sulle note de “La mia città”, chiedendosi se fosse, per caso, stata colta da un improvviso “basic instinct”, chissà se questo accostamento farebbe piacere a Sharon Stone, che su un semplice, eppur elegantemente “panoramico” accavallamento di gambe (ma si è poi saputo se indossava gli slip?) ha costruito tutta una brillantissima carriera?
Fede