Magazine Diario personale

En souplesse

Creato il 14 aprile 2012 da Povna @povna

Sarà che ultimamente la vita è andata così veloce da non lasciarle il tempo di dedicare una qualche forma di interesse alle cazzate dei colleghi. Sarà che lei ai pagellini di aprile ci è arrivata con la sicurezza di chi ha gestito bene il lungo marzo, e ha uno stonfo di voti per alunno (ed è dunque consapevole che, alla fine dell’anno, non potrà che andare tutto bene). Sarà anche che lei quella classe la ama (ricambiata) molto, ma non la coordina; ed era dal tempo dei suoi vecchi Matti che non le capitava di vivere questa riposante situazione. Sarà infine (e anche soprattutto) che – carta canta (anche se a macchia di leopardo) – i Merry Men in questo quadrimestre sono davvero migliorati molto, sia nel comportamento, sia nel profitto di un bel po’ di materie. Fatto sta che ieri pomeriggio la ‘povna è tornata dai consigli di classe (con incluso ricevimento genitori) con il sorriso sulle labbra e la luce ancora alta (e non solo grazie all’ora legale).
Con sé, sul treno, portava la consapevolezza di un consiglio che si è svolto in maniera (finalmente) civile e composta (per chi credesse nei miracoli, però, deve deludere: nessuna conversione all’intelligenza da parte di Max Gazzè o Comma Rigido. Molto semplicemente, si è scelto, in maniera più o meno consapevole, di dare alle loro lamentele querule molto poco tempo per esprimersi, e molta poca attenzione). Con sé portava il ricordo dei complimenti fatti a loro dal Professore Storico (“E’ una delle migliori classi che abbia mai avuto in dieci anni di progetti – e tieni conto che io normalmente lavoro con gruppi di quinto anno dei licei”) e che lei aveva ripetuto, ostentando un comprensibile orgoglio, davanti a tutti i colleghi. Portava il ricordo di quelle altre parole (anch’esse doverosamente riportate al Consiglio), della custode Linda, che ha detto alla ‘povna che la classe dei Merry Men lascia la sua aula pulitissima, e fa la raccolta differenziata “ottima in assoluto, non solo la migliore della scuola”. E poi portava immagini riposanti e nitide che, mentre il treno macinava veloce i suoi chilometri, si è fatta ripassare davanti nella testa, una per una.
Il volto della mamma di Weber, più disteso dell’altra volta, perché sta finalmente migliorando (e la ‘povna si è concessa il lusso di riceverla per prima, insieme al figlio, che ha coperto di complimenti, abilmente mescolati – “ricordati che non puoi essere al centro dell’attenzione sempre, e un bravo calciatore sa fare goal, ma anche buoni assist” – ad affettuosi rimproveri, come era suo dovere). Gli occhi ridenti della mamma di Soldino (“che bella punizione che gli ha dato l’altro giorno, professoressa: lo ha spiazzato e io intanto me la ridevo sotto i baffi, perché è riuscita a solleticare il suo amor proprio”); quelli del babbo di Piccolo Giovanni (“che brava, professoressa, mi riconosce: e dire che mi ha visto una volta sola”), al quale ha detto che quel suo figliolo è esuberante, schietto, bravo, intelligente, semplice (come tutto il contingente che proviene dall’amata Castagnone). E poi via via tutti gli altri: i (bravissimi) genitori di Cirillo Skizzo (“allora, quale è la nuova lettura del mese, professoressa? Perché, come sa, i libri che lei dà li leggiamo anche noi, ci fa piacere”), la mamma del Taciturno, il babbo di Teofilo, quello di Rebecca, la mamma del ridente Panda (“suo figlio è un cuor contento: sa che quando facciamo a chi ride per primo lui perde sempre?”; “Sì, professoressa, me l’ha detto; ancora mi racconta tutto, per fortuna”): una sequenza di persone belle, alle quali la ‘povna ha potuto parlare con giustificato orgoglio di quanto siano belli i loro figli, quegli alunni così completamente pazzi che lei ha avuto la fortuna di incontrare.
“Allora professoressa l’anno prossimo riusciamo a formare la classe” – le ha detto, salutandola, la mamma del Panda – “e in quel caso lei li porta anche al triennio, vero?”.
“Se posso, sarà mio pregio e privilegio farlo” – ha risposto la ‘povna senza dire menzogna, eppure consapevole di stare dando, nello stesso tempo, informazioni false e tendenziose.
Intanto pensava alla domanda di trasferimento, e alle scelte, al destino, i cambiamenti. Ma poi basta così, il treno si ferma. La ‘povna si incontra con Viola per una birretta. E brinda, nella luce del tramonto, a un ordinario giorno di buona scuola.


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