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Endstation (Capolinea)

Creato il 02 marzo 2011 da Fugadeitalenti

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Due dichiarazioni degli ultimi giorni hanno particolarmente sollecitato la mia attenzione. La prima è quella del Governatore di Bankitalia Mario Draghi: parlando al Forex di Verona lo scorso weekend ha ribadito, senza troppi giri di parole: in Italia la crescita “stenta da quindici anni”. A seguire: i giovani non trovano lavoro, e quelli che ci riescono devono accettare salari d’ingresso “fermi da oltre un decennio, su livelli al di sotto di quelli degli anni Ottanta. Uno spreco”. Infine: troppe tasse. In Italia la “pressione fiscale è di tre punti sopra la media Ue”.

Poche ore dopo. Cambia lo scenario. All’interno dello scontro tra l’imprenditore Diego Della Valle e l’inamovibile Cesare Geronzi (banchiere dall’età non proprio giovane, 76 anni, ma con molte amicizie che contano), Della Valle pubblica la seguente lettera: “Geronzi deve prendere atto che il mondo e le condizioni sono veramente cambiati, e che oggi non c’è più spazio per chi bada di più al suo mondo e alle relazioni personali che ne derivano, invece che ai veri interessi dell’azienda che si rappresenta, della sua conduzione e degli ottimi risultati che servono ad accrescerne il valore“.

Fate particolare attenzione alle parole di Della Valle, perché fotografano esattamente il motivo e le cause del devastante quadro economico italiano, dipinto dal Governatore Draghi. Capitalismo relazionale, capitalismo familistico, capitalismo delle conoscenze (e non della “conoscenza”…): sono tanti e vari i modi in cui il nostro capitalismo è stato fotografato e descritto negli ultimi anni. Una ricerca della London School of Economics, risalente al 2008, spiegava chiaramente come in Italia la maggior parte dei managers abbiano i capelli bianchi, e non vengano scelti in base alle loro capacità di performance, ma piuttosto alle loro “conoscenze”, e alla capacità di mantenere buone relazioni. Un controsenso economico puro. Infatti, non a caso, siamo arrivati dove ci troviamo.

Endstation: “Capolinea”, direbbero i tedeschi. “Il mondo è cambiato”, attacca Della Valle. Ha ragione. Le vecchie logiche non funzionano più. Praticherà lui stesso questo nuovo Vangelo del capitalismo italiano, finalmente allineato agli standard mondiali? Lo speriamo. Comunque ha lanciato un segnale. Certamente il potente Geronzi non brilla, al contrario, per mentalità innovativa: “Gli analisti? Sono giovani, hanno il diritto di pensare ciò che pensano“. Li ha liquidati così, molto sbrigativamente, come si fa con delle mosche che ronzano fastidiosamente intorno.

Endstation, Geronzi: queste frasi non le sentiremo più, in un futuro ormai prossimo. Questa continua denigrazione dei giovani, da parte di uomini in età pensionabile, non sarà più tollerabile.

Questo modo di pensare ha affondato il Paese. Una certa gerontocrazia relazionale, buona solo a favorire gli amici degli amici, ha portato l’Italia a inseguire la crescita degli altri. Come rilevato dal Centro Studi Confindustria: “la ripresa globale prosegue a ritmi molto elevati, ma l’economia italiana procede meno rapida“, affermava lo scorso 24 febbraio.

Strano Paese, l’Italia: un Paese dove la Corte dei Conti, ad ogni inizio anno, ripete -quasi fosse una stanca litania- che la corruzione italiana esplode (i reati di questo tipo sono cresciuti nel solo 2010 del 30%). Tanto che ormai, perso ogni senso di dignità e di vergogna, l’Italia rischia una vera e propria assuefazione a questi reati schifosi. Tantopiù che spesso si verificano in settori, come quello della sanità, dove in gioco c’è la salute delle persone. Che fine ha fatto il tanto atteso ddl-anticorruzione del Governo? In compenso avanzano di gran carriera norme contro le intercettazioni e per il processo breve… mentre una certa legge Cirielli, dimezzando i tempi di prescrizione anche per i reati di corruzione, sicuramente bene non ha fatto. Anzi…

Come cambiare? Semplicemente cambiando classe dirigente. Altre soluzioni non ne vedo, ad essere sinceri. Una classe dirigente gerontocratica e relazionale ci ha portato qui. Ha ovviamente allevato una pletora di giovani cooptati, vttime e carnefici loro medesimi della stessa forma mentis. Ma -fortunatamente- questi giovani non rappresentano la maggioranza della loro generazione.

La maggioranza è questa: “Giovani generazioni in grado di imprimere il cambio di passo, non fosse altro per la loro ben maggiore dimestichezza con le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Il gap di produttività dell’economia italiana può essere colmato solo riducendo il “digital divide”, che soffriamo verso i Paesi concorrenti. I giovani italiani debbono essere protagonisti di questa accelerazione. Ma i giovani italiani sono, al momento, quelli che meno partecipano alla ripresa dell’economia europea” (di Giovanni Ajassa, Responsabile Servizio Studi Bnl – lettera ad “Affari & Finanza”). Ajassa precisa: in Italia lavora solo un giovane su cinque. In Spagna uno su quattro. In Francia uno su tre. In Germania quasi uno su due.

Secondo voi, quale tra questi Paesi ha più probabilità di affondare, modello Titanic? E secondo voi, perché tanti giovani italiani stanno abbandonando la nave che cola a picco, rifugiandosi all’estero?

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