Posted 1 luglio 2013 in Energia, Slider with 0 Comments
di Pietro Acquistapace
Quello che tutti attendevano si è avverato: il consorzio che gestisce il giacimento di Shah Deniz ha deciso che non sarà Nabucco West a portare il gas azero in Europa. Ufficialmente la scelta è stata determinata dal prezzo a metro cubo che Italia e Grecia si sono impegnate a pagare, ma in realtà le motivazioni che hanno portato alla scelta della TAP (Trans Adriatic Pipeline) sembrano essere state influenzate da ragioni politiche. E l’Europa, in particolar modo quella orientale, è già in fermento.
La decisione azera risulta essere un vero e proprio schiaffo alle velleità energetiche di Bruxelles, mentre al contrario assegna alla Grecia un ruolo prioritario. Il paese ellenico diventerà infatti il rubinetto attraverso il quale il gas dal Caucaso giungerà in Europa, ricavandone introiti economici oltre che potere contrattuale, essendo ora un perno imprescindibile per il Southern Gas Corridor. Atene diventa inoltre un polo di attrazione per Albania e paesi balcanici, il che non sembra di poco conto. L’Unione Europea nel frattempo si è offerta di finanziare un gasdotto che da Cipro, proprio tramite la Grecia, faccia affluire gas in Italia; sembra chiaro che Bruxelles non voglia perdere completamente il controllo delle sue “periferie”. Per quanto riguarda l’Italia si può sottolineare come il ministro degli esteri Emma Boninoabbia salutato il successo della TAP come un passo verso la realizzazione del Southern Gas Corridor.
L’Italia sembra dunque accodarsi al resto dell’Unione Europea ed agli Stati Uniti, quasi sminuendo l’importanza che la decisione azera riveste per la sua futura politica estera. Anche gli USA hanno infatti dichiarato che la vittoria di TAP è un progresso per l’Europa, ma evitando di dire che hanno tutto l’interesse ad ingaggiare una vera e propria guerra di prezzi con la Russia, rifornendo l’Europa del loro gas estratto dall’argilla; facendo di fatto del Southern Gas Corridor un loro concorrente. Mosca rischia di essere il falso vincitore dell’assegnazione azera, dopo avere mancato l’ingresso nel panorama energetico greco a causa del mancato acquisto di DEPA da parte di Gazprom. Inoltre recenti studi hanno dimostrato che il gasdotto russo North Stream, creato per aggirare l’Ucraina, sia circa quattro volte più costoso del precedente tracciato, rendendo così ancora più strategica l’area del Caspio, al quale anche la Cina è interessata, che rischia di diventare un vero e proprio centro nevralgico delle relazioni internazionali.
Che la scelta di affondare Nabucco sia stata dettata anche da considerazioni politiche sembra essere assodato. L’Azerbaigian non aveva nessuna voglia di inimicarsi la Russia, che ha infatti ringraziato tramite Nikolay Bordyuzha, segretario generale della CSTO (Collective Security Treaty Organization), dichiarando come, per la “parità nel Caucaso”, passi attraverso la vendita di armi all’Azerbaigian. Reazioni immediate alla scelta azera sono venute dalla già citata Ucraina che: ha siglato con la Turchia progetti di cooperazioneper estrarre gas dal Mar Nero, ha stipulato accordi con il Turkmenistan sia di natura militare che energetica, e, soprattutto, ha rivolto un appello sia a Mosca che a Bruxelles. Kiev ha infatti lanciato la proposta di un consorzio energetico a tre con Russia ed Unione Europea, il che non è escluso possa essere un’interessante strada da percorrere.
L’Europa sembra infatti non potere fare a meno della Russia nel settore dei rifornimenti energetici, soprattutto ora che l’avanzare di un baldanzoso e piccolo Azerbaigian rischia di essere controproducente per i due giganti. In tutto questo c’è anche un perdente vero, e si tratta della Bulgaria. Sofia infatti con la fine di Nabucco deve dire addio ai suoi sogni di indipendenza da Mosca.
Foto: Publics.bg, Flickr
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