Energie alternative a portata di mano

Creato il 20 febbraio 2012 da Abattoir

Quasi mezzo secolo fa, cominciò a circolare l’allarmante voce che il petrolio – in quanto fonte di energia non rinnovabile – fosse destinato a finire presto: ciò ha innescato quei rincari che i nostri portafogli conoscono bene e una continua ricerca verso qualcosa che potesse sopperire a questo immane prossimo esaurimento.

Proprio per bypassare questo ostacolo, fisici, ingegneri, scienziati, cervelloni e chi ne ha più ne metta (mi riferisco ad esempio all’alimentazione di autovetture per mezzo dell’olio di colza) si sono adoperati per trovare qualcosa che costituisse una valida alternativa e potesse garantire una produzione di energia “altra”. Si è cercato dunque il modo per sfruttare l’energia eolica –vedi le numerosissime pale eoliche che deturpano ormai paesaggi di ogni dove e che possiamo “ammirare” durante qualsiasi viaggio lungo le autostrade, e i nuovi sistemi di “minieolico” – e quella solare, con l’utilizzo di pannelli fotovoltaici disseminati sui tetti degli edifici e sui campi agricoli convertiti in veri e propri campi fotovoltaici per la “coltivazione” di energia e il conseguente abbandono delle colture agricole.

Dopo l’iniziale boom e l’innescarsi di meccanismi speculatori o incentivi che favorivano a ritmi alterni l’una o l’altra tecnologia, il mondo delle energie rinnovabili, specialmente in Italia, sta vivendo un periodo molto delicato: molte norme, che recepiscono le direttive europee in materia di efficienza energetica, sono imprecise e hanno una durata temporale incerta. Ciò fa presagire la presenza di lobby o più semplicemente di diverse scuole di pensiero, più o meno radicali, interessate unicamente a dire la propria sull’adozione di questo o quel protocollo di valutazione energetica e ambientale più probabile piuttosto che a cercare un punto di accordo nell’interesse della certificazione energetica dell’immobile.

Da un po’ di tempo a questa parte seguo con molto interesse un blog molto stimolante, Architettura sostenibile, perché condivido il modo di concepire la casa o l’architettura in generale in sintonia e nel rispetto dell’ambiente che ci circonda; in un post di qualche giorno fa si è parlato di un metodo alternativo di ottenere energia che è “a portata di secchio” e costituisce un potenziale semplice ed economico e allo stesso tempo concreto. Di cosa si tratta? Molto semplicemente dei rifiuti organici che tutti produciamo quotidianamente all’interno delle nostre case[1]. Se ne parla da diverso tempo e ci si chiede come mai, nonostante le  numerose difficoltà riscontrate e i costi elevati dovuti allo smaltimento dei rifiuti organici urbani, non si è ancora pensato di proporre in Italia una legge che incentivi la produzione domestica di energia ottenuta dai rifiuti organici (vale a dire gli scarti di cucina che tutti produciamo) e dagli sfalci del giardino producendo il cosiddetto biometano? Come mai, malgrado le emergenze rifiuti ancora oggi non si è pensato seriamente di trasformare un problema allarmante nella soluzione ad un altro quale quello della produzione di energia elettrica? Ci pensate? Tutta la “munnizza” che invade le nostre città, Napoli e Palermo in primis, potrebbe essere convertita in fonte di energia. Questo prodigio della scienza si chiama digestione anaerobica diffusa della FORSU.
Si prenda l’ondata di gelo che la scorsa settimana ha percorso l’Italia falciando anche diverse vittime, che ha costretto il nostro Paese a richiedere una fornitura di gas extra alla Russia: se l’Italia avesse già una politica coerente per promuovere la digestione anaerobica diffusa della FORSU (con impianti rionali, condominiali, o addirittura unifamiliari) e la possibilità di immettere in rete il biometano (che sarebbe biogas purificato fino a renderlo uguale al gas naturale), certamente non avremmo dovuto preocuparci dei tagli alle forniture imposti dalla Russia.

Forse non tutti sanno (me compresa, fino a qualche giorno fa) che il biometano, a differenza dell’energia elettrica e del calore ottenuto con il biogas da discarica o da agrozootecnia, può essere facilmente stoccato in appositi impianti (che potrebbero essere dislocati in piccoli centri abitati o condomini o ancora residence) per essere usato al bisogno.

Un altro esempio di energia alternativa arriva dal Giappone (anche questa curiosa notizia l’ho reperita sul blog su citato)[2]: i giapponesi, si sa, amano le stranezze e proprio dal Sol Levante giunge un’idea parecchio sui generis. Che il Giappone sia sovrappopolato lo sappiamo tutti, che la metropolitana di Tokio sia frequentata in maniera ininterrotta altrettanto e, pensate un po’, la East Japan Railway ha pensato bene di sfruttare il flusso continuo di gente che entra ed esce dalla metropolita alimentando nientepopodimenoché alcuni gate con energia umana. Ciò avviene per mezzo di tappeti piezoelettrici in grado di immagazzinare sotto forma di energia elettrica la pressione che ogni individuo, camminandoci, esercita su di esso. Quando si dice trasformare la fiumana umana in energia!

Altri esempi del genere sono quelli che vedono lo sfruttamento dell’energia umana nelle palestre o nelle scuole sfruttando il movimento dei maniaci dello spinning o del tapis roulant[3] o le discoteche ecosostenibili di Amsterdam e New York[4] o quei ristoranti dove al termine della cena per pagare il conto si pedala[5]. Pensate un po’, esistono persino i parchi divertimento ecosostenibili dove le montagne russe funzionano a ritmo di pedale! Insomma, chi più ne ha più ne metta.

Sono questi esempi che si inseriscono in quella che viene oggigiorno chiamata bioeconomia, un’economia cioè basata “su risorse biologiche provenienti della terra e dal mare, nonché dai rifiuti, che fungono da combustibili per la produzione industriale ed energetica e di alimenti e mangimi. La bioeconomia comprende anche l’uso di processi di produzione fondati su bioprodotti per un comparto industriale sostenibile”[6].

La Commissione europea, proprio in questi giorni, nell’ottica di indirizzarsi verso l’impiego sempre più esteso e sostenibile delle risorse rinnovabili, ha predisposto un progetto chiamato “L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa”, con lo scopo precipuo di realizzare un’economia a emissioni ridotte, se non nulle, combinando “l’esigenza di un’agricoltura e una pesca sostenibili e della sicurezza alimentare con l’uso sostenibile delle risorse biologiche rinnovabili per fini industriali, tutelando allo stesso tempo la biodiversità e l’ambiente”.

Insomma, le energie alternative esistono, più o meno particolari, più o meno innovative, anche se non sono decisive, e comincia sempre più a farsi strada una cultura del vivere sostenibile che si può esplicare in molteplici forme.


[1] http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/criteri-progettuali/digestori-domestici-rifiuti-produzione-biogas-

[2] http://www.architetturaecosostenibile.it/curiosita/varie/tokyo-subway-energia-umana-cercasi.html.

[3] http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/criteri-progettuali/produrre-energia-spinning-palestra-scuola-533.html.

[4] http://www.yeslife.it/component/content/article/45-classifiche/914-i-locali-piu-ecosostenibili-e-green-d-italia-per-un-divertimento-eco-chic.

[5] http://www.architetturaecosostenibile.it/curiosita/varie/calorie-zero-a-ristorante-hai-voluto-la-cenetta-e-ora-e-il-caso-di-dire-pedala.html.

[6]


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