La band svedese sembra infatti seguire un cammino evolutivo di picchi e picchiate (non necessariamente in senso negativo), fatto di momenti di minore esuberanza, come appunto Diamonds, in cui, smaltiti i bagordi di quell’orgia di speed metal rovente che fu l’esordio Into the Night, si assestarono su un più normale heavy/hard rock, ed altri in cui l’assalto continuo dei loro ritmi spezzacollo e il ruggito delle chitarre rendono lo scapocciamento un bisogno fisiologico. E questi sono gli Enforcer che ci piacciono di più.
Diciamoci la verità: i nostri sono fatti per ricalcare le orme di Raven, primi Metallica, speed metal e Nwobhm in generale. Danno il meglio quando suonano su ritmi frenetici e assestano fendenti di rasoio con i loro cambi di tempo e riff genuinamente eighties. Li ho visti dal vivo qua in Polonia assieme ai canadesi Skull Fist e sul palco sono esattamente come li senti su supporto analogico o digitale. Tremendi.
Normalente snobbo i revival, trovando inutile spendere soldi per comprare dischi che ho già sentito decenni fa e che ancora girano sul mio piatto, a meno che non si tratti di proposte interessanti e originali come ad esempio i cervellotici Vektor, per fare un nome. Tuttavia gli Enforcer non possono e non devono essere ignorati, se si ama il metallo più incontaminato. La loro genuinità (a tratti naïveté) li rende davvero irresistibili. Ascoltate Hell Will Follow da questo loro ultimo album e ditemi se non vi viene voglia di rompere cose.
From Beyond non è tuttavia un puro concentrato di energia come lo erano Death By Fire o l’esordio. Più ragionato e “classicheggiante” in alcuni episodi, come l’evocativa e teatrale Mask of the Red Death o la semi-ballad Below the Slumber, non ci fa però assolutamente mancare quello che ci aspettiamo da loro, e cioè pezzi come la gia’ citata Hell will Follow o la frenetica One with Fire. Quando un amico mi inviò l’anticipazione dell’album mi ero chiesto se avrebbero ripetuto il passo indietro di Diamonds, ovvero se fossero ritornati a più blandi ritmi. Fortunatamente il pezzo era l’opener Destroyer, che per la cronaca non fa prigionieri. La ascoltavo in cuffia al lavoro con il sorriso sulle labbra, convinto che l’incombente release non mi avrebbe deluso. E così è stato.
So che la Nuclear Blast oggigiorno è una manica di squali che conta banconote da 500 euro seduta in poltrone di pelle umana dentro uffici modernissimi mentre sorseggia Dom Perignon riserva 1612 e sorride mostrando denti d’oro, però, se volete una scarica di adrenalina, vi consiglio di recuperare questa uscita e possibilmente anche le precedenti. E assolutamente di non perderveli se passano dalle vostre parti. Piacevolissima conferma.