The Lodger è una pellicola del 1927, in cui una Londra notturna, avvolta dalla nebbia, con la fila di lampioni tremolanti lungo l’umido Embankment, le insegne luminose dei teatri, e i cortili e le strade male illuminati di Bloomsbury, altro non è che una mirabile ricostruzione in studio. Il film è il primo diretto da Alfred Hitchcock e fu realizzato nei nuovissimi studi cinematografici Gainsborough, a nord del fiume. Michael Balcon li aveva fondati nel 1924 ed i film girati qui erano di genere melodrammatico o a basso costo, tutti però improntati a pratiche continentali, specialmente derivate dall’espressionismo tedesco, con scenografie oblique, ombre lunghe e puntute, luci taglienti percorsi claustrofobici, volti pesantemente truccati, tensione psicologica. Realizzato nell’anno in cui il cinema sonoro cominciava a farsi strada, The Lodger racconta una Londra ambigua, dove alla brillantezza di rutilanti teatri e all’eleganza degli atelier di alta moda, si affiancano il buio e la nebbia, un’umanità povera e affaccendata, e il terrore disseminato in tutta la città dal ‘Vendicatore’, un serial killer che ha per obiettivo donne dai capelli biondi. Su questo sfondo si muovono i protagonisti, un Ivor Novello, emaciato, nervoso, e dai comportamenti bizzarri, su cui Hitchcock fa cadere i sospetti, non solo dei personaggi, ma anche del pubblico in sala, e June Tripp, resa bionda dal regista per recitare la parte dell’ingenua Daisy, simbolo di una donna giovane e moderna, sullo sfondo di mobili, quadri e polverose suppellettili tardo vittoriane. The Lodger fu un grande successo, e, a detta dello stesso Hitchcock, il primo film in cui il regista trovò la sua voce, intrattenendo l’audience con tutta una serie di espedienti che diverranno poi il suo marchio di fabbrica, come l’umorismo sottile, che stempera la tensione e aumenta la suspence, i movimenti sulle scale, la drammatica preferenza per le bionde (June Tripp fu solo la prima di una serie di attrici costrette a ossigenarsi), il numero 13 sulla porta, i simboli di morte e feticismo. Fu anche la prima volta che il regista inaugurò la pratica del cameo, facendosi riprendere seduto di spalle alla scrivania di un ufficio stampa. Sembra che la scelta non fosse intenzionale, dato che la comparsa che doveva recitare la parte, quel giorno non si era presentata in studio.
