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Al Bar Garibaldi hanno finito il caffé freddo. Mi offrono uno scecherato, opto per un caffè con ghiaccio. Si parla di mondiali. Gli astanti commentano con rassegnazione il barbatrucco della Rai che per un mese ci ha fatto credere di regalarci gratis la massima competizione. Davanti al teatro incontro Matteo Galasso. E' sua l'iniziativa su Berlinguer. In città ho notato una decina di manifesti, ma sono in pochi a sapere della 'tavola rotonda'. Incontro Giuseppe. Aveva promesso di esserci. Ritrovo una vecchia amica. Il "Garibaldi" è piccolo ma tirato a lucido. L'impianto di climatizzazione funziona a meraviglia. In platea, ultima fila, un signore coi capelli bianchi apre "Repubblica": legge e si disinteressa di quanto dicono dal palco. Continuerà a leggere per tutto il tempo. La prima cosa che mi viene in mente, ascoltando, è "pudore". Nessuno, tra i relatori, pronuncerà questa parola. Si parla di moralità, austerità, compromesso storico, di equilibri avanzati. Si evoca il Cile e mi torna in mente il mio amico Carlos, compagno d'asilo (in ogni senso) in quel di Modena. Lui e la sua famiglia rifugiati politici, io e la mia rifugiati terroni.
Poi mi viene in mente che, a volte, quando uno è brutto fuori lo è anche dentro. Una combinazione pesante. Il miglior intervento è quello di Costantino Squeo. C'erano una volta un Partito Comunista, un leader e un Paese. One Nation One Station. Oggi, evidentemente, non è più così. Non può saperlo il sindaco di Sannicandro: ad alcune sue affermazioni, c'è un relatore che fa le faccette. L'unità della sinistra è una maschera deforme, una cosa da teatro dell'orrore. Berlinguer a Lucera è soprattutto una sorpresa: "Mi ricordo sempre delle persone buone". Fatti straordineri, caro Enrico.
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