Enrico Berlinguer: "Gramsci e la Sardegna"
Dal discorso di Enrico Berlinguer per il 40° anniversario della morte di Antonio Gramsci. - Cagliari
27 aprile 1977.
C'è certamente fra voi chi ricorda un altro 27 aprile, quello del 1947, quando da questo stesso palazzo (il Municipio di Cagliari, n.d.r.) parlò di Antonio Gramsci Palmiro Togliatti. Grande anche allora fu la folla che si raccolse, grande, commossa e fiera perché consapevole di ricordare un figlio della Sardegna che era diventato capo del PCI, e che questo era stato perseguitato, incarcerato, ucciso dai fascisti. ….Tutta la elaborazione gramsciana è un filo che si dipana dalla sua terra natale, dalla vita sarda, dallo spirito sardo. Qui, a contatto con la miseria della sua gente - che anch'egli patì - Gramsci divenne prima un ribelle, ma un ribelle che presto seppe prendere contatto con il movimento operaio e socialista. Il rivoluzionario nasce dal ribelle, come egli stesso scrisse: "Che cosa mi ha salvato dal diventare completamente un cencio inamidato? L'istinto della ribellione, che da bambino era contro i ricchi, perché non potevo andare a studiare, io che avevo preso dieci in tutte le materie nelle scuole elementari…..Esso si allargò a tutti i ricchi che opprimevano i contadini della Sardegna. E io pensavo allora che bisognava lottare per l'indipendenza nazionale della regione. "Al mare i continentali": molte volte ho ripetuto queste parole….". La Sardegna era dunque alla radice del suo pensiero politico, ed egli, anche dopo averla lasciata, continuerà non solo ad amarla, ma a parlare di essa, riferendosi specialmente alla vita del popolo. "In che lingua parla? - chiede alla sorella Teresina in una lettera dal carcere del 1927, interessandosi all'educazione dei nipotini - Spero che la lascerete parlare in sardo…..E' stato un errore, per me, non avere lasciato che Edmea (figlia del fratello Gennaro), da bambinetta, parlasse liberamente in sardo. Ciò ha nuociuto alla sua formazione intellettuale e ha messo una camicia di forza alla sua fantasia. Intanto il sardo non è un dialetto, ma una lingua a sé - quantunque non abbia una grande letteratura - ed è bene che i bambini imparino più lingue… Ti raccomando, proprio di cuore, di lasciare che i tuoi bambini succhino tutto il sadismo che vogliono e si sviluppino nell'ambiente naturale in cui sono nati". Ho voluto citare solo due manifestazioni fra le tante che testimoniano quanto Gramsci tenesse alla sua origine, quanto vivi rimasero sempre i suoi legami sentimentali con la Sardegna e il suo interesse intellettuale e politico per la vita dell'isola. Si potrebbero anche citare, ad esempio, il suo interesse intellettuale e politico per la vita dell'Isola. Si potrebbero anche citare, ad esempio, il suo interesse e la sua iniziativa verso il Partito Sardo d'Azione. Sta di fatto che Gramsci ebbe sempre vivissimo il senso dei caratteri specifici della storia e della vita sarda, anche in ciò che le distinguevano dal resto del Mezzogiorno. Ma non meno importante è ricordare che proprio dalle condizioni di esistenza dei sardi venne a Gramsci l'impulso a porre in modo nuovo, insieme alla "questione sarda" l'intera "questione meridionale". ….Ancora trent'anni fa, a due anni dalla fine del fascismo e dalla guerra, tra gli italiani e tra gli stessi sardi si sapeva poco della figura, del pensiero e dell'opera di Gramsci. Egli era poco più che un nome, sia pure - e giustamente - leggendario. Oggi non è più esattamente così. Oggi Antonio Gramsci è noto in ogni aspetto della sua azione e della sua elaborazione: si sa bene ciò che egli ha scritto; si conosce la sua attività di direzione politica, il suo lavoro intellettuale, lo si conosce come combattente e come pensatore. Oggi si sa per quali vie, e attraverso quali esperienze, e per quali prove durissime, con quale sforzo di volontà, quest'uomo dal fisico gracile, nato da modesta e povera famiglia in un piccolo paese della Sardegna, è divenuto uno dei giganti della lotta di emancipazione dei lavoratori, e insieme uno dei più geniali esponenti della cultura italiana ed europea. Gramsci ha continuato ad operare anche quando non c'era più. Gramsci è stato con noi anche durante tutte le battaglie democratiche civili degli ultimi quarant'anni. La sua eredità passa, come egli diceva di ogni azione umana, "da una generazione all'altra in un movimento perpetuo". E la sua eredità vive e fruttifica ancora oggi nell'animo della gente e della sua e della nostra terra, e nell'animo dei lavoratori e di tutti gli italiani che aspirano alla giustizia, alla dignità, alla libertà. Gramsci è con voi che lottate, con voi operai, intellettuali e contadini della Sardegna.Con voi che sognate e volete la redenzione e il riscatto dell'Isola, un'Italia nuova e giusta, un mondo unito senza più guerre e oppressioni….. Gramsci, individuato ormai come il vero capo del Partito, venne arrestato e gettato in carcere nel 1926. I fascisti proclamarono allora apertamente che bisognava impedire al suo cervello di funzionare. Ma ciò non avvenne. Il cervello di Gramsci continuò a funzionare anche nel carcere. Stoicamente, eroicamente, egli intraprese una nuova fase del proprio lavoro, consegnato alle pagine delle sue "lettere" e dei suoi "quaderni". Questo lavoro è ricchissimo di sviluppi nuovi della sua elaborazione, quali egli seppe trarre dalla cultura vastissima che aveva accumulato, dalla riflessione sul fascismo e sulla storia d'Italia e dai pur rari e fragili contatti che riusciva a stabilire con i compagni che agivano nella clandestinità.