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Enrico Letta: “Basta con Vendola e Di Pietro”. È scattata la trappola democristiana.

Creato il 06 marzo 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Enrico Letta: “Basta con Vendola e Di Pietro”. È scattata la trappola democristiana.Sarà perché da piccoli abbiamo tifato per Toro Seduto e i Sioux contro il generale Custer e il 7° Cavalleggeri, sarà perché a noi Vercingetorige piaceva più dei romani invasori, ma il feeling che ci scatta nei confronti dei perdenti è sempre stato un moto irrefrenabile di fraterna solidarietà che ci accompagna fin da quando eravamo fanciulli. Da quando abbiamo l’età della ragione, infatti, ci stanno simpatici gli sfigati, i perdenti, gli ultimi, i derelitti, Paolino Paperino e Charlie Brown, i clochard, i sognatori persi e gli idealisti a titolo gratuito per cui, in questo momento storico, PiergigiBersani è entrato a far parte di diritto del nostro piccolo universo da tutelare: insomma ci sentiamo molto Amnesty International e WWF, il don Di Liegro fondatore della Caritas e la Rosa Luxemburg della PrimaInternazionale. Per tornare ai giorni nostri, e al post di ieri, non possiamo non sottolineare come l’impressione che ci sia qualcuno dentro il Pd che remi contro la “foto di Vasto” ormai non sia più una impressione. Sarà perché siamo abituati ai metodi democristiani (vissuti interamente sulla nostra pelle e quindi somatizzati), ma le parole di Enrico Letta subito dopo la sconfitta di RitaBorsellino nelle primarie di Palermo, ci hanno fatto rivivere momenti che pensavamo fossero stati travolti dalla Storia e non da una elezione politica qualsiasi. La strategia è chiara: usare le sconfitte locali per modificare la politica nazionale. E se la politica nazionale del Pd parla di una futura alleanza a sinistra con l’Idv e Sel, occorre dimostrare che la stessa alleanza è perdente e quindi, via all’abbraccio mortale con Casini e l’immanente Udc, capace di modellarsi di volta in volta come un panetto di Das. Il caso di Napoli (checché ne dica De Magistris) è eclatante, quello di Genova ne rappresenta la continuazione temporale e Palermo l’epilogo. Dovunque, alle primarie, Pd, Idv e Sel hanno presentato un candidato comune sono stati sconfitti da non meglio precisate alleanze della società civile (come se i tre partiti fossero espressione della società incivile). E se teniamo in considerazione il fatto che a PalermoFerrandini è stato sostenuto da quella parte del Pd favorevole all’alleanza con Raffaele Lombardo, il conto è presto fatto e, come in un incubo, abbiamo visto frotte di lombardiani educatamente in fila, andare a votare Ferrandini alle primarie del centrosinistra. Il risultato è stato che la componente del centro ex democristiano del Pd (con Enrico Letta in testa), ha alzato la voce, mentre il silenzio assordante di Veltroni e D’Alema ci fa capire che sono pronti a tornare in gioco per la leadership del 2013 e dopo aver preso atto delle sconfitte a ripetizione di Piergigi: veri e propri salvatori della patria. Il povero segretario, se ancora non lo avesse capito glielo suggeriamo sommessamente noi, si trova in questo momento a doversi difendere da due trappole, quella degli ex Dc e quella dei suoi compagni di partito che tre anni fa lo lanciarono perché rappresentava l’unica faccia presentabile del vecchio komintern dei Ds. Letta gioca tutto sul fronte esterno e sogna la grosse koalition con il TerzoPolo e il Pdl, mentre gli ex “compagni” D’Alema e Veltroni giocano la loro partita sia sul fronte esterno che su quello interno, disputandosi ancora una volta il ruolo di prim’attore della coalizione, di qualunque essa sia e anche se dovesse perdere. Non vogliamo fare i complottisti a ogni costo ma il fatto di vivere in un paese che è ancora alla ricerca degli autori delle stragi di qualche anno fa, non ci fa stare tranquilli. Il problema serio, anzi serissimo, è che a Palermo non ha perso Rita Borsellino ma l’ultima speranza di andare a votare per una alleanza di sinistra alle politiche del 2013. E chi continua a dire che il prossimo presidente della repubblica non sarà Silvio Berlusconi farebbe bene a svegliarsi perché quell’Italia non esiste. 

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