Enrico Pea, Seravezza – La cappella dell’istituto

Da Paolorossi

Seravezza

La cappella dell’istituto ha la porta d’ingresso al piano terra nel cortile, che abbraccia le quattro parti dell’edificio. Al piano terreno da una parte i vecchi senza famiglia, lì ricoverati, ad evitar loro la fatica delle scale. Ma dall’altra parte dello stesso piano terreno c’è pure la scuola. Le stanza da lavoro e la cucina e il refettorio delle orfane. E dà sull’orto. Orto per modo di dire: si tratta di uno sterrato lungo com’è lunga l’ala dell’edificio, recinto da muro, dove le orfane si ricreano. E per alberi, in quell’orto, vi sono piante d’arancio. Io dalle finestre della corsia vedo le orfane vestite di rigatino pepe e sale ché adesso viene la stagione propizia. Il gioco della palla. L’altalena e il giro tondo per le orfane più piccole. E gli svaghi le grida che salgono fino quassù. E quando il tempo è proprio sereno e il clima dolce, le monache improvvisano sotto gli aranci la scuola del lavoro: il tombolo.

[…] La cappella si eleva con i muri dell’edificio a cui è addossata da tre parti, ché davanti c’è la corte che abbiamo detto prima e la porta principale della cappella. I vecchi entrano di lì. L’interno della chiesina è un pozzo che oltrepassa i piani delle costruzioni a questo pozzo addossate, e va al tetto che chiude a cupola la cappella. Al primo piano e al secondo due ballatoi sporgono nella chiesina come se fossero due balconi. Affacciate a quel parapetto, durante le funzioni, stando in chiesa rivolti in su, come io facevo se mi trovavo tra i vecchi, se vedono le orfane ora senza fisciù ché il tempo più non lo richiede. Le orfane con il pettorino chiaro sopra il chiaro vestito. Il volto chiuso nella pezzuola bianca annodata sotto il mento. Ma i capelli sbucano qualche volta dalla pezzuola a incorniciare i visi belli.

[…] Così al ballatoio del piano di sopra, gli ammalati delle due corsie, divisi a destra e a sinistra gli uomini dalle donne, quelli che si possono levare dal letto hanno lo stesso beneficio di poter assistere alle funzioni. Ma quasi di giù, dal pavimento della chiesetta, non si vedono ché gli infermi stanno seduti ed il loro raccoglimento lì non è mezza preghiera e mezza festa, come lo è per la gioventù del primo balcone che molto assorbe con gli occhi lo spettacolo.

Seravezza – Enrico Pea

( Enrico Pea, Il romanzo di Moscardino – Parte Terza: Magoometto, pag. 312/313, Elliot Edizioni, 2008 )

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