Volti e occhi scontornati come fossero maschere di carnevale in miniatura, cartoline, telegrammi, articoli ritagliati da quotidiani, magazine e riviste, manifesti, illustrazioni, biglietti natalizi, biglietti di auguri, pezzetti di carta con la sua calligrafia. In quei volti, in quegli occhi c´erano Mata Hari, Greta Garbo, Gloria Swanson, Grace Kelly, Sophia Loren. Anche Hitler e Mussolini e I coniugi Arnolfini di Van Eyck. Volti selezionati, tagliuzzati, estratti dal loro mondo e inseriti nel suo journal, nel suo diario, nel suo scrapbook, nelle sue pagine nascoste su cui annotava situazioni e giorni, mesi e ore, su cui scriveva e appiccicava le immagini a cui teneva di più, margini su cui accumulava il passare degli anni. Cecil Beaton, the Art of the Scrapbook, edizione limitata, curata e introdotta da James Danziger (Assouline, 392 pagine, 250 dollari, acquistabile su shopassouline.com) rivela la passione nascosta del fotografo celebre per i ritratti, del corrispondente di guerra, del designer di My Fair Lady. Rivela la sua inner vision. Una raccolta privata, un mondo a parte, una rivelazione per Martine Assouline (specializzata nelle edizioni luxury art) che ha seguito per dodici mesi l´editing di questa montagna di materiale (quarantadue volumi provenienti dal CB Studio Archive di Sotheby´s Londra) lavorando su ottomila scansioni e sistemando disegni, dipinti, set di teatri, commenti e didascalie messi insieme dal Fair Beaton - come lo definiva Diana Vreeland - senza un ordine preciso nell´arco di quarant´anni. Francobolli, fotogrammi, fotografie: «I live by my eyes», scriveva il fotografo. Era un visionario e le immagini erano il suo nutrimento, il suo cibo intellettuale. Era nelle immagini che canalizzava la sua energia creativa e tagliava e incollava in modo quasi ossessivo-compulsivo ogni pezzo o pezzetto di carta che trovava. Un libro immaginato come un party surreale, elaborato ed erudito e, nello stesso tempo, pettegolo, naif e molto, molto personale. «Il suo interesse per la fotografia era cominciato quando aveva tre anni - ha scritto Danziger - era inciampato in un´immagine di Miss Lily Elsie, un´attrice popolare a quei tempi e metteva da parte le sue cartoline. Al suo undicesimo compleanno ricevette la sua prima macchina fotografica. Quella che determinò il suo stile e lo fece diventare famoso come Richard Avedon e Irving Penn». Fonte: Repubblica.it
[Entertainment] I diari di Cecil Beaton: The Art of the Scrapbook
Creato il 07 agosto 2011 da Fashionestasi @FashionEstasiVolti e occhi scontornati come fossero maschere di carnevale in miniatura, cartoline, telegrammi, articoli ritagliati da quotidiani, magazine e riviste, manifesti, illustrazioni, biglietti natalizi, biglietti di auguri, pezzetti di carta con la sua calligrafia. In quei volti, in quegli occhi c´erano Mata Hari, Greta Garbo, Gloria Swanson, Grace Kelly, Sophia Loren. Anche Hitler e Mussolini e I coniugi Arnolfini di Van Eyck. Volti selezionati, tagliuzzati, estratti dal loro mondo e inseriti nel suo journal, nel suo diario, nel suo scrapbook, nelle sue pagine nascoste su cui annotava situazioni e giorni, mesi e ore, su cui scriveva e appiccicava le immagini a cui teneva di più, margini su cui accumulava il passare degli anni. Cecil Beaton, the Art of the Scrapbook, edizione limitata, curata e introdotta da James Danziger (Assouline, 392 pagine, 250 dollari, acquistabile su shopassouline.com) rivela la passione nascosta del fotografo celebre per i ritratti, del corrispondente di guerra, del designer di My Fair Lady. Rivela la sua inner vision. Una raccolta privata, un mondo a parte, una rivelazione per Martine Assouline (specializzata nelle edizioni luxury art) che ha seguito per dodici mesi l´editing di questa montagna di materiale (quarantadue volumi provenienti dal CB Studio Archive di Sotheby´s Londra) lavorando su ottomila scansioni e sistemando disegni, dipinti, set di teatri, commenti e didascalie messi insieme dal Fair Beaton - come lo definiva Diana Vreeland - senza un ordine preciso nell´arco di quarant´anni. Francobolli, fotogrammi, fotografie: «I live by my eyes», scriveva il fotografo. Era un visionario e le immagini erano il suo nutrimento, il suo cibo intellettuale. Era nelle immagini che canalizzava la sua energia creativa e tagliava e incollava in modo quasi ossessivo-compulsivo ogni pezzo o pezzetto di carta che trovava. Un libro immaginato come un party surreale, elaborato ed erudito e, nello stesso tempo, pettegolo, naif e molto, molto personale. «Il suo interesse per la fotografia era cominciato quando aveva tre anni - ha scritto Danziger - era inciampato in un´immagine di Miss Lily Elsie, un´attrice popolare a quei tempi e metteva da parte le sue cartoline. Al suo undicesimo compleanno ricevette la sua prima macchina fotografica. Quella che determinò il suo stile e lo fece diventare famoso come Richard Avedon e Irving Penn». Fonte: Repubblica.it
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