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E.On, sciopero nella baracca al freddo

Creato il 16 novembre 2012 da Cassintegrati @cassintegrati

Mentre nel Sulcis gli operai occupano la miniera, dall’altro capo della Sardegna la situazione è altrettanto drammatica. Dieci giorni fa nella centrale termoelettica E.On di Fiume Santo (nord Sardegna) gli operai bloccavano gli accessi per scongiurare 40 licenziamenti. Ora i dipendenti della ditta in appalto Seratin scioperano dentro una baracca che hanno costruito per proteggersi dal freddo e dal vento.

Occupazione E.On di Fiume Santo

Occupazione E.On di Fiume Santo

Tino Tellini, storico leader della protesta Vinyls dell’Asinara, è andato a trovarli e ci racconta come le multinazionali estere scappano dall’isola:

Faceva un freddo cane questo pomeriggio nella baracca sorta sulla strada che porta a Fiume Santo: raffiche di un vento di levante a 90 km orari. Eppure chi l’ha montata, gli operai della Seratin e dell’indotto, sono sempre li, in sciopero dal 5 novembre. Stiamo parlando del più grande polo energetico della Sardegna, Fiume Santo, a due passi da Porto Torres e dalle centrali di proprietà dell’E.On (multinazionale tedesca). Quattro gruppi termo elettrici per una potenza complessiva di circa 900 MW. E.On ha deciso di tagliare ancora sulla manutenzioni, già precarie. Decine di persone, anche di più, rischiano oggi di rimanere a casa.

Il gruppo tedesco nel frattempo non ha mantenuto l’impegno sottoscritto con le Istituzioni a costruire una centrale modernissima a carbone in sostituzione dei vecchi e obsoleti gruppi 1 e 2 che marciano, in deroga da anni, ad olio combustibile. Nel frattempo ad E.On è stata incredibilmente concessa la costruzione di un grande gruppo fotovoltaico, che farà guadagnare ai tedeschi ancora di più, situazione davvero paradossale vista la situazione e visto che l’azienda non ha mantenuto gli impegni. La multinazionale tedesca, quando si tratta di dare al territorio e di mantenere accordi ufficiali, fa orecchie da mercante, anzi, rilancia al ribasso. Non solo non investe, ma licenzia e taglia.

A farne le spese sono per prime le aziende delle manutenzioni e i loro addetti, che si trovano all’improvviso in mezzo alla strada e che ricorrono all’unica arma a disposizione: lo sciopero e il picchettaggio. Antonio Pintus, Giuseppe Siffu, Luigi Derudas, Giuliano Sotgiu, Carlo Spina e tanti altri loro coraggiosi colleghi che rischiano di passare il Natale da disoccupati si sono messi in moto e hanno iniziato ormai da 10 giorni a protestare, con  un’opinione pubblica assuefatta dalle continue lotte operaie disperate. Hanno fatto bene , vale la pena almeno provarci, metterci la faccia,  in un mondo di “rivoluzionari a chiacchiere”. Alla loro difficile situazione si è inoltre aggiunta la beffa di aziende falco – o sciacallo se preferite – che approfittano per mandare i loro operai al posto degli scioperanti: un’azione vergognosa, un’assurda guerra fra poveri, miserabile epilogo di un territorio ridotto allo stremo.

Gli operai in sciopero comunque non si arrendono, continueranno. Mentre scrivo i delegati sono in riunione, la situazione è difficile e delicata, anche qui ci sono state piccole scaramucce con le forze dell’ordine. Il problema delle multinazionali in Italia è  sempre più pressante: sempre pronte a prendere denari pubblici, sempre pronte a tirarsi indietro quando c’è da investire, naturalmente dopo aver guadagnato cifre esorbitanti. Col ricatto della povertà e della disoccupazione. Sarebbe ora che  si mettessero regole e paletti affinché questa situazione finisca. Ma chi pensa all’industria nel nostro paese ? Chi pensa ai disoccupati e agli operai? Sembra non serviamo più, se non come carne da macello. Per farci sentire  dobbiamo andare nelle torri, sopra i ponti, sulle ciminiere. O come quelli degli appalti di E.On, a Fiume Santo, a scioperare in una baracca per difendersi dal freddo e dal vento terribile.

di Redazione @cassintegrati
(16 novembre 2012)

E.On, sciopero nella baracca al freddo


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