What I am is what I am not, What I am not is what I’m cursed to be
Sin dall’artwork firmato da Aeron Alfrey, ricco di dettagli e architetture in rovina, indizi da scoprire poco a poco e una sensazione di oscurità incombente, è chiaro quale sia la natura del nuovo album degli Ephel Duath: un dedalo in cui perdersi e in cui individuare punti di riferimento per ritrovare la strada, un’allegoria sul ricercare se stessi all’interno della propria mente, tra ricordi che vanno svanendo e paure inconsce. Così, anche i testi richiamano un processo interiore, una sorta di viaggio iniziatico in cui luci ed ombre si alternano in un dualismo inevitabile, una lotta per prendere il controllo sulle proprie paure e sul proprio lato oscuro, che è comunque parte del tutto e non può esserne escluso. Del resto, gli Ephel Duath sono sempre stati una realtà che sui contrasti e le contraddizioni ha costruito la propria stessa esistenza, dallo stile spesso figlio di differenti approcci e dall’unione tra linguaggi distanti alla necessità di ripartire dopo cambiamenti radicali, dal passare per momenti di esaltazione a improvvisi periodi bui, dal frequente cambio di label alla voglia di continuare sempre a dispetto di tutto e tutti. Questa natura travagliata si riflette perfettamente nelle tracce del nuovo album: le melodie di chitarra si fronteggiano con la voce ruvida di Karyn, che sporcare la tecnica di Tiso con vocals cariche di rabbia, così da creare il vero cardine di questo Hemmed By Light, Shaped By Darkness, cioè la lotta tra personalità forti che si scontrano. Da una parte musicisti straordinari (oltre a Tiso, gente del calibro di Minnemann, Beller e Rutan), dall’altra la voce ricca di pathos e umana passione di Karyn, che sembra contorcersi nella sua eterna lotta tra bene e male, ragione e istinto ferino. Intorno, brani che una volta fatti propri rivelano una scrittura tanto ricca quanto capace di arrivare dritta all’ascoltatore, proprio per la capacità di contenere al loro interno linee melodiche avvolgenti e luminose, seppur in continua antitesi con l’anima più buia dell’album. Verrebbe a questo punto da ricordare come caratteristica principale della voce di Karyn sia sempre stata proprio il suo passare dal growl ai toni acuti, dall’urlo feroce alla nenia infantile, in un continuo stravolgimento di fronte e di mood, anche se oggi appare meno esasperata, più sofferta e in qualche strano modo “bluesy” (ma si prenda questo termine con più e più molle). Di sicuro la nuova fatica degli Ephel Duath non si presenta come un disco di facile ascolto o immediato, magari farà discutere o dividerà gli ascoltatori, ma anche questo fa parte dell’intima essenza di una creatura da sempre inquieta e alla ricerca di nuovi stimoli per continuare a combattere e respirare. Soprattutto, una volta assimilato e compreso colpisce al cuore e – a giudizio di chi scrive – si impone come una delle release più a fuoco dell’intera carriera della formazione.
Tracklist
I. Feathers Under My Skin
II. Tracing The Path Of Blood
III. When Mind Escapes Flesh
IV. Within This Soil
V. Those Gates To Nothing
VI. Through Flames I Shield
VII. Hemmed By Light
VIII. Shaped By Darkness
Lo streaming completo dell’album (fino al 19/11) è su NPR.
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