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Epic fail: i mezzi di comunicazione al centro della crisi italiana

Creato il 02 ottobre 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Armando Di Carlo

Non amo gli anglismi, tuttavia l’espressione gergale che ho utilizzato nel titolo – epic fail – sintetizza perfettamente i contenuti del mio articolo per almeno tre buoni motivi; in primo luogo rende l’idea del profondo degrado in cui versano i mezzi di comunicazione in Italia e, secondariamente, l’espressione in sé, richiama in certo qual modo la spettacolarizzazione che ormai abitualmente si fa di ogni evento, soprattutto di quelli tragici, infine, la lingua stessa in cui è espressa, può indicarci il grado di penetrazione della cultura anglosassone – nelle sue manifestazioni più deleterie – nei nostri sistemi di comunicazione (soprattutto con l’avvento delle tv private).

Bene: i processi di cui voglio parlarvi certamente sono noti e partono da lontano, almeno dagli anni 80 (e per molti aspetti anche da parecchi decenni prima), dunque non starò qui a tediarvi con argomentazioni che conoscete bene e su cui in molti – parecchio più preparati di me – hanno scritto.

Bando ad ulteriori inutili preamboli dunque; la mia non è un’analisi sociologica ma la semplice – quanto spiacevole – presa d’atto del completo fallimento dell’intero sistema informativo del nostro paese, una presa di coscienza che ho maturato già da tempo ma che trova ulteriori conferme coi nuovi palinsesti che emittenti televisive e radiofoniche hanno predisposto per la stagione invernale e con la semplice lettura degli articoli proposti dalle varie testate informative online e cartacee, le quali propongono troppo di rado cose valide e, di contro, molto spesso cose insulse (ben oltre il gossip) e per di più con un linguaggio trascurato, spesso errato, incomprensibile persino negli intenti (ma a parlare di giornali e riviste cartacee faremmo natale, così propongo solo alcune delle ultime perle che ho trovato in giro per il web che, con buona pace di editori e presunti giornalisti, vi faranno sicuramente ridere per non piangere:

http://www.leggo.it/GOSSIP/NEWS/licia_col_amp_ograve_figlia_educata_noia/notizie/332928.shtml.; http://www.centrometeoitaliano.it/terremoto-dal-cellulare-il-comunicato-ingv-1869/; http://www.huffingtonpost.it/2013/09/29/pdl-alfano-letta_n_4013556.html “Una colomba vicinissima ad Alfano fotografa a microfoni spenti la fotografia della situazione”; http://www.huffingtonpost.it/2013/09/19/sesso-verita-bizzarre_n_3952975.html?utm_hp_ref=tw; http://www.huffingtonpost.it/2013/09/23/rihanna-animali-thailandia_n_3975003.html?utm_hp_ref=italy “Il loro morso, inoltre, è velenoso e molti thailandesi usano esportare i denti per renderli più docili.”).

mezzi di comunicazione di massa1 EPIC FAIL: I MEZZI DI COMUNICAZIONE AL CENTRO DELLA CRISI ITALIANA

beautifultrouble.org

Per quanto concerne la televisione, oltre ai mai troppo vituperati reality, ad impazzare sul piccolo schermo sono i talk show, sempre più numerosi ed inseriti ad ogni ora del giorno e della notte; nonostante l’usura di tali format – il pubblico è ormai assuefatto come accade per un eccesso di antibiotici – confermata dallo share dei singoli programmi sempre in calo, si corre ai ripari non certo intervenendo sulla qualità dei lavori prodotti ma con la tecnica della frammentazione, più talk show su più canali con i medesimi conduttori e i medesimi ospiti in “studio” che propongono le solite argomentazioni trite e ritrite. Esempi di ciò ne possiamo fare a iosa. Considerando fuori quota RAI 1 col suo antico tuttofare Bruno Vespa (col suo “Porta a porta” fra altezze reali e plastici di navi affondate), potremmo cominciare la rassegna da “La7” che quest’anno propone questo genere di programmi a ciclo continuo (dopo il tg della sera non manca nemmeno l’approfondimento e, poi, l’approfondimento dell’approfondimento in cui si ripetono sempre le stesse cose senza approfondire un bel niente); una “La7” che ha dovuto dire addio a Luca Telese, uno dei suoi anchorman di maggiore successo, ma, in compenso, ha riciclato Gianluigi Paragone che, dopo aver detto la sua “Ultima parola” a RAI 2, è finito ne “La gabbia” (di matti) a far risse con l’economista Alberto Bagnai o a farle fare a civilissimi ospiti come Daniela Santanchè  e Marco Travaglio. Non è da meno Canale 5 che, dopo aver silurato il già scarso Alessio Vinci (see you soon e buona permanenza in Albania!) ricicla da “La7” il pessimo Luca Telese, al quale non par vero di condurre un programma in prima serata sull’ammiraglia di Berlusconi dopo aver lasciato a piedi i colleghi/dipendenti del suo fallito giornale “Pubblico” scalzando dalla conduzione di “Matrix” il predestinato e figliol prodigo Salvo Sottile (già Mediaset poi SkyTg24) ora migrato su “La7”.

giovanni minoli la storia siamo noi EPIC FAIL: I MEZZI DI COMUNICAZIONE AL CENTRO DELLA CRISI ITALIANA

Giovanni Minoli – movieplayer.it

Come possiamo intuire da questi pochi esempi, i soliti balletti di poltrone, valzer di incarichi sono aumentati a dismisura con l’aumentare di fibrillazioni e fermenti politici (che poi, per fare un paragone, è la stessa equazione che porta all’aumento degli stipendi dei magistrati in base all’aumento di quelli di deputati e senatori); tuttavia il più grottesco – forse ripugnante sarebbe più appropriato – di tutti questi balletti è quello che ha avuto come protagonista/regista Giovanni Minoli e che già all’inizio dell’estate 2013 fece imbestialire i di lui fan e che è, forse, il motivo principale di questo mio sfogo odierno. Andiamo per ordine. Eravamo a ridosso del mese di giugno quando il direttore generale della RAI Luigi Gubitosi annunciò che il buon vecchio Gianni Minoli non avrebbe più condotto “La storia siamo noi” per sopraggiunti limiti di età. In verità, da quel che trapelò successivamente alle polemiche, si apprese che il programma non sarebbe stato cancellato e che ad andarsene sarebbe stato il solo conduttore, anche per via delle sue pretese economiche (secondo l’ex membro della Commissione di vigilanza della RAI Flavia Perina, Minoli avrebbe preteso un milione di euro per mandare avanti il programma). Minoli in effetti era già un pensionato di lusso quando gli fu rinnovato il contratto, per un totale di 2,499 milioni in tre anni, in RAI per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Orbene, il nostro evergreen Gianni Minoli, colui che possiamo a buon diritto considerare il padre della odierna tv spazzatura – quella della proporzione sesso:sangue=soldi:auditel da lui praticamente introdotta negli anni 80, in concorso con Enrico Manca e Biagio Agnes, scalzando la tv più culturale ed educativa (anche se anch’essa politicizzata, sotto l’egida della DC e di Amintore Fanfani) di un Ettore Bernabei- silurato da mamma RAI, ha trovato il suo posticino in radio. Questo posticino (che tanto posticino non è viste le due ore di programma, dalle 9:00 alle 11:00 dal lunedì al venerdì) l’ha trovato su Radio 24 – Il Sole 24 ORE col nuovo programma “MIX 24”, dove intervisterà i soliti politicanti di cui sopra (quelli dei talk show) dove avrà come ospiti fissi Mario Sechi, altro grande protetto della politica italiana (area Monti) e Pietrangelo Buttafuoco (nipote dell’ex deputato MSI Antonino Buttafuoco e sospeso da “Panorama” dal direttore Giorgio Mulè per questo articolo pubblicato su “La Repubblica”: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/12/04/il-dizionario-dei-destrutti.html?ref=search).

Detto questo, il nostro Minoli racconterà anche in radio – radio che aveva fin ora sofferto in misura minore i problemi che affliggono la tv- la storia a modo suo (che non è certo la Storia reale) e per far questo sono stati cestinati, da ieri, lunedì 30 settembre, vari storici programmi di quella emittente radiofonica, fra i quali i meritori “Il riposo del guerriero” condotto da Stefano Gallarini, che, in sei anni, ha intervistato oltre 1.500 personaggi del panorama culturale italiano (fra i quali ricordiamo alcuni ospiti fissi: Andrea Ligabue, Antonio Mancinelli, Arturo Brachetti, Emilio Cozzi, Enrico Groppali, Francesca Dragotto, Giovanni Nuti, Marco Lombardi, Michele Tosi, Pia Capelli, Tommaso Labranca) e, soprattutto, “La guardiana del Faro” ideato da Gianluca Nicoletti e condotto per tre anni dalla scrittrice Barbara Alberti a cura di Gloria Guerrera, programma di impareggiabile valore culturale, con letture di vari brani delle opere più alte della letteratura mondiale e interviste ai più importanti scrittori del panorama nazionale e personaggi del mondo della cultura e dell’arte (fra i quali ricordiamo Marco Fabio Apolloni, Franco Battiato, Giuseppe Sansonna, Alessandro Bergonzoni, Nadia Bizzotto, Claudio Ciaravolo, Filippo Martinez, Giorgio Conte, Carlo D’Amicis, Gianluca De Candia, Piera Degli Esposti, Giuliana Gamba, Alessandra Fiori- autrice, per ironia della sorte, de “Il cielo è dei potenti” -, Luca Guandagnino, Geneviève Makaping, Michela Murgia, Antonio Pennacchi, Silvio Muccino e Carla Vangelista, Paola Saluzzi, Paolo Villaggio, Michele Mari, Maria Sole Tognazzi, Gianluca Nicoletti, Alessandro Golinelli, Sora Cesira, Umberto Silva, Francesca Mancini, Bruno Ballardini, Francesco Pacifico, Irene Ghergo, Lidia Ravera, Mariano Sabatini, Ginevra Bompiani, Michele Mirabella, Tiziana Lo Porto). Tutto questo non ci sarà più (almeno su Radio 24), finisce nel più assordante silenzio – rotto solo da noi di PostPopuli-  per far posto al pensionato Minoli, ai suoi protetti e anche al nuovo programma di Oscar Giannino. Un’altra piccola grande luce che viene spenta; alle mie orecchie mancherà pazzamente quella voce suadente intenta a leggere passi di Vladimir Vladimirovic Majakovskij, Pasolini, Robert Louis Stevenson, Jorge Luis Borges, Ariosto, Umberto Saba, Percy e Mary Shelley, Michele Mari, Antoine de Saint-Exupéry, Lev Tolstoj, Ezra Pound, Algernon Charles Swinburne e Lord Byron e tante altre voci in una sola voce che vanno al macero come al macero andarono le opere dei due ultimi autori da me citati perché davano fastidio ai benpensanti, come ora lo danno ad una società di indifferenti. La tragedia di oggi è più triste e più subdola di quella pronosticata da Ray Bradbury nel suo Fahrenheit 451, perché oggi non occorre assoldare “pompieri” per appiccare incendi e spegnere la cultura, basta semplicemente mettere due o tre persone al posto giusto per spegnere milioni di cervelli.  

Comunque sia, tutto quello di cui vi ho parlato fin ora è solo l’aspetto esteriore, tangibile, concreto, empirico della crisi che ci sta travolgendo. Questi banali esempi che ho portato tutt’al più possono suscitarci qualche sospiro, un po’ di autocommiserazione per la miseria in cui viviamo o farci fare qualche amaro sorriso; la vera tragedia è quella che si cela sotto tutte queste apparenze, tragedia che ha vari nomi e vari genitori, primi fra tutti superficialità che porta ad un eccesso di semplificazione e alla dozzinalità, l’interesse di casta (col suo infallibile sistema delle raccomandazioni) e la dittatura dell’utile. Ciò che fa veramente paura è che identiche situazioni, lungi dall’appartenere solamente al mondo dei media, pervadono la nostra società in ogni settore, iniziando proprio dal mondo scolastico delle Università (recentissimo, fra l’altro, il caso dell’ex governatrice dell’Umbria Lorenzetti intercettata durante la segnalazione dei sui “pupilli” al Rettore dell’Università di Perugiahttp://www.repubblica.it/cronaca/2013/09/24/news/lorenzetti_studente_raccomandato-67140682/ notare poi gli errori presenti nell’articolo, fra i quali “università” in minuscolo! – o la ancora più recente vicenda dell’Università di Messina (non nuova purtroppo a simili situazioni) col concorso truccato e gli arresti eccellenti -http://www.gazzettadelsud.it/news//63481/Concorso-truccato–arresti-eccellenti.html-), dove si aprono Corsi di Laurea dai nomi reboanti ma totalmente inutili come le materie che propongono, utili queste sì solo a quei docenti ai quali è stata promessa una cattedra. Qui mi ricollego non a caso all’interessante articolo, apparso proprio sulle pagine del nostro “PostPopuli” il 26 settembre, “UMBERTO ECO: LETTERA APERTA DI UN LAUREATO DI OGGI” scritto da Giorgio Galli.

Il nostro Galli parla, nello specifico, della Facoltà di Scienze della Comunicazione, ma le sue giuste osservazioni, purtroppo, possono essere estese con persino eccessiva facilità a molte altre Facoltà, anche a quelle teoricamente più specializzate come potrebbe essere una Facoltà di Lettere e Filosofia o di Giurisprudenza o, ancora, di Economia. Caro Giorgio, credo che l’epoca dei Marinetti, dei Vittorini,  dei Pasolini e anche degli Eco è definitivamente passata. Gli intellettuali non sono più a disagio di fronte al mondo dei consumi e dell’industria, sono stati semplicemente fagocitati da quel mondo e gli scarti sono stati esiliati il più lontano possibile da quel regno dorato dell’approssimativo. I neolaureati non sono “intellettuali”, sono solo (spessissimo) delle persone dotate di un pezzo di carta straccia, operai “qualificati”, a volte meno “intellettuali” degli operai veri e propri (questo non sono io a dirlo ma numerose inchieste e statistiche sui laureati che, addirittura, molte volte risultano “semi-analfabeti”; questo è solo un esempio: http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2009/12/08/news/italiano_questo_sconosciuto_studenti_quasi_analfabeti-1822659/). Non mi cruccerei molto fossi in te se il tuo obiettivo e quello di non sfigurare con presunti neolaureati di serie A, poiché anche loro, nella maggioranza dei casi, non hanno altro che nozioni di facciata, culture approssimative anche nel loro singolo, limitato campo d’azione e non perché quasi tutte le materie siano ormai così vaste da non consentire, nemmeno alle menti più brillanti, di possederle appieno tutte (l’epoca di Dante e delle summae ahinoi è passata da un pezzo), ma perché l’Università non è più la culla della cultura, pronta a dischiuderti il suo sapere per farti progredire intellettualmente, no, l’università (u minuscola non casuale) nostrana è quella che deve immetterti nel “mondo del lavoro” e non gliene importa niente dei tuoi dubbi, della tua voglia di migliorarti. Lo scopo principale è quello di farti finire quelle 30/40 materie in 5/6 anni per immetterti sul mercato a prescindere se ci si senta preparati e pronti o meno. Quei pochi docenti che realmente ne sanno ancora più di te sono rinchiusi nelle loro torri e custodiscono gelosamente il loro sapere; non ti faranno mai leggere il secondo libro della Poetica di Aristotele. Vedi che fine fanno quelli che vogliono divulgarlo? Vedi la povera Barbara Alberti scalzata da un Minoli e un Giannino qualsiasi?

Non scrivevo più da qualche tempo, ma qui, in questa casa accogliente, in questo angolino di speranza che è ancora PostPopuli mi ricarico spesso le pile e la mia scolorita penna torna a tingersi di nero anche se per brevi lampi. Spero che questo mio sfogo, incompleto per necessità e per limiti personali, possa contribuire ad una riflessione più profonda e possa portare ad un dibattito acceso, soprattutto fra i giovani, che di opportunità ne hanno e ne avranno sempre meno.

Per saperne di più, consulta l'articolo originale su:

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