Magazine Diario personale

Epico finale!

Da Bangorn @MarcoBangoSiena

C’è qualcosa di strano nel modo di leggere di molte persone. Attenzione, dico strano non per voler muovere una critica, ma indicare qualcosa che mi obbliga a chiedermi cosa voglia davvero il pubblico. Leggendo recensioni in giro di libri, tanto per orientarmi negli acquisti, vedo delle caratteristiche sempre più frequenti e del tutto simili nelle critiche verso un prodotto.
Una di quelle che non riesco a comprendere riguarda il finale del romanzo/racconto/novella. Spesso, leggo di gente che si lamenta per il finale, come se tutto lo scritto fosse in funzione di quello. Se il finale non piace, il resto del lavoro è da buttare. Ancora peggio se si tratta di un thriller o giallo, e si intuisce  la benedetta conclusione prima, come se l’autore dovesse fare sempre il figlio di puttana, e nascondere tutto, per far fare la “ooooh”di meraviglia a questi golosi lettori.

Epico finale!

Il Sesto Senso per certa gente è bello solo perché alla fine hanno fatto “Ooooh”

Ed è davvero strano che non abbiano peso dialoghi, scene, momenti e azioni, se non per condurci nel finale, dove deve esserci il confronto tra il buono e il cattivo, a suon di spiegonie frasi taglienti, di quelle dove ti immagini i due personaggi messi di 3/4, tutti impettiti e pronti per una foto da locandina. Guardando alcuni romanzi che ho letto, in effetti, funziona sempre più o meno così. Si inizia dal punto A, si arriva al B e si conclude con un C, seguito sempre da un breve capitolo in cui ci viene raccontato cosa accade dopo il mega boss di fine livello. Se controllo le costole delle copertine però, vedo che è narrativa da tavolone centrale in libreria, quella con l’altisonante cartello “novità”. E si passa perfino sopra al fatto che i personaggi siano di cartone, sempre agenti FBI alcolizzati, pronti alla pensione, affiancati dal partner novellino. Per contorno, ex moglie e figlia adolescente ribelle. Questo non conta, questo li rassicura.

Epico finale!

Eccolo qua, che spiega il suo perché!

Oddio, nulla di sbagliato nello schema, che tra l’altro è quello anche del cinema più classico. Anche lì se ci pensate, scontento del finale, significa scontento del film. Eppure, la cosa mi suona strana, molto strana. Ho letto racconti senza finale, anzi, senza un vero inizio, e sono dei capolavori. La bravura dell’autore mi ha catapultato all’interno della vita dei protagonisti, mi ha fatto assistere alla scena, e in poche pagine ha chiuso, senza dover dare ulteriori spiegazioni. Ciò mi è piaciuto, molto di più di qualsiasi boss di fine livello che spiega il perché il suo diabolico piano è stato messo all’opera. Sinceramente, se io fossi in un mega criminale, non spiego nulla a nessuno, attuo il piano e stop. Nel caso un coglioncello si immischiasse, lo farei fuori e stop. Stessa cosa per il buono. Che diamine sta lì ad ascoltare lo spiegone? Un colpo in mezzo alla fronte ed è tutto finito.
Non trovo nemmeno logico spiegare sempre tutto, per filo e per segno, passaggi inutili o chi fosse quel tizio con cui ha parlato il nostro eroe. Era lì, serviva alla scena e fine. Se qualche interrogativo rimane, ben venga, riempiamolo con la nostra fantasia e le nostre supposizioni. Finiamo noi quello che ci sembra mancare.

Epico finale!

Sbrigati a risolvere il caso, sennò piega male…

Ho trovato un passo su Wiki alla voce Noir, molto interessante, e che rimarca il fatto che esistano romanzi sospesi, senza un vero e proprio finale:

“Solitamente si considera il noir differente dal poliziesco tradizionale, perché lo scopo del libro non è soltanto di raccontare e risolvere un crimine. Alla fine del romanzo il lettore deve riflettere, rispetto a ciò che ha letto, sulla realtà che gli sta intorno, deve analizzare il mondo che lo circonda in base alle informazioni che riesce a raccogliere dalla storia. La soluzione del crimine passa quasi in secondo piano. [...]Il finale del giallo classico è consolatorio, la soluzione del giallo riporta allo status quo, al ristabilimento dell’ordine. Il finale di un noir è poco consolatorio, a volte capita addirittura che non esista un finale o che non ci sia soluzione al romanzo. [...]Alla fine sono invece gli sviluppi a rivelare contenuti e qualità di una storia.” da Wikipedia

Io stesso, sto diventando restio a legarmi allo schema classico, assomigliante sempre più a un videogame che a una storia che deve essere in una certa misura realistica. Forzare spiegazioni, finali e risoluzioni di misteri, non ha senso e non dà lo stesso gusto di aver creato una buona storia con un ottimo ritmo.
E voi, siete tipi da schema classico o preferite una buona storia con un buon ritmo, non legata però a questa routine?

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