A volte mi dico che devo imparare a contenere la rabbia. Non è mica una cosa seria, la rabbia, mi dico. Prisca ma di che ti arrabbi, che c’è gente che muore di fame? Penso pure al Dalai Lama, che c’ha scritto un libro, dall’esplicito titolo Emozioni distruttive. Ma perché ti distruggi, Pri’? Ne hai davvero motivo? Conta fino a dieci, dai. E no, non fare così, n’ ti incazza’!, su, non è davvero il caso. Una signora non dice parolacce, quindi, visto che sai dire solo quelle, taci un momento.
Però, alla fine, la rabbia ha il sopravvento. Rabbia 1- Prisca 0. L’ha detto pure mia mamma: -Papà dice che sei nervosa -Ma no, mamma, non sono nervosa -Massì, sei nervosa, non è colpa tua.
Poi lo capisco, perché non riesco a farmi passare la rabbia. O meglio, perché dopo che, con ogni sacrificio, sono riuscita a smontarla, mi ritrovo con un pugno di mosche in mano.
E’ perché tutto si trasforma, niente si distrugge. Quindi, la mia rabbia può lasciarmi due eredi. O l’odio, o la tristezza, quel senso di vuoto che hai, quando un’emozione di una qualche dignità lascia il posto all’ἀταραξία -detto in greco, ché fa figo.
L’ἀταραξία è la più grande stronzata di questo lurido universo. Ma cosa ti atarassi, stupido di un Epicuro? Una vita, c’hai. Vivi, no? Urla, piangi, ridi, godi, di’ peste e corna all’infame che ti ha fregato il posto sull’autobus. Non te ne stare lì impalato come Antonio l’eremita! O no? Sì e no.
Sì, perché la rabbia è il sale della vita. Facciamo il pepe, perché il sale ci vuole sempre, la rabbia no.
No, perché la rabbia è la più insulsa forma di tristezza, è una tristezza imbarazzante. Saprà anche essere piena di poesia, però fa soffrire da cani, perché non la risolvi con un pianto liberatorio, né mangiandoci su, e se ti è capitato di sfogarla su qualcuno, neanche una sessione da cinquanta minuti di jogging, il miglior anestetico dell’universo, ti restituirà quello che hai perso.
Una rabbia non canalizzata verso qualcosa di buono -chessò, ottenere un rimborso spese dal meccanico- non serve assolutamente a nulla, è come la danza della pioggia, anzi peggio. Ché gli antropologi sanno che, accanto alla funzione diretta, fallimentare, la danza della pioggia ha pure la sua bella funzione indiretta, di far sculettare le ragazze pellerossa e fare felice il voglioso uomo Cherokee.
E insomma, mi arrovello su questi pensieri inutili. Ma ci sono pensieri utili? Lo chiedo a voi, ci sono? Mah.
Intanto sto scacciando anche la tristezza post rabbia, detta in termini da assistente sociale, l’anger blue (se lo dici così, tutti ti compatiscono: oh, povera, è in anger blue!), insomma quella cosa che vi dicevo.