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EPIDERMIDE | Le Chiese di Taranto

Creato il 30 maggio 2014 da Roberto Milani
EPIDERMIDE | Le Chiese di Taranto
EPIDERMIDE | Le Chiese di Taranto
Notte della Cultura a Taranto.
31 maggio 2014
Start ore 18:00.
EPIDERMIDE
A cura di ROSSOCONTEMPORANEO
Testi critici:
Amelì Liana Lasaponara | Angelo Raffaele Villani
In mostra:
Silvio Giordano
Gino Sabatini Odoardi
Max Papeschi
Location:
CATTEDRALE DI SAN CATALDO
CHIESA DI SAN DOMENICO
CHIESA DEL CARMINE
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Tre chiese, inizio e fine, di un percorso artistico tra città a confronto: il Borgo e l’Isola.
Linguaggi espressivi che rivelano la rappresentazione nella storia dell’arte.
Dall’abbandono della tradizione pittorica, quale unico mezzo espressivo pre-tecnologico, all’evoluzione fotografica di fine ‘800, fino ad arrivare alla video art di fine anni sessanta con Nam June Paik, artista statunitense di origini sudcoreane.
Epidermide è una pelle in continua mutazione, un’opera dinamica che sottolinea la trasformazione del fare arte attraverso la multicanalità contemporanea.
Un momento di confronto e di interazione sensoriale, dove le emozioni si mescolano attraverso l’uso, e quindi la percezione, di linguaggi differenti, lungo un raccordo narrativo video che si svolgerà sulle superfici interne delle chiese simulando il concetto contemporaneo di affresco.
La novità è qui: riproporre il mezzo artistico come narrazione, tra Bellezza e Spiritualità dei luoghi. Le pareti, il soffitto, le concavità dell’intradosso delle volte, sono elementi architettonici di chiusura e di delimitazione di uno spazio, una pelle, una membrana viva, nella quale si concentrano le energie dinamiche di spinte e pesi del costruito. Un luogo fisico dinamico, concentrato di tensioni, ansie, speranze, racconti, palesati dalla figurazione che si muove e che trascende verso l’alto.
La volta è il cielo.
L’EPIDERMIDE, come lo strato più esterno e delicato della pelle, diventa limite tra terra e cielo, tra ciò che è materia e ciò che trasuda spiritualità. Limite impalpabile tra uomo e ultraterreno, tra sentimento e sublimazione.
La pelle quale confine che delimita ogni essere come marchio indelebile della propria unità ed unicità. Unicità amplificata dal tatuaggio che il tempo imprime su di essa illustrando, ogni giorno che passa, le proprie imprese. Le impronte digitali, le cicatrici, le rughe sono l’opera unica del nostro essere. Epidermide è l’identità, rappresentazione di un IO possibilista, capace di cambiare.
Spogliarsi della propria pelle significa dunque rinunciare alla propria identità. Ma è anche un atto liberatorio che può servire ad ampliare la propria coscienza per raggiungere uno stato comparabile a quello divino. E’ ciò che rappresenta il mito di Marsia: il satiro che aveva osato sfidare in musica Apollo. Ovviamente sconfitto, Marsia viene legato ad un albero e scorticato dal dio delle Muse. Lo scorticamento subito dal fauno è dolore, ma anche catarsi poiché egli, privato della propria pelle, trasmigra dalla condizione terrena ad uno stato di coscienza infinito per raggiungere l’ascesi divina.
A testa in su, l’osservazione di Epidermide ci avvolgerà nella sua ascesi contemporanea fatta di arte e storia immortali. Ogni tensione rappresentata si fa narrazione di istanze diverse e di microcosmi intimi.
Il concetto di “arte proiettata”, non limitata alla semplice sequenza a parete di immagini o della narrazione di una storia, la ritroviamo già nella locuzione cinema espanso (dal’inglese expanded cinema), dove l’esperienza visiva diventava totalizzante, convogliando arti differenti. E’ precisamente con Gene Youngblood, critico cinematografico statunitense, nel 1970, che si teorizzava il superamento della proiezione cinematografica tradizionale, verso una sfera visiva allargata, precorrendo l’era informatica e la realtà virtuale, sfiorando, forse inconsapevolmente, i concetti attualmente istituzionalizzati di “cyberspazio”, passando attraverso il video, l’elettronica, il laser. Una espansione sensoriale della coscienza, in cui i limiti tra arte e vita si superano in un divenire virtuale, in un processo di immaginario allargato e multisensoriale.
La sinestesia della percezione viene liberata in un continuum spaziotemporale che genera un’immagine psichedelica, di un occhio liberato dalle leggi della fisica.
[Amelì Liana Lasaponara | Angelo Raffaele Villani]

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