Epifani dalla Cgil al Pd

Da Brunougolini


É l’uomo che per primo nella Cgil coniò la parola "declino" per racchiudere, oltre un decennio fa, quando lo accusavano di "catastrofismo", l'immagine di un’Italia che andava via via deperendo. È Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil dal 2002 al 2010. Era il primo socialista che occupava quella carica rompendo una lunga tradizione fatta di segretari comunisti e vice segretari o "aggiunti" provenienti dall’area socialista. Una scelta favorita da Sergio Cofferati che all’epoca lasciava il sindacato e che oggi, ironia della sorte, sposa posizioni politiche aspramente critiche nei confronti di quel Partito democratico stretto proprio attorno al suo lontano compagno di battaglie.
Il fatto é che la nomina del "traghettatore" può essere interpretata proprio come un riconoscimento nei confronti di un leader sindacale che nel suo operato ha dimostrato di saper tenere insieme proprio anime più riformiste e anime più caratterizzate a sinistra. Magari tenendo a bada, senza sposarle fino all'estremo, le diverse posizioni e proprio per questo ricevendo critiche e rilievi di opposto tenore. Come quando, nel 2003, non esitò ad appoggiare il referendum promosso dalla Rifondazione Comunista di Fausto Bertinotti che voleva estendere l'articolo 18 alle piccole aziende (e anche in quel caso scontando le rampogne di Cofferati). Mentre un "falco" della Confindustria come Alberto Bombassei diceva di lui: "Non ha mai firmato nulla", magari commentando con ostilità una sua foto presa durante una manifestazione dei metalmeccanici in piazza San Giovanni, tra Maurizio Landini e Giorgio Cremaschi. Era l'ultima manifestazione che vedeva in piazza Epifani nei panni del sindacalista. Nei panni di uno che ha sposato per una vita le cause del lavoro e che anche oggi, nella nuova impegnativa impresa, intende rimanere fedele a quella scelta.
Quelle di Bombassei del resto, sono accuse che lasciano il tempo che trovano. La lunga "carriera" di Epifani parla, infatti, di accordi e disaccordi. Basti pensare all'epoca in cui dirige una categoria sottoposta a incessanti ristrutturazioni, come quella dei poligrafici e cartai. La scoperta del sindacato comincia per lui con un libro sugli scritti di Bruno Buozzi. Gli é commissionato da un Virgilio sanguigno e impetuoso, come Piero Boni, indimenticabile dirigente Cgil. Un uomo acceso molto diverso dal giovane Guglielmo, noto invece per i tratti sempre gentili, perbene, accompagnati da una passione ragionata, mai impaziente. E così fa le prime esperienze gestendo (1974) la casa editrice della Confederazione, quella che oggi si chiama Ediesse, prima di passare all'ufficio sindacale e poi al lavoro tra i poligrafici. É la sua gavetta, quella che lo porterà fino alla successione di Cofferati.
Ora eccolo segretario del Pd, destinato a tenere unito un partito scosso da tormenti non dappoco. Alle prese con un governo che suscita sospetti e timori ma che potrebbe dar luogo a esiti diversi e dove si ritrovano "amici" e "nemici". Una sfida da far tremare le vene e i polsi, un percorso minato. Lui, come ha dichiarato, appoggerà questa sfida, rifiutando, nello stesso tempo, l'ossessiva accusa di "inciucio", mostrando proprio il blasone del passato. Quello di chi ha saputo condurre una vera e propria guerra nei confronti dei governi di centrodestra, a colpi di scioperi generali. Erano governi che hanno dato l'assalto ai diritti di chi lavora, tentando in tutti i modi di introdurre cunei tra Cgil, Cisl e Uil. Esperienze da cancellare perchè nuociono non a questa o quella organizzazione ma al Paese.
Certo, sarà in qualche modo complicato il suo rapporto con la vecchia casa madre. La grande parte della Cgil, credo, vedrà con orgoglio questa sua nuova carica, ma anche con preoccupazione. Quella di non assecondare una lettura, che può esser data dai mass media, capace di sovrapporre, in un tutto unico, partito e sindacato, oscurando quella che per la Cgil, come per Cisl e Uil, é stata una conquista storica, un’autonomia che non significa indifferenza, dalle forze politiche. Con la convinzione che, tra l’altro, proprio cosi si può aiutare il manifestarsi di una "buona politica". E si puo aiutare quindi la scommessa ardita di Guglielmo Epifani.

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