Eppur si muove
20 maggio 2013 di Dino Licci
Galileo aveva forse torto ad asserirlo con tanta sicumera? Non voglio certo offendere il grande scienziato, né mettere in dubbio la verità delle sue leggi ma, alla luce delle moderne conquiste della Scienza, che senso ha dire che è la terra a muoversi intorno al Sole e non viceversa?
Non dipende forse tutto dal punto di osservazione? Oltre al fatto che entrambi i corpi celesti ruotano intorno al loro centro di massa che cade all’interno del Sole solo grazie alle sue proporzioni, che senso ha, alla luce delle moderne conoscenze astronomiche, dare un centro all’Universo o al sistema solare? Le leggi di Tolomeo che dovevano fare ricorso agli epicicli, non erano forse in armonia con un osservatore posto sulla terra e la teoria copernicana non comporta uno spostamento mentale dell’osservatore dalla terra, dove si trova realmente, sul Sole al solo scopo di facilitarne i calcoli matematici?
Se dovessimo comportarci in armonia con i nostri recettori sensoriali e prescindendo dall’evoluzione gnoseologica dell’umanità, dovremmo tornare all’idea della terra piatta, ma qual è il momento di demarcazione tra l’accettazione delle teorie scientifiche moderne e una vita di relazione compatibile con la realtà? Intendo dire che, se dovessimo, nel quotidiano, applicare le leggi della quantistica o della relatività, tutto il nostro modo di vivere deterministico ne risulterebbe contaminato. E allora, fin dove possiamo consentire alla verità scientifica di correggere l’immagine che i nostri sensi inviano ai centri cerebrali?
Per chi non fosse ferrato in fisica chiarirò alcuni punti di quanto ho scritto. La legge gravitazionale prevede che “ogni corpo esercita sugli altri corpi una o di attrazione direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra i loro centri di massa.” E ciò comporta come conseguenza che siano i corpi più piccoli a girare intorno ai più grandi e, andando più avanti nella conoscenza della fisica moderna, scopriremo che queste attrazioni sono dovute alla deformazione geometrica dello spazio-tempo. Ma, se non conoscessimo la fisica, noi vedremmo, basandoci sui nostri sensi, la terra ferma ed il sole girare, cosa che, come dicevo all’inizio, nella trottola infinita dell’Universo, perde quasi d’importanza.
Stessa cosa per la fisica quantistica che ci fa entrare nell’interno dell’atomo fino ai quark, ipotizzando addirittura l’esistenza delle stringhe, particelle molto più piccole perfino dei quark e tali da costringerci a prevedere un mondo multidimensionale. Dobbiamo crederci basandoci su complesse equazioni matematiche perché la verifica pratica di queste conquiste teoriche ci dimostrano che sono vere, ma mai potremmo pensare di “vedere” neanche un elettrone per quanto della sua esistenza nessun fisico ormai dubiti.
Insomma, nel corso dei secoli si è passati da una visione mistica della vita ad una visone scientifica e molte conquiste erano già presenti nella mente e nelle teorie di molti filosofi greci che abitavano la nostra terra intorno al VI secolo a.c. Aristarco, Empledocle, lo stesso Talete si erano avvicinati moltissimo a verità scientifiche riscoperte soltanto quando gli eroi della Scienza quali Bruno, Vanini, Galileo, Copernico, Keplero, Newton, cautamente sfidando i dettami della Chiesa arroccata nel mondo sublunare ipotizzato da Aristotele, ebbero il coraggio di renderle pubbliche a volte dopo decenni delle loro strabilianti scoperte.
Ma queste scoperte, soprattutto la relatività e la fisica quantistica, ci costringono ad accettare ipotesi vere ma fortemente contro intuitive come la negazione del tempo assoluto, che così diventa una sensazione soggettiva come il tatto, l’odorato o l’olfatto.