Magazine Diario personale

Eppure gli uomini non sono cattivi

Da Iomemestessa

Lo diceva Anna Frank, ed è provato che aveva torto. Nei secoli, l’homo sapiens ha dato diverse prove di sé, in tal senso.

Io sono posseduta dal mal genio. L’ho ereditato da mio padre. Il mal genio ci fa dire cose che non dovremmo, a gente a cui non dovremmo, col risultato di apparire stronzi. Però ci fa dire la verità, sempre. Il problema è che chi è posseduto dal mal genio, per una battuta sferzante è capace delle peggio nefandezze.

Il mio mal genio, nell’ultimo anno e mezzo, sta raggiungendo vette impensabili. Da quando la nana va all’asilo e mi trovo costretta ad interagire con delle immani teste di cazzo, sta uscendo il peggio di me. A volte (poche) mi contengo pensando che in fondo la nana ha diritto ad una socialità non guastata dal mio mio pessimo carattere. Altre (più spesso) faccio partire il rasoio, pensando, comunque, che non è che anche la nana ci perda molto, in tutto ciò.

La massima moda, in una media scuola dell’infanzia di una fottuta media cittadina di provincia, è il ‘dagli all’extracomunitario’. E son sporchi, e non si lavano, e son maleducati, e ci portano via il lavoro, e, e, e.

E io m’incazzo. Ma non poco, poco. No. Tanto, tanto.

Qui entra in gioco la mia storia. Primo. Mia nonna era povera, terrona, vedova e con sette ragazzini da crescere in una città del Nord Italia negli anni ’50. Fate vobis. L’altro nonno, invece era un contadino comunista (un ossimoro, in effetti). Comunista negli anni ’30, non ai tempi di Renzi, il fratello di Fonzie. Io, con quelli che stanno dalla parte sbagliata, come avrete capito, ci sto di casa.

Secondo. Quando avevo 4 anni, mio padre andò a lavorare dall’altra parte del mondo. Portandoci appresso. Erano gli anni ’70, e quando il diverso sei tu, impari un sacco di cose. Sia chiaro, non mi metto sul piano di chi viene scaricato da un barcone. Scendere da una scaletta dell’Alitalia con invito a risiedere, non è la stessa cosa che finire in un Cie. Però, c’è una cosa, che è comune a tutti. Tu, del luogo in cui arrivi, non sai un cazzo dei codici non scritti. Degli usi e dei costumi. Dell’etichetta. C’è poco da sfottere. Integrarsi è un casino. Sempre. Anche quando hai un livello socio-culturale alto e il portafoglio gonfio. Figuriamoci ‘sti cristi che partono portandosi dietro la miseria, quattro foto, qualche speranza e tradizioni che vengono costantemente perculate. E per buon peso si ritrovano in un Paese in palese dismissione.

Ultimo, la vice mamma della mia bambina è ucraina. Le ha voluto bene come se fosse la sua di figlia. E mia figlia la adora. Anzi la adorava, perchè dopo essersi fatta un culo così da queste parti, ha accumulato quattrini che manco Bill Gates e se ne è tornata a casa sua (un po’ obtorto collo, in realtà, che a lei vivere qua piaceva). Passiamo le domeniche su Skype. Prima chiacchiera con la nana. Poi con me. Che la aggiorno sui pettegolezzi locali e le racconto le ultime novità di radio badante (che alla fine le amiche sue son diventate pure amiche mie).

Ciò per dire che, quando questa mattina l’ennesima stronza nullafacente, firmata dalla scarpa alla mutanda, casalinga per vocazione, che dovrebbe baciare il culo ai suoi avi per aver accumulato denaro sufficiente a permetterle di fare una mazza da mane a sera, ed innalzare ogni giorno un peana al Padreterno dicendo, grazie Signore grazie ad libitum. Dicevo, quando la stronza con la faccia di quella che ha appena pestato una merda, dopo la solita tirata contro questi che ci rubano il lavoro (avesse mai lavorato, lei, poi) ha aggiunto tutta schifata: ‘E San Salvario (noto quartiere di Torino a discreta presenza centrafricana), eh, ne vogliamo parlare? Tutto pieno di puttane!!’.

Ecco, lì è uscito il mio folletto maligno, son ruotata sui tacchi e le ho detto con aria innocente: ‘Eh, se è solo per quello pure a Pino Torinese (noto buen retiro collinare della Torino Benissimo) c’è pieno di bagasce. Solo che hanno un altro nome ed altre tariffe. Peraltro, trovo più decoroso darla perchè hai fame e dieci figli da mantenere, che non per comprarti l’ultima borsa di Prada.’

Sono uscita in un silenzio agghiacciato. Credo che per un po’ non me le sfrantecheranno.

Ah. Naturalmente, lei, al braccio, aveva l’ultima borsa di Prada. Ma che ve lo dico a fà.

 


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