ePub3 o Html5? Quali strumenti per scrittori dell’era digitale
Da Scrid
Un guest post del nostro ebook-man Paolo Carnovalini, programmatore e autore di ePUBlishing, blog nato per studiare le possibilità offerte all’editoria dai nuovi linguaggi di codifica. Insieme a lui cerchiamo di capire come cambia il mestiere di scrivere e come si rinnova la cassetta degli attrezzi degli scrittori moderni. Da che mondo è mondo la scrittura si è sempre modificata e ancora cambierà. Quello che rimane impresso indissolubilmente è il contenuto che essa veicola. Che importa se leggo su carta, su un tablet, su un eReader, al computer, o su un pezzo di carta da formaggio? Se quello che leggo è una cosa che muove una mia commozione o sensazione, una mia reazione, un mio giudizio positivo o negativo che sia, allora quel testo avrà raggiunto il suo scopo indipendentemente dal supporto o dall’impatto con cui mi si sarà presentato.
La tendenza attuale è quella di rimbeccarsi sulla forma o sul mezzo e finisce che i contenuti passano in secondo piano fino al punto che non siamo più capaci di esprimerli e perdiamo lettori (o clienti).
Creare un eBook o un App-book vuol dire essere un po’ fotocompositori, un po’ programmatori e un po’ creativi del web. Sono componenti che sarebbe meglio possedere tutte nella giusta dose.
Prendiamo l’esempio di un romanzo, avendo a che fare esclusivamente con contributi testuali, necessita di strumenti limitati e non ha bisogno di andare a scomodare ePub3 o Html5. Qualunque autore con un minimo di ‘sensibilità’ informatica può cavarsela egregiamente. Direi che in questo caso, la soluzione ideale per semplicità d’uso e costo (nullo) sia l’accoppiata tra Sigil e Libreoffice. Quest’ultimo è una suite completa open source che comprende anche un ottimo editor di testo con il quale si compongono le varie parti del libro che poi andranno ‘montate’ in Sigil a formare il volume finale.
Non è tutto oro quello che luccica, ma direi che l’esperienza è assolutamente semplice e positiva (e completamente gratuita).
Oltre a questa soluzione ne esistono molte altre a pagamento. Cito solo quella che ritengo significativa per esperienza personale: Jutoh. Anche questa applicazione (disponibile per Mac, Windows e Linux) lavora in accoppiata con un editor di testo a propria scelta e ‘guida’ l’utente nella creazione del libro. Un buon prodotto, ben supportato e in continua crescita.
Più complicato l’affronto invece con un catalogo tecnico a cui il digitale può aggiungere un’infinità di aggregati ulteriori, impossibili su carta: animazioni, contributi audio e video, analisi dinamiche e meccaniche personalizzate, simulazioni del comportamento del prodotto al variare delle condizioni al contorno… il limite è dato solo dalla fantasia. Ma è impensabile, salvo rari casi, che l’autore dei contenuti sappia generarne anche la rappresentazione.
Meglio affidarsi a chi lo fa di mestiere. Anche perché sono richieste conoscenze a vari livelli (html5 e Javascript oltre che grafica, animazione e impaginazione). Anche qui strumenti ce ne sono a bizzeffe, ma quello che fa veramente la differenza (e la difficoltà) è una mentalità ‘globale’ nell’approccio.
Applicazioni come iBooksAuthor oppure l’ottima soluzione digitale di Aquafadas pur essendo complete e ‘capaci’, necessitano di conoscenze di ‘supporto’ per manipolare foto, per ottimizzare testi per montare e gestire contributi audio e video, per creare script, per gestire animazioni e così via. Ma queste conoscenze, a loro volta, implicano l’utilizzo di strumenti ‘paralleli’ per la generazione di codice HTML5, per la programmazione di snippet e widget, per la generazione visuale di animazioni javascript, per la parte fotografica, grafica e di motion (non posso citare nomi perché l’offerta è veramente ampia e ne ho una conoscenza personalizzata e quindi limitata). Senza dimenticare strumenti di clouding, direi quasi vitali oggigiorno (Evernote, Skitch e Dropbox per citarne tre tra i più blasonati) e soprattutto senza fermarsi nell’aggiornamento personale per stare al passo con un mondo estremamente rapido nel mutare.
Insomma è un’esperienza di lavoro affascinante ma molto diversificata. Ed ecco quindi il motivo per cui si può tranquillamente parlare anche di un mestiere che cambia.
Per le nuove leve, la cosa viene abbastanza naturale. Chi stenta a capirlo sono invece le leve della generazione precedente che anziché guardare avanti (e la crisi attuale dovrebbe essere uno sprone) tendono ad arroccarsi nel proprio sapere per paura di perdere qualcosa di sicuro e acquisito. Ma la strada è questa, e sul mercato si sta già affacciando un numero sempre più ampio di ‘nuovi’ operatori che rosicherà pian piano lavoro anche al dtp tradizionale.E voi fate parte delle “nuove” o della “vecchie” leve?
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