Equo compenso, Apple aumenta i prezzi. Franceschini infuriato. E la Siae ci mette il suo

Creato il 24 luglio 2014 da Nicola933
di Consiglia Grande - 24 luglio 2014

Di Consiglia Grande. Gli iPhone in Italia costano di più: Dario Franceschini, ministro dei beni e delle attività culturali, si dice allibito, se non indignato dalla cosa, dato che i suoi aumenti tariffari non li avrebbero pagati i consumatori.

Ma d’altronde la sua affermazione viene smentita dalle precedenti attività: Elio Catania, presidente della Confindustria digitale, ha firmato un decreto, presentato da Franceschini in persona, con cui si sarebbe aumentato il tariffario italiano dell’equo compenso per copia privata. Ma d’altronde, data l’influenza dell’oggetto sulle dinamiche di mercato, sarebbe stato impossibile lasciare invariata la situazione.

In secondo ordine, la scelta dell’aumento del tariffario dei servizi iPhone trova il suo fondamento nella volontà del premier Matteo Renzi di investire nell’innovazione del paese, per renderlo sempre più una meta completa.

La Siae, apprendendo la notizia, ha così intenzione di cominciare a vedere in Italia IPhone sotto costo, acquistandoli nei paesi con prezzi più bassi. E si sa che, assumendo concretamente quest’iniziativa, verrebbero violate, da un lato, le regole del mercato, dall’altro quelle proprie dello Statuto della Siae, che in quanto società di intermediazione di diritti d’autore, non ammetterebbe la vendita di oggetti elettronici.

In proposito sembrano perfettamente adattarsi al contesto le parole di Francesco Boccia, Presidente della commissiona bilancio della Camera dei deputati, promotore della webtax: “Le multinazionali del web quando si tratta di pagare un contributo giusto nel Paese in cui si producono profitti alzano immediate barricate. Forse perché diminuiscono di qualche centesimo le risorse che finiscono nei loro conti offshore? Questi comportamenti non sono più tollerabili, soprattutto di fronte a tutte quelle aziende che pagano regolarmente e con grandi sacrifici quanto dovuto al fisco italiano. Vista la vergognosa reazione di Apple, se non ci sarà in Europa entro l’autunno una disciplina condivisa sulle imposte connesse all’economia digitale, l’unica strada percorribile per l’Italia in vista della legge di stabilità 2015 sarà quella di inasprire le sanzioni, rafforzando ulteriormente il meccanismo introdotto con la cosiddetta ‘webtax’ 2014″.

In questo caso anche si tende a contestare una decisione insindacabile, considerando che la Apple non ha violato alcun meccanismo concorrenziale di mercato: la società ha soltanto adattato i propri prezzi alla diversa dinamica del mercato, che impone di anticipare un importo al fine di indennizzare i titolari dei diritti delle copie private, eventualmente effettuate dai consumatori.


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