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Era meglio copiare Ciampi

Da Brunougolini
Ora la «riforma del lavoro» naviga in Parlamento sottoposta a spinte diverse, forse imprevedibili. E vien da pensare che sarebbe stato meglio dar vita a una trattativa seria tra le diverse parti sociali e a un accordo da loro sostenuto. Come accadde nel 1992 e soprattutto nel 1993 sotto l’egida di Carlo Azeglio Ciampi. Quell’intesa che pure registrò seri malumori in casa confindustriale, non incontrò seri ostacoli in Parlamento. Proprio perché aveva la forza di un sostegno ampio. E non solo degli stati maggiori sindacali. Essa, infatti, fu sottoposta a una consultazione di massa in oltre 26 mila assemblee e approvata con il 67% dei si.
Oggi invece fioriscono malumori e richieste di correzioni sia da parte di gruppi parlamentari che delle parti sociali (sindacati e Confindustria). Soprattutto rischia di perdersi nell’opinione comune la coscienza delle condizioni in cui si trova il Paese e della necessità di trovare vie d’uscita.
Tra i più delusi da come si son messe le cose ci sono i lavoratori atipici e precari. Un risentimento che nasce dal fatto che si era fatto credere di essere davvero alla vigilia di una svolta epocale. Sarebbe finita l’epoca dei circa 47 moduli contrattuali destinati a imbrigliare l’esistenza di schiere di giovani e meno giovani. E oggi un movimento come quello dei «giovani non più disposti a tutto» (www.nonpiu.it) spiega in un documento come la famosa Aspi (assicurazione sociale per l’impiego) escluda CocoPro, Cococo, partite Iva, assegni di ricerca Inoltre i lavoratori a progetto e le partite Iva rischiano di vedersi ridurre ancora il loro compenso già misero. Infatti l’aumento dei loro contributi rischia di scaricarsi sulle buste paga, se non si garantiscono compensi minimi attraverso i contratti collettivi nazionali. Insomma, secondo questi giovani, «c’è stata solo una inversione di tendenza rispetto al passato con una regolamentazione più stringente dei contratti precari. Non è però scontato che queste norme riescano a limitarne l’utilizzo».
Un rammarico che forse potrà indurre a nuove risposte in sede parlamentare. Resta il fatto che il pacchetto lavoro, soprattutto nelle nuove formulazioni sull’articolo 18, rappresenta un passo avanti rispetto alle pretese della destra. Il mondo del lavoro peserebbe molto di più se l’esercito degli atipici e precari godesse di una radicata rappresentanza sindacale. Capace di farsi sentire. Come potrebbe fare nelle prossime settimane, nelle mobilitazioni annunciate. Che non inseguono gli esempi della Grecia, con fiammate di lotta quasi subito esaurite.

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