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Erasmus in Lituania: culture scolastiche a confronto

Creato il 04 settembre 2013 da Ilnazionale @ilNazionale

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4 SETTEMBRE – Inserirsi in un altro Stato, un altro popolo, un’altra cultura è un’esperienza che, oltre ad arricchire, permette di dare finalmente un’occhiata sincera allo Stato, al popolo, alla cultura da cui si proviene. Con il cannocchiale, da lontano, si cominciano a ingrandire piccoli aspetti, a confrontare i modi, gli stili, le abitudini, che invece rimanendo sempre nello stesso formicaio finirebbero per diventare routine senza valore. Dopo nemmeno una settimana di Erasmus in Lituania, a Vilnius, sono evidenti le differenze in particolare dal punto di vista della vita da studente. Sconti, tariffe agevolate, discount a livello nazionale e internazionale grazie alla card LSP (Lithuanian Student Passport) e alla ISIC (International Student Identity Card, valida in tutto il mondo, eccetto che nel nostro amato Bel Paese), nessuna retta da pagare, nessun libro da dover comprare, apertura da parte del corpo docente, gite e feste organizzate dalla facoltà: questa è l’università lituana, questa è l’università europea, questo è il cosiddetto “diritto allo studio”. La faccenda non è però da trattarsi solo sul piano economico, sebbene esso influisca. Le cose che saltano per prime agli occhi sono infatti l’attaccamento degli studenti alla propria università, la fierezza di studiare nella propria facoltà, il rispetto nei confronti dei propri insegnanti.

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Il primo lunedì di settembre la scuola inizia a tutti i livelli e sono tradizionali la parata e la processione degli studenti per le vie della città. Nessuno si sente escluso e declina la partecipazione: le strade si riempono di giovani, i quali, se non sfilano, stanno a guardare i compagni. Sfidando la pioggia, il vento e le basse temperature, la parata della Vilniaus Universitetas si apre con le cheerleaders, seguite dalla banda dell’ateneo. A seguire, a mò di carri carnevaleschi, fanno la loro entrata gli studenti universitari divisi per facoltà. Urlano, gridano, i medici indossano camici, gli informatici hanno un cd legato al collo, i veterinari hanno un gufo di carta pesta gigante per mascotte, i fisici provette e becher. Tutti gridano slogan: “Noi di ingegneria siamo i migliori!”, e in risposta “No, noi di filosofia siamo meglio!”.

Le principali televisioni e giornali lituani riprendono la parata e l’eccitazione è alle stelle. Tutti i clienti dei bar e dei caffè di Gedimino Prospektas (la via principale) si riversano sulle strade, in particolare gli studenti più giovani, quelli che sognano di partecipare loro stessi alla processione nel giro di qualche anno.

Viene da chiedersi se una cosa del genere possa prendere piede in Italia. Un attaccamento simile a un’istituzione scolastica non è immaginabile nella situazione attuale. Studiare richiede sacrifici, economici e non, e spesso non ripaga. La vita dello studente universitario italiano è molto distaccata dalla facoltà, o è forse meglio dire il contrario: è la facoltà a non avvicinarsi allo studente. L’università è un luogo in cui si entra in aula, si segue una lezione e si danno esami. E’ un luogo di non-vita. La vita studentesca italiana si svolge all’esterno, tra bar e feste, da alternare spesso a qualche lavoretto con cui permettersi gli studi. Niente è paragonabile alle gite, alle cene, alle feste serali all’interno delle facoltà, che vengono proposte, ad esempio, negli atenei lituani. In Italia dopotutto una buona didattica non manca e ne sono la prova tutti i giovani laureati che fanno poi carriera nel mondo, ma è auspicabile che, con il tempo, una cultura scolastica si apra in positivo anche nel nostro Paese.  

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Martina Napolitano

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