Recensione di Luisa Badolato
Erano bambini abbastanza da vivere una prigionia come un’avventura, la felicità degli scappati di casa dentro una cornice tetra e fin troppo reale. Manuel, Ana, Filip, Leonid, Tania, Dragan, Alex sono stati strappati alle loro famiglie da un individuo, il Raptor, ripugnante e mostruoso per la mente di un adulto, quasi leggendario agli occhi dei bambini. Irresistibile per le sue chiusure, i silenzi, i sorrisi minimi, il misterioso gioco della colpa e della punizione che solo lui sa condurre guidando i piccoli in un viaggio che nessuno ha scelto, ma che tutti finiscono per accettare come se fosse l’unica possibilità, l’unico destino fuori dagli schemi, la famiglia, la breve esistenza precedente, che per tutti sbiadiscono nel ricordo come ferite quasi rimarginate o fantasmi di una vita finta. La realtà è il viaggio, il gioco, la fame, il Raptor. Manuel, l’ultimo arrivato, impara a giocare con gli altri, a difendersi e a non pensare, anche se a volte soffoca il pianto al ricordo del bambino che era, mentre nella stazione di una piccola città guarda la sua foto fatta appendere dai genitori che per cercarlo finiscono anche in televisione: «Nell’inquadratura ora c’era mia madre, seduta con le mani sulle cosce, vestita di rosa, un vestito che le copriva le ginocchia. Mio padre le stava vicinissimo e le posava una mano sulla spalla. Mia madre ha sollevato la sua e gliel’ha presa. La prima cosa che mi è venuta in mente è che stavo sognando: la sognavo sempre più spesso, mia madre, anche a occhi aperti. Poi ho capito che doveva essere Chi l’ha visto? Mio padre e mia madre rispondevano a una giornalista, una che avevo visto altre volte. Si guardavano tra loro, avevano negli occhi qualcosa di molle e triste. La giornalista domandava, e loro prima di rispondere si stringevano le dita. Non li avevo mai visti così felici insieme». Manuel è preda di una tragica domanda che lo stordisce insieme agli altri facendogli seguire il suono del pifferaio: il rapimento è forse il verificarsi di un abbandono che i genitori non avevano osato sognare e i figli non sapevano di volere? Dei bambini non si sa niente, scriveva anni fa Simona Vinci; non si sa il tormento che porta a coltivare sogni di evasione, non si immagina quanta forza può ispirare la paura del lupo cattivo. Per proteggersi i bambini diventano lupi anch’essi, affamati, violenti e insieme uniti come in branco. La sensazione di pericolo si affievolisce quando si è vicini, la voglia di perdersi diventa l’unica ragione, e andare dietro al Raptor come a un Peter Pan si fa sentire come un rimedio e una culla.
La scrittura di Carola Susani è dritta e precisa, mai sentimentalistica, tenera solo perché accarezza gli oggetti più minuti, i dettagli di certe atmosfere o dei paesaggi come se fossero nuovi compagni di gioco o di guerra, il nuovo sguardo sulle cose: «Sono uscito. Fuori c’era silenzio. Non vedevo che ombre, nero su nero. Ho cercato la luna, ma in alto era grigio senza una stella, morbido, appena più chiaro del bosco. La luna non c’era. Da dove veniva la luce che rendeva le nuvole così chiare? Forse veniva dalla strada, dall’altra parte del bosco. Mi sono messo a correre tra gli alberi. Gli scricchiolii dei miei passi mi rassicuravano. Ma se rallentavo, il bosco sembrava che respirasse. Strok. Un ramo si è rotto, è caduto proprio davanti alla mia faccia. Tu-uh, ha gridato un uccello notturno. Tu-uh, un altro gli ha risposto. Un gufo, una civetta, un allocco. Non lo so. Ho corso ancora».
Nota sull’autore
Carola Susani è nata a Marostica (Vicenza) nel 1965; già nel ’69 si è trasferita in Sicilia. Dall’’84 vive a Roma. Oggi cura il corso di narrativa della minimum fax ed è redattrice di «Nuovi Argomenti». Del 1995 è il suo primo romanzo Il libro di Teresa (Giunti), del 1998 La terra dei dinosauri (Feltrinelli). Ha pubblicato nel 2002 Il licantropo e nel 2004 Cola Pesce entrambi per Feltrinelli Kids. Nel 2005 per Gaffi è uscito Rospo, raccolta di due radiodrammi. Il suo romanzo Pecore vive è stato semifinalista al Premio Strega 2007.
Del 2008 L’infanzia è un terremoto (Laterza) e del 2009 Mamma o non mamma (Feltrinelli) dibattito sulla maternità a due voci con Elena Stancanelli. Il racconto Tu sei lei compare nell’antologia di voci femminili della minimum fax.
Per approfondire:
leggi la recensione di Marco Lodoli sulla Repubblica
leggi la recensione di Filippo La Porta su XL
leggi l’intervista a Carola Susani su D
Carola Susani, Eravamo bambini abbastanza
minimum fax, 2012
pp. 211, euro 13,50