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Ercole, Eracle, Melkart, l'eroe delle dodici fatiche
Creato il 23 aprile 2014 da Pierluigimontalbanodi Pierluigi Montalbano
I fenici lo conoscono come Melkart, i greci lo chiamano Eracle, per i romani era Ercole, il fortissimo eroe-semidio che affronta vittoriosamente fatiche sovrumane. È un eroe possente ma benefico: che compie imprese per liberare il mondo da pericolosi mostri. Alla sua morte viene accolto tra gli dei e le sue fatiche diventano il simbolo dei sacrifici che ogni eroe virtuoso è tenuto a esercitare. La sua apoteosi è l’assunzione nell'Olimpo, tra gli dei, simbolo della virtù premiata.
Eracle è figlio di Zeus (Giove per i Romani) e della mortale Alcmena, a cui il dio si unì assumendo le sembianze del marito di lei, Anfitrione. Sin dalla nascita è odiato da Era (Giunone), adirata per il tradimento di Zeus. Ha ancora pochi mesi quando la dea invia contro la sua culla due enormi serpenti ma Eracle, già in possesso di una forza straordinaria, li strangola con le mani. Era fa sì che l'eroe da adulto sia colto da follia e uccida i figli e la moglie Megara. Per espiare questo orrendo delitto deve compiere le dodici fatiche, imposte da suo cugino Euristeo.
Per compiere le sue imprese Eracle dovrà affrontare:
1) il leone di Nemea, una belva invulnerabile che divorava gli abitanti e il bestiame: Eracle lo uccide soffocandolo con la morsa delle sue braccia, poi ne indossa la pelle dopo averla scorticata con gli stessi artigli dell'animale;
2) l'idra di Lerna, un serpente a più teste, ciascuna delle quali, una volta tagliata, ricresceva. Ercole riesce a sconfiggerla bruciando le ferite con tizzoni ardenti e impedendo così alle teste di ricrescere;
3) il cinghiale di Erimanto: Eracle riesce a catturarlo vivo dopo averlo immobilizzato in mezzo alla neve. Quando lo porta a Euristeo, questi per il terrore si nasconde in una grande giara;
4) la cerva dalle corna d’oro, Cerinea, sacra a Artemide. Eracle la cattura dopo un anno d'inseguimento, ferendola mentre guada un fiume;
5) gli uccelli del lago Stinfalo, predatori dei raccolti. Eracle li fa uscire dalla foresta in cui si annidavano facendo risuonare nacchere di bronzo e li stermina con le frecce;
6) la pulizia delle stalle del re Augia, in cui si era accumulata una quantità immensa di letame: Eracle riesce a pulirle in un solo giorno deviando nel cortile delle stalle il corso dei fiumi Alfeo e Peneo;
7) il toro di Creta, spirante fuoco dalle narici: l'animale viene catturato vivo, benché furioso;
8) le giumente di Diomede, re della Tracia, che si cibavano di carne umana: Eracle riesce ad ammansirle dando loro in pasto lo stesso crudele re;
9) la cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni: per conquistarla l'eroe deve combattere contro il popolo delle donne-guerriere e uccidere Ippolita;
10) i buoi di Gerione, gigante a tre teste che abitava nell'Estremo Occidente, nell'isola di Erizia. Eracle, dopo aver innalzato due colonne fra Europa e Africa in ricordo del suo passaggio, attraversa l'Oceano sulla coppa del Sole, uccide il mostro e si impossessa delle mandrie;
11) Cerbero, il mostruoso cane infernale a tre teste e coda di serpente, che l'eroe riesce a domare e a portare sulla terra dopo essere sceso vivo nell'Ade;
12) la conquista dei pomi delle Esperidi: Eracle viaggia ancora a Occidente per rubare dal giardino delle Esperidi le mele d'oro che crescevano su un albero meraviglioso custodito da un drago immortale.
Ercole è anche protagonista di innumerevoli altre imprese: partecipa alla spedizione degli Argonauti, combatte contro i Centauri, strappa a Thanatos, cioè alla Morte, Alcesti, e altre ancora. Muore per l'inganno in cui cade la sposa Deianira, che gli invia in dono una veste intrisa del sangue del centauro Nesso: la donna crede che si tratti di un talismano d'amore, ma la veste, una volta indossata, corrode le carni dell'eroe.
Eracle, in fin di vita, ordina che gli venga preparata una pira sul monte Eta e lascia che il suo corpo sia consumato dal fuoco. Ma il suo destino è tra gli immortali: è accolto nell'Olimpo tra gli dei, ove ha come sposa Ebe, la dea della giovinezza.
La figura di Ercole ha posto vari problemi all’indagine: in primo luogo se debba essere annoverato tra gli dei o tra gli eroi. Le tradizioni greche ci parlano dell’eroe figlio di Zeus e della mortale Alcmena, ma anche di un Eracle concepito come Dattilo Ideo, primo di un gruppo di cinque Dattili, nati direttamente dalla grande Dea Madre di Creta, e quindi un dio. Questo suo aspetto divino è riconoscibile anche nella maggior parte delle imprese raccolte nella tradizione relativa alle dodici fatiche sostenute per volere di Era. La dea in questa tradizione è presentata come nemica dell’eroe-dio, ma comunque resta, anche in questa prospettiva, una grande divinità femminile al servizio della quale una figura maschile sovrumana compie una serie di imprese.
Nelle tradizioni tebane, Zeus possedette la mortale Alcmena avendo assunto l’aspetto del marito Anfitrione. Era, gelosa di Alcmena, anticipò la nascita di Euristeo rispetto a quella del cugino Ercole, perché potesse sottometterlo. Appena nato, mentre era in culla con il gemello Ificle, strozzò i due serpenti mandatigli contro da Era mostrando da allora la sua forza sovrumana. Crebbe a Tebe educato in ogni disciplina da uno specialista mitico: da Eurito nell’arco, da Autolico nella lotta, da Castore nelle armi. L’uccisione di Lino, che gli insegnava la scrittura e la musica, lascia intravedere l’aspetto selvaggio della sua natura. Mandato per punizione dal padre sul Citerone a custodire il gregge, diede a 18 anni la prova della sua forza uccidendo un leone. Tornando a Tebe, mutilò del naso e delle orecchie i messi di Ergino, re dei Mini in Orcomeno, che pretendevano un tributo da Tebe e li rimandò incatenati. Ne sorse una guerra in cui Ercole vinse. In ricompensa ottenne per moglie la figlia di Creonte, re di Tebe, Megara, dalla quale ebbe almeno tre figli.
Quando Euristeo, re di Tirinto e Micene, lo chiamò al suo servizio, uccise i propri figli e due di quelli di Ificle in un accesso di follia mandatagli da Era per costringerlo al servizio di Euristeo con una colpa tale che rendesse necessaria l’espiazione. Sceso negli inferi (nell’Ade) per ordine di Euristeo, al suo ritorno sposò Deianira, sorella di Meleagro, che fu causa della sua morte.
Al servizio di Euristeo compì le dodici fatiche, impostegli dall’oracolo di Delfi per la durata di dodici anni come prezzo per la sua immortalità e come espiazione per l’uccisione dei figli.
Il culto di Ercole si diffuse nelle province d’Italia e nelle regioni dell’Impero, e fu dato spesso il suo nome a divinità indigene analoghe. Gli imperatori Caligola e Commodo si fregiarono dei suoi attributi (pelle leonina e clava). Massimiano si chiamò Erculeo. Il culto dell’Ara massima fu in vigore fino al tempo di Costantino.
L’iconografia greca e romana insiste sugli attributi della clava e della pelle leonina e talvolta compaiono anche l’arco e la faretra. La muscolatura del corpo è sempre vigorosa, resa con grandiosa efficacia soprattutto nel tipo attribuito a Lisippo, noto dalla copia Farnese (Napoli). Particolari figurazioni sono l’Ercole banchettante, quello che suona la cetra, quello ebbro, quello in abiti di Onfale.
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