Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan
La Turchia volge da tempo il suo sguardo verso l’Africa alla ricerca di nuovi mercati e alla conquista di maggior prestigio sulla scena internazionale. E’ quanto scrive il quotidiano Hurriyet, commentando il viaggio di sei giorni intrapreso oggi dal premier Recep Tayyip Erdogan in Gabon, Niger e Senegal.
Il principale organo di stampa turco ha anche ricordato che negli ultimi tre anni il governo ha aperto 19 ambasciate in altrettanti paesi africani che portano a 26 il totale delle rappresentanze sul continente, mentre entro la fine del 2013 verranno aperte nuove sedi diplomatiche in Ciad, Guinea e Gibuti.
L’ennesima visita di Erdogan nell’Africa a sud del Sahara si pone l’obiettivo di intensificare i rapporti commerciali con questa regione, come dimostra la dichiarazione del premier prima di lasciare Ankara alla volta dei tre paesi africani: “La Turchia punta a toccare i 50 miliardi di dollari di interscambio commerciale con il continente africano entro il 2015, a fronte dei 17 miliardi toccati nel 2011”.
Il tour africano del primo ministro turco ha trovato ampio spazio nelle pagine di importanti giornali economici internazionali. Primo fra tutti il Financial Times che ha interpellato l’imprenditore turco Selim Bora, il quale ha sottolineato l’impegno manifestato da Ankara nei confronti della Somalia, sottolineando che Erdogan è stato il primo leader non africano a visitare il paese del Corno d’Africa in quasi 20 anni di guerra civile.
Nel suo lungo articolo, il quotidiano britannico ha anche ricordato come viaggiare nel continente sia diventato sempre più facile: il mese scorso la Turkish Airlines, al 49% di proprietà statale, ha lanciato nuovi collegamenti diretti con Niamey, Ouagadougou, Yaoundè e Douala, portando così a 24 il numero delle località raggiunte dalla compagnia di bandiera turca nell’Africa sub-sahariana. Senza contare che lo scorso anno la creazione della tratta Istabul – Mogadiscio aveva fatto della Turkish la prima linea area a stabilire un volo diretto con la capitale somala negli ultimi 20 anni.
Il Financial Times ha intervistato anche un ex diplomatico turco, Sinan Ulgen, attualmente visiting scholar del Carnegie Europe. Ulgen ha descritto la posizione della Turchia in Africa a metà strada tra quella cinese e quella europea, perché l’esecutivo di Ankara non associa gli aiuti alle condizioni di governo e al tempo stesso non considera i rapporti solo sul piano economico. Tuttavia, lo studioso ha tenuto a precisare che Ankara non dispone delle stesse risorse economiche di Pechino e Bruxelles.
In un’atra recente intervista al Financial Times, il governatore della Banca centrale turca, Erdem Basci, aveva indicato l’Africa come una regione dalla crescente domanda di importazioni, capace di aiutare la Turchia a diversificarsi rispetto ai mercati europei. “I nostri uomini di affari sono estremamente rapidi e flessibili in questi mercati. Posizione confermata dagli stessi imprenditori che nell’ultimo anno hanno scoperto il continente”.
Il crescente interesse di Ankara nei confronti dell’Africa è sicuramente espressione dell’intenzione turca di perseguire una politica estera interessata allo sviluppo di nuove relazioni economiche, meno orientate verso l’Occidente. Un progetto che va calibrato ponendo particolare attenzione al rafforzamento dei legami con le istituzioni esistenti in Africa, come parte di una realpolitik di lungo respiro.
Abbandonato il principio che la Turchia è il baluardo dell’Occidente verso l’Oriente, il nuovo dogma è quello ottomano, incentrato sulle comuni radici e origini della coesistenza culturale, non politica, dei vari popoli durante il dominio del sultano. Un dominio che aveva sotto di sé anche ampie fette di Africa nera: dal Ciad al Niger, da Gibuti all’Eritrea, dall’Etiopia alla Somalia e al Sudan.
Un’influenza che Ankara vuole ristabilire a tutto tondo, anche grazie alla nuova missione diplomatica di Erdogan in corso in terra d’Africa, tesa a ribadire il ruolo di primo piano che l’ex Sublime Porta è decisa ad assumere non solo in Somalia, ma in tutto il continente, promuovendo un’immagine del paese come ‘modello’ di democrazia islamica.
Un obiettivo che intende raggiungere facendo leva su un approccio diverso da quello di Cina e India, basato su uno spiccato interesse per il settore privato, il cui coordinamento è affidato al Turkey–Africa Business Forum, che ingloba rappresentanti di aziende turche e africane e rivolge la sua attenzione allo scambio di competenze e tecnologie con l’Africa, proponendosi di facilitare l’accesso dei mercati africani nel mercato globale.
Non a caso, pochi giorni fa a Izmir, nell’ambito della quinta conferenza degli ambasciatori turchi dedicata al tema “diplomazia umanitaria”, il ministro degli Esteri Ahmet Davutoğlu ha dichiarato: “La Turchia è il paese donatore con il più alto tasso di crescita. Come strumento di questa crescita Tika (agenzia di cooperazione della Turchia) è diventata ormai un’istituzione e un marchio in campo internazionale. Quando si dice Tika in Africa, ha un significato completamente diverso. I volti sono sorridenti, e il pensiero va a tutti i settori di interesse in cui presto arriveranno degli aiuti”.