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Ereditare un’anima

Da Soniab

donnaUn suono acuto e sgradevole accompagnò l’apertura del cancello, basso, in ferro battuto e corroso dalla ruggine. I passi sui sassolini del viale generavano un rumore distinto nel silenzio che regnava intorno. Angela alzò lo sguardo alla costruzione grigia che si ergeva davanti a lei, poco distante, alla fine della strada che stava percorrendo, sentì freddo e un vuoto che sapeva non sarebbe stato riempito, ma solo ulteriormente scavato. Le mura della facciata erano coperte da un’edera rampicante fino al balcone e in alcuni punti rivestite dal muschio verde pallido. Uno scalino, un altro ed un altro ancora. Angela sfiorò il legno vecchio del portone e inserì la chiave nella toppa, dovette forzare un po’ ma alla fine aprì. Fu tentata dal tornare indietro.

Respirò, chiuse gli occhi e le apparve lei. Due occhi verdi e le rughe sul volto, un sorriso rassicurante. Angela tornò a guardarsi intorno, girò per le stanze e scostò alcune ragnatele sospese, evitò la polvere che si era impadronita di ogni mobile. Evitò lo specchio in fondo al corridoio al piano di sopra, poi tornò indietro. Si guardò: era lei, era come lei. Ed ora aveva anche la sua casa. Aveva i suoi ricordi, le sue paure, le sue speranze perdute in una vita trascorsa nel riserbo e nella prudenza verso ogni altro tentativo di felicità.

La sua stanza, il suo armadio, quel letto così grande. Sollevo il telo che lo copriva e si sedette. C’era ancora quella coperta in velluto rosso con due angeli sulla quale lei l’accoglieva quando andava a trovarla da bambina. Si lasciò andare all’indietro e un vortice la ingoiò: la luce e i colori ingoiati dal bianco e nero, un saluto straziante, il volto dell’uomo più forte e bello sulla terra per l’ultima volta tra le sue braccia. La sua voce incoraggiante e quella stretta infinita. Lei lo lasciò andare, con l’imposizione nel cuore di essere fiera di lui, della sua decisione. La Patria. Suo marito.

Nel bianco e nero si distingueva una piuma nera, unica e piena di valore su quel cappello d’alpino. Una vertigine faceva muovere tutto, mista ai terribili rumori delle bombe in lontananza. E scossa da quella paura, non sua ma viva lo stesso dentro di lei, Angela si svegliò. Riconobbe il lettone, riconobbe la stanza. Si alzò ma si sentiva appesantita. Per qualche strana ragione fu indotta ad aprire un cassettone, a cercare tra vecchie scartoffie e a leggere una lettera. Il tocco di quella carta vecchia le procurò sensazioni altrettanto antiche, perse e recuperate.

Angela, la mia casa a te, pronipote mia. La tua anima a me. Ci rincontreremo perché siamo la stessa cosa, la stessa persona. In questi anni ho vissuto in te, ma verrà il momento in cui tu mi farai tornare ad essere.”

Angela ripiegò la lettera. Richiuse il cassettone. Una debole luce dalla finestra le illuminò le mani rugose e la pelle secca. Doveva solo esserle sembrato. Uscì dalla stanza mentre sentiva le gambe pesanti, il ginocchio dolorante. Tornò davanti allo specchio, il vuoto la ingoiò e lei sospese il respiro. Il suo corpo non era più lo stesso ma quello di …Angela, la sua bisnonna. In testa scorrevano ricordi, immagini eppure non stava sognando. Erano situazioni che lei non aveva vissuto eppure erano così nitide, provava un miscuglio di percezioni… che cosa stava succedendo? Sulle spalle poté toccare davvero lo scialle viola che indossava nell’immagine riflessa nel vetro.

Angela urlò. La gola subì una specie di lacerazione. Provò a correre, voleva solo scappare da lì. Ma non ce la faceva, il respiro affannato e una fatica sconosciuta la bloccavano. Era assurdo, come era possibile? Era in trappola. In trappola in quella casa abbandonata, in trappola in un corpo vecchio e stanco, in un corpo che non era il suo. Era in trappola in se stessa.

“…siamo la stessa cosa, la stessa persona.”

Angela era Angela. La vecchia donna era di nuovo in vita, nello spazio della sua casa era acceduto ciò che aveva atteso per anni, dalle voragini del limbo dove era stata nell’attesa del ritorno. Aveva divorato gli anni di sua nipote, una vita spezzata che da adesso avrebbe respirato nei suoi respiri, nei suoi affanni. 


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