Dopo Pupaggi, continua con questo articolo il racconto del sacro femminile in Umbria, destinato a diventare guida pubblicata per un turismo spirituale nei luoghi più sconosciuti della nostra regione, in onore del Giubileo della Misericordia di Papa Francesco.
La scelta del luogo e le foto sono di Francesco La Rosa
Il santuario della Madonna della Stella nel corso della sua lunga storia ha conosciuto diverse fasi di alterna fortuna ed ha visto avvicendarsi tra le sue mura numerosi personaggi, che hanno passato in questo luogo parte della loro vita.
Sorto nel VII secolo come cella eremitica benedettina col nome di San Benedetto in Faucibus o in Vallibus entrò ben presto a far parte della giurisdizione dell’Abbazia di San Pietro in Valle di Ferentillo, che allora dominava su gran parte di questo territorio.
Quando l’Abbazia entrò in crisi e i suoi beni furono ceduti al Capitolo Lateranense di Roma da papa Bonifacio VIII, due eremiti agostiniani, Andrea Casotti da Mucciafora e Giovanni da Norcia, nel 1308, lo ebbero in dono e lo riedificarono col nome di Santa Croce.
Andrea Casotti viene poi ricordato anche come beato tra le schiere dell’ordine agostiniano in quanto, dopo questo suo soggiorno nella terra natale, nel 1334 si recò a portare le propria predicazione tra i turchi, dove rimase un decennio e morì in concetto di santità.
Per tutto quel secolo ed anche in quello successivo l’eremo divenne un vero e proprio cenobio con una quindicina di celle scavate nella roccia, con ambienti centrali comuni dove nel sec. XV si tenne anche un capitolo provinciale dei frati agostiniani.
Successivamente i frati di Cascia, da cui dipendeva il complesso, forse a corto di vocazioni, affidarono la sua cura ad eremiti secolari, che continuarono nel tempo ad alimentare come potevano il culto attraverso questue che effettuavano nei paesi circostanti.
Nel 1833 due ragazzini di Roccatamburo, Sabatino Bonelli ed Innocenza Leopardi, recatisi sul posto per far pascolare alcuni animali, rimasero incantati nel vedere tra la vegetazione e le rovine del luogo abbandonato un’immagine della Madonna colpita dai raggi del sole.
Fu l’inizio di un nuovo rilancio del culto dell’eremo che diede il via alle feste settimanali di maggio dedicate alla Madonna sotto il titolo della Stella ed organizzate a turno dai diversi paesi circostanti, pratica religiosa che avviene ancora oggi.
Tra le numerose persone che furono attratte da questo nuovo impulso di culto ci fu anche Fra Venanzio Solfanelli di Fabriano, che lasciò la sua patria e la sua famiglia per vivere i suoi ultimi nove anni di vita come custode di questo luogo.
Egli morì il 5 novembre 1857 e fu sepolto nella chiesa, dove c’è ancora una lapide che lo ricorda, e qualche tempo dopo, nel 1868, un suo nipote, Don Antonio, di passaggio da Cascia, ci si recò per celebrare una messa in suo suffragio.
Lo accompagnava un personaggio già allora famoso in tutta l’Europa, che a seguito di una conversione aveva preso i voti religiosi ed era diventato diacono: Franz Liszt.
Fra Luigi Crescenzi di Poggio Primocaso è stato l’ultimo eremita che ha abitato in questo luogo, precipitato dalla rupe e ritrovato morto nel 1947, dopo trent’anni di pio servizio, come ricorda una lapide posta all’inizio del viottolo che si percorre per salire in chiesa.
Attualmente in un magnifico scenario naturalistico, in una stretta valle incassata tra le pareti rocciose e percorsa da un limpido ruscello, si possono visitare i resti del complesso monastico, dove resistono alle ingiurie del tempo diverse celle scavate nella roccia e chiuse da una parete in muratura dove si aprono delle piccole porte e finestre.
La chiesa è stata recentemente restaurata mettendo in luce anche dei preziosi affreschi dipinti nel 1416 da alcuni pittori ambulanti che raffigurano in sequenza Sant’Antonio abate e San Paolo proto eremita in preghiera nel deserto, un trittico con la Madonna col Bambino assisa in trono tra i santi Agostino e Antonio abate, altro trittico con i santi Benedetto, Lucia e Caterina d’Alessandria, altro ancora con la Madonna poppante tra i santi Pietro e Paolo, San Michele arcangelo e due figure di Cristo nel sepolcro, mentre nella parete di fronte sono tornati alla luce i resti di un’Annunciazione.
Interessante notare come un santuario cristologico, dedicato alla Santa Croce nel corso del sec. XIX sia stato dedicato alla Madonna, la cui immagine oggetto di culto è stata arricchita da un altare e da numerosi ex voto che ancora si conservano all’interno della chiesa.
Augusto Lucidi