Ericsson Response e Quest for Identity: quando la rete è impegno umanitario concreto

Da Pinobruno

Ericsson Response, il team della multinazionale svedese delle comunicazioni per gli interventi umanitari, e il progetto Quest for Identity di Ziyah Gafic, per restituire memoria ai desaparecidos della guerra in Bosnia, sono storie che meritano di acquistare e leggere  l’ultimo numero dell’edizione italiana di Wired.

Quest for Identity foto di Ziyah Gafic

Quest for Identity è l’iniziativa del fotografo bosniaco Ziyah Gafic, descritta nei dettagli da Raffaele Oriani. Il sito Quest.ba (non è ancora attivo) ospiterà tra qualche giorno le prime cinque-seimila immagini degli oggetti ritrovati nelle fosse comuni in cui sono stati seppellite migliaia di vittime della guerra in Bosnia. “C’è chi è sparito nel nulla. Chi ha lasciato solo un orologio. Ancora oggi – dice Ziyah Gafic – per la gente di Sarajevo o di Gorazde il ricordo è un’arrampicata a ritroso sulle tracce di chi non c’è più”.

Il-team-di-Ericcson-Response-ad-Haiti

Elisa Manacorda racconta l’idea, trasformata in realtà, di Rima Qureshi, la donna che è stata scelta per guidare Ericsson Response, l’iniziativa umanitaria che la multinazionale svedese ha messo in piedi nel 200, per ripristinare le comunicazioni nei paesi colpiti da catastrofi. I volontari di Ericsson, impiegati e quadri dell’azienda, lavorano fianco a fianco con gli operatori delle organizzazioni governative e non. Il loro compito è rimettere in piedi le reti telefoniche e di trasmissione dati, per aiutare la popolazione e gli stessi soccorritori.

Non aggiungo altro, perché i due articoli vanno letti fino in fondo, su Wired.

Fonte: Wired n° 19 settembre 2010


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